Le purghe del presidente turco Erdogan continuano senza sosta. Oggi il governo islamo-nazionalista di Ankara ha ordinato la chiusura di più di 1043 scuole private e di 15 università riconducibili alla rete economico-religiosa controllata dagli Stati Uniti da Fethullah Gulen. Il decreto pubblicato stamattina dalla Gazzetta Ufficiale impone anche la chiusura e lo scioglimento di 1229 tra ong e associazioni, di 19 enti sindacali e di 35 istituzioni mediche private, anch’esse riconducibili alla Cemaat, la confraternita islamica che fa capo all’imam esule in Pennsylvania e che in Turchia conterebbe su 4-5 milioni di affiliati.
L’esecutivo ha anche stabilito che qualsiasi docente universitario o di ogni ordine e grado del sistema di istruzione pubblica possa essere licenziato dal Consiglio per l’Educazione Superiore (YÖK), un organismo di nomina e controllo governativo, senza che si debba attendere il pronunciamento di un tribunale, così come previsto finora. Mano libera anche per quanto riguarda le epurazioni in tutta la pubblica amministrazione.
Avvalendosi dei poteri speciali ottenuti grazie alla proclamazione l’altro ieri dello stato d’emergenza il primo ministro ha ordinato l’estensione da 4 a 30 giorni del periodo di carcerazione preventiva senza formalizzazione delle accuse. Inoltre le conversazioni tra gli imputati e i loro avvocati potranno essere registrate. Le autorità si riservano la possibilità di imporre restrizioni ai colloqui tra legali e detenuti e potranno proibire addirittura ad alcuni avvocati di difendere i loro clienti, obbligando questi ultimi ad accontentarsi di difensori nominati d’ufficio dal locale Collegio degli Avvocati.
Il decreto del governo stabilisce anche che il periodo di fermo di polizia sarà raddoppiato da 24 a 48 ore per una persona sospettata di avere commesso crimini, e da 4 giorni a 8 in caso l’accusa riguardi l’appartenenza ad una un’organizzazione criminale.
Le autorità turche hanno arrestato un nipote dell’imam Fethullah Gulen. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Anadolu, Muhammet Sait Gulen è stato fermato a Erzurum, nel Nord-Est del Paese. Con lui sono state arrestate altre 29 persone. Poi sempre ieri è finito in manette Hails Hanci, che il regime di Ankara definisce il “braccio destro” di Gulen e presunto responsabile dei trasferimenti di fondi tra l’imam residente negli Usa e la sua organizzazione ‘hizmit’ in Turchia.
Nella serata di ieri si è avuta anche notizia dell’arresto di circa 300 membri della Guardia Presidenziale, il corpo scelto al servizio di Recep Tayyip Erdogan. Anche il capo dei potenti servizi segreti (Mit) turchi Hakan Fidan, accusato dal ‘sultano’ di non averlo avvertito in tempo di quanto i militari ribelli stavano preparando, potrebbe presto saltare.
Oggi però il procuratore capo di Ankara, Harun Kodalak, ha affermato che 1200 dei militari arrestati dopo il fallito putsch sono stati rilasciati.
Intanto domani a Piazza Taksim il Partito Repubblicano del Popolo – nazionalista, laico e di centrosinistra – (Chp) ha convocato una manifestazione a favore della democrazia e dello stato di diritto, schierandosi contro il golpe tentato dai militari lo scorso 15 luglio ma anche contro il carattere sempre più autoritario e oscurantista dell’Akp, formazione ormai sostenuta dall’estrema destra dell’Mhp.
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