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20/07/2016

Le purghe turche utili oggi, madomani colpiranno come un "boomerang"

di Chiara Cruciati – Il Manifesto

Erdogan il sultano purga. Purga esercito, polizia, magistratura. Nel breve periodo è il modo per radicare un autoritarismo vecchio di 15 anni. Ma nel lungo un pericoloso boomerang potrebbe tornare indietro. Ne è convinto Murat Cinar, giornalista turco, che abbiamo raggiunto al telefono.

Hai parlato di golpe “anomalo”. Lo è anche per il momento: perché proprio ora, con la campagna anti-Pkk che asseconda l’esercito e i tentativi di uscire dall’isolamento regionale?

Innanzitutto in questo periodo il governo è nelle mani dell’esercito: da mesi è in atto un’aggressiva operazione militare a sud est che sta trascinando verso una guerra civile senza uscita dopo l’interruzione del processo di pace con il Pkk. Il governo segue una linea suicida con strategie intrecciate a quelle dello Stato profondo e di Gladio, a chi cioè vuole mantenere alto il livello del conflitto. Il golpe arriva oggi per mandare un messaggio ad Erdogan, per costringerlo a proseguire sulla via della guerra e non quella del negoziato. Ocalan [il leader del Pkk] lo aveva previsto, aveva avvertito del rischio di un golpe nel momento in cui fosse fallito il processo di pace.

In secondo luogo siamo vicini all’anniversario del 30 agosto, commemorazione della battaglia di Dumlupinar del 1922. Una data importante in cui il presidente (e capo delle forze armate) decide quali ufficiali dell’esercito mandare in pensione e quali promuovere. Pare che nella mente di Erdogan ci fosse già l’idea di una pulizia generale. In tal senso il golpe potrebbe essere stato una risposta anticipata a quell’eventualità.

Il fatto che la popolazione (e non solo i sostenitori dell’Akp) abbia reagito al putsch radicherà le politiche in atto? Non solo repressione delle voci critiche e della stampa ma anche la riforma presidenziale e le politiche neoliberiste a cui Gezi Park si oppose?

Il golpe è capitato al momento giusto. Secondo gli ultimi sondaggi la popolazione non vede di buon occhio il sistema presidenziale perché sa che servirà ad aumentare il potere del governo soprattutto nei confronti della magistratura. A Istanbul e Ankara in piazza non ci sono le masse ma sostenitori dell’Akp che bruciano immagini di Gulen e linciano soldati semplici. Eppure con il colpo di Stato fallito Erdogan si è garantito il controllo sia di una popolazione arrabbiata che di un manipolo di pionieri, zoccolo duro del suo consenso. In più ha messo al sicuro il modello neoliberista su cui ha fondato la sua strategia politica e con cui ha legittimato privatizzazioni selvagge e oligopoli.

Tra gli effetti delle purghe ci sarà dunque il definitivo radicamento di un regime autoritario?

Sicuramente. Oggi in piazza ci sono dei cannibali e al potere un governo che ripulirà a proprio vantaggio il sistema giuridico e quello di sicurezza.

Chi sono queste migliaia di persone oggetto di epurazione?

C’è di tutto. Molti soldati semplici che non avevano nemmeno idea del golpe e potrebbero essere liberati a breve. Ci sono membri e sostenitori delle opposizioni, di ogni tipo. Ma anche personalità vicine all’entourage dell’Akp. Ci sono giudici, tantissimi, l’ennesima ondata di epurazione dentro la magistratura. E a breve seguiranno giornalisti, avvocati, professori, insomma le voci critiche.

Erdogan però rischia molto: ha buttato in un contenitore dell’immondizia 10mila persone tra impiegati, soldati, poliziotti. In questo modo si rafforza solo nel breve periodo perché rischia di crearsi un fronte di opposizione sempre più ampio. Nell’immediato può ottenere risultati eccellenti, ma sul lungo periodo le purghe potrebbero rivelarsi un boomerang. Governare con la paura non legittima il sistema sociale, economico e politico che ha in mente l’Akp.

E fuori? Erdogan non ha avuto subito solidarietà dagli alleati occidentali. Il sintomo di un isolamento esterno?

A livello internazionale c’è dipendenza da Erdogan ma anche un forte desiderio di trovare qualcuno altrettanto obbediente ma meno destabilizzante. Ma dopotutto è un perfetto membro Nato, un perfetto partner economico per l’Europa e la Russia, un perfetto sostenitore delle politiche europee sulle migrazioni. Anche le tensioni con gli Stati Uniti sono solo superficiali. Washington è alleato irrinunciabile, ha basi militari nel territorio turco e ed è partner indispensabile nella Nato. La Turchia si comporta con gli Stati Uniti come fa con Israele, una finta politica di tensione.

Fonte

Punto di vista interessante anche se, personalmente, non del tutto condivisibile.
Non mi convince il fatto che il golpe nasca dall'intento dei congiurati di spingere Erdogan sulla via della guerra dal momento che la Turchia in guerra (asimmetrica con l'Isis e dichiarat con il PKK) c'è in pieno e non gli sta andando benissimo.
Non credo nemmeno che le tensioni con l'Occidente siano solo di facciata, insomma mi pare che il soggetto intervistato sottovaluti notevolmente le condizioni materiali in cui sono maturati e consumati i fatti del 15 luglio.

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