Un giovane rom di Palermo, schedato per qualche furto d’auto, si è fatto cinquanta giorni di carcere perché a primavera avrebbe sparato contro due poliziotti che lo inseguivano. Il sedici marzo dello scorso anno i due poliziotti, Francesco Elia di 56 anni e Alessandra Salamone di 49, avevano segnalato alla centrale che alcuni colpi di arma da fuoco erano stati esplosi contro di loro da una Hyundai Atos intercettata nel quartiere Zen del capoluogo siciliano. Ovviamente era scattata una caccia all’uomo con profusione di mezzi e uomini delle varie forze di polizia e alla fine il sospettato era stato arrestato e messo in cella.
Ma ieri mattina l’ispettore e l’assistente capo che all’epoca erano in servizio all’armeria della caserma Lungaro di Palermo, protagonisti dell’eroico inseguimento, sono stati raggiunti da un provvedimento di arresto domiciliare, accusati di calunnia, simulazione di reato, falso, procurato allarme e danneggiamento. Si sarebbero sostanzialmente inventati la sparatoria, che non è mai avvenuta, anche se all’epoca sembrava proprio di sì. L’ispettore Elia vantava una ferita di striscio su un braccio e un proiettile era stato conficcato nel cofano della loro volante. Ma la dinamica dell’episodio non ha convinto il questore Guido Longo che ha ordinato di aprire una indagine e dall’analisi delle telecamere piazzate nel parcheggio di un centro commerciale si vede che i due non stavano affatto inseguendo la Hyundai che a sua volte procedeva a velocità normale.
Secondo i rilievi effettuati dalla polizia scientifica il colpo sparato nel cofano della volante sarebbe stato sparato da distanza ravvicinata, e non da quaranta metri come raccontato dall’ispettore che nei mesi scorsi aveva chiesto con un’istanza al Ministero dell’Interno di essere riconosciuto, vista la ferita riportata, come ‘vittima del dovere’ e quindi meritevole di un ‘equo indennizzo’ per “causa di servizio”. Insomma si sarebbe trattato di una messinscena organizzata per ottenere un riconoscimento di servizio e un premio in denaro...
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