di Francesca La Bella
La mutevolezza e la fluidità del sistema di alleanze nazionali ed
internazionali in Libia è stata, dalla caduta del colonnello Muhammar
Gheddafi, una delle principali fonti di squilibrio per il Paese. A
seconda della fase storica e del contesto territoriale, le forze
occidentali hanno ricalibrato, infatti, le loro alleanze andando a
rafforzare o ad indebolire l’una o l’altra parte. A seguito
della formazione del Governo di Accordo Nazionale (GNA) guidato da Fayez
al Sarraj sembrava che questa ambiguità fosse finita e che, sotto egida
ONU, le potenze straniere fossero giunte ad un compromesso per un
comune percorso di riconciliazione nazionale. Per quanto questo
supporto, da molte forze locali percepito come ingerenza straniera,
implicasse frizioni con ampi settori sociali, la conversione delle
ultime settimane sembra allontanare ancor di più la possibile soluzione
della questione libica.
Numerose proteste hanno, infatti,
attraversato il Paese dopo l’annuncio dell’abbattimento nella Libia
occidentale di un elicottero militare con a bordo tre militari francesi.
Se in un primo momento la notizia, supportata da
intercettazioni comprovanti l’impegno francese nelle operazioni contro
lo Stato Islamico, era stata riportata da Al Jazeera senza la conferma
del Governo francese, in una seconda fase, Parigi ha dovuto riconoscere
la propria presenza militare in territorio libico. A tal
proposito, alla fine della scorsa settimana, il Consiglio Presidenziale
della Libia avrebbe convocato Antoine Sivan, ambasciatore francese in
Libia, per avere spiegazioni in merito al coinvolgimento della Francia
nell’operazione, presumibilmente al fianco del Generale Khalifa Haftar.
Per quanto la presenza informale
di forze occidentali nel Paese fosse nota da mesi e, parallelamente, si
fosse resa evidente una collocazione territoriale ben definita che
ricalcherebbe gli interessi diplomatico-commerciali delle diverse
potenze, l’impegno di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Italia nel
Paese era stato presentato come necessario per la formazione e il
supporto delle forze locali. Allo stesso tempo, la coesistenza di forze
centrifughe a favore dello smembramento della Libia in tre aree,
approssimativamente sovrapponibili alle tre regioni maggiori, Cirenaica,
Tripolitania e Fezzan, con un Governo unitario su cui era stata posta
la fiducia internazionale, poneva rilevanti questioni in merito ai
futuri sviluppi politico-diplomatici.
Ad oggi, sembra che queste contraddizioni siano esplose in tutta la loro forza. Secondo molte fonti,
a seguito della vittoriosa avanzata di Haftar con lo Stato Islamico, al
fianco del Generale si sarebbero schierate, oltre alle forze francesi,
anche quelle britanniche e statunitensi. Solo l’Italia, commercialmente
radicata in Tripolitania, avrebbe, invece, mantenuto la propria
posizione a favore di Sarraj. Durante l’incontro svoltosi a
Roma tra Paolo Gentiloni e l’inviato ONU in Libia Martin Kobler, il
Ministro degli Esteri italiano avrebbe, infatti, ribadito il proprio
sostegno al GNA auspicandosi che “vengano compiuti rapidamente
passi in avanti concreti per assicurare il ripristino dei servizi
pubblici e migliorare le condizioni di sicurezza della Libia,
cominciando da Tripoli con la concreta istituzione della Guardia
presidenziale”.
A fronte di questo contesto e dato
il supporto egiziano di lunga data a Haftar e al Governo di Tobruk, non
stupisce che Sarraj il 27 luglio sia volato al Cairo per discutere le
ultime evoluzioni libiche e mediare con il Governo egiziano un piano di
contrasto al fenomeno jihadista nell’area. Il palese cambiamento
di strategia occidentale lascia, infatti, il GNA isolato e il ruolo del
generale Al Sisi appare sempre più centrale per la definizione delle
alleanze e della futura guida del Paese.
In quest’ottica si leggano gli
eventi successivi a questo incontro. A poche ore dall’arrivo di Sarraj
al Cairo, Ansamed ha riportato che il ministero degli Esteri
egiziano avrebbe dichiarato di “avere accolto, nell’ambito dei tentativi
egiziani mirati a ricreare stabilità e sicurezza nel Paese confinante,
una serie di incontri tra il presidente della Camera dei deputati di
Tobruk, Akila Saleh, con il presidente del Consiglio presidenziale,
Fayez al Sarraj, insieme ad alcune personalità dello stesso Consiglio”.
Incontri che sarebbero intesi ad un “ravvicinamento tra le parti per
trovare soluzioni, preservare gli interessi del popolo libico e
rafforzare le istituzioni dello Stato affinché tutti si assumano le loro
responsabilità e possano godere dei loro diritti”.
La relazione tra queste dichiarazioni e le aperture
verso Haftar fatte dal GNA durante gli incontri del dialogo politico
inter-libico svoltisi a Tunisi a metà luglio risultano evidenti.
Sarraj, in cerca di un ampliamento del consenso, sempre più labile sia
in ambito nazionale sia a livello internazionale, starebbe cercando una
via di uscita dalla condizione di stallo in cui sembra essere caduto il
suo Governo e l’apertura verso Tobruk appare, in quest’ottica,
imprescindibile.
Nessun commento:
Posta un commento