Tra la Brexit ed Erdogan, ovest
ed est dei confini Ue, c’è un processo di sgretolamento continentale
leggibile anche in termini classicamente geopolitici: quando un
soggetto istituzionale si disgrega, le prime ad allontanarsi sono le periferie ai lati. Est ed ovest. Ma che l’abulia, lo stato di
bollitura politica permanente, a sinistra continui anche in queste
eccezionali condizioni non è sorprendente. Sarebbe semmai sorprendente
il contrario, visto che dal dopo-muro – dopo aver fatto una terribile
confusione su cosa fosse crollato ad Est – non c’è sinistra, e non solo
in Italia, che non si sia avvitata in tattiche contorte e, alla fine,
perdenti. In Italia, se vogliamo, ci sarebbe anche l’aggravante: il
governo Renzi rischia davvero di passare l’ultima estate, e con lui un
intero sistema politico. L’evento, per una serie di coincidenze
continentali e globali, è di quelli che richiederebbe un balzo di tigre.
Ma non sono tempi per la strategia, lo sappiamo. Ma per un minimalismo
politico che non porterà da nessuna parte.
Ma veniamo all’ultima estate del governo Renzi.
A causa dello sfilacciamento della maggioranza? In parte, anche perchè
sono questioni ricomponibili. A causa del referendum istituzionale?
Anche qui, in parte. Il governo Renzi, potrebbe giocare qualche mossa
spericolata per sopravvivere anche in caso di vittoria del “no”. A causa
dei sondaggi che vedono il movimento 5 stelle davanti al Pd? In parte
anche qui e, nel caso, il timore della vittoria di Grillo potrebbe
tenere assieme il governo fino alla scadenza naturale della legislatura.
Il punto più delicato del governo Renzi, quello che fa davvero
impressione, è lo stesso dell’ultima fase del governo Berlusconi e di
quelli Monti e Letta.
Si chiama assenza di base materiale.
Fenomeno naturale in un paese che ha perso 10 punti di Pil dall’inizio
della crisi; quella stessa che sia centrodestra che centrosinistra
minimizzavano. Che anche al governo Renzi manchi la base materiale, non
certo rintracciabile nell’episodica vittoria elettorale grazie al
“popolo degli 80 euro”, ce lo fa capire l’Abi. Associazione che riunisce
le banche italiane e che si è già lanciata contro chi danneggia la
costituzione, che per l’Abi coincide con le banche italiane, in Europa
qualche giorno fa. L’ultimo rapporto di Abi parla quindi chiaro: il
governo Renzi, pudicamente non citato, non ha una base materiale. La
ripresa economica dice Abi, non c’è, del resto il Fmi ha tagliato le
stime per Italia e Portogallo dopo la Brexit e le banche non prestano
soldi all’economia. Del resto, informa Abi, i crediti deteriorati,
quelli che hanno scatenato la crisi bancaria, aumentano. Uno scenario
che contraddice la propaganda del governo, fin qui non sarebbe una
novità, per alimentare la percezione di una crisi sistemica delle banche
che, se non risolta in tempo, potrebbe essere deflagrante.
Si tratta di 3 punti critici
(economia, credito alle imprese, crediti deteriorati) che erano alla
base della legittimazione italiana del QE di Draghi. Stampati i
soldi da Draghi tutto sarebbe ripreso, così recitavano Corriere e
Repubblica, per arrivare ad alimentare l’economia, il credito alle
imprese e, con interventi mirati a fine primavera di quest’anno, per
ridurre i crediti deteriorati. Niente di questo è accaduto. Sapevamo già
dall’annuncio del QE, viste l’esperienza Usa e giapponese molto diverse
ma anche utili a capire, che sarebbe andata in questo modo: stampare
soldi serve a farli aspirare nei circuiti finanziari, per fare nuovi
soldi con i soldi; non a rilanciare l’economia.
L’eventuale caduta di Renzi, i
cui rumors, discreti, sono cominciati il mese scorso servirebbe non in
un’ottica di rilancio dell’economia, che in queste condizioni non è
possibile, ma di sostituzione di un personaggio bruciato con uno nuovo.
Per continuare la solita politica di iniezione di liquidità nel mondo
finanziario, di mantenimento del primato dell’ordoliberalismo tedesco e
la solita tenuta in vita artificiale delle zombie bank del continente.
Ma da cosa si capisce che in questo scenario Renzi rischia?
Il fondo monetario internazionale ha chiesto l’aumento dell’Iva in
Italia. La classica misura che bada a estrarre risorse, deprimendo
l’economia (l’Italia ha affrontato tre recessioni annuali consecutive
grazie all’aumento Iva deciso all’epoca del governo Monti). Stiamo
parlando dell’aumento dell’IVA, oggi al 22%, scattato il primo ottobre
2013, governo Letta ma decisione Monti, che dovrebbe scattare ancora dal
2016. L'Esecutivo Letta, a suo tempo, su pressione dell’“Europa”, non è
riuscito ad abolire la gravosa scadenza istituita dal Governo Monti. Il
governo Renzi ha fatto slittare di un anno il nuovo scatto di aumento,
già previsto dal 2015, con estensione all'aliquota del 10%. L'aumento
percentuale dell’aliquota IVA è uno dei provvedimenti volti a recuperare
risorse finanziarie necessarie a rientrare nel mitico 3% del rapporto
Deficit/PIL stabilito dalla UE. E’ quindi una misura tipica da
rastrellamento fondi in economia depressa per deprimerla ancor di più.
Il governo Renzi, con questo gioco di rinvii e slittamenti, si
opporrebbe alla misura, progettando, addirittura, tagli di tasse e
benefit fiscali. Ma è un’opposizione ambigua, senza domani, senza
un’idea di economia.
Il messaggio del FMI, invece, è
chiaro: “Caro Renzi, l’economia dopo la Brexit è in contrazione, per
estrarre risorse o aumenti l’Iva o aumenti l’Iva”. Se il
governo Renzi svicolasse da questo diktat, che è del FMI non della Uil,
avrebbe buone possibilità di saltare. Perchè se la base materiale manca
in patria, e tra economia in declino e banche in crisi manca davvero, un
governo deve avere almeno agganci nel mondo globale finanziario che
conta. Mancasse anche quest’ultimo, sarebbe davvero l’ultima estate di
Renzi. Cosa verrebbe dopo? Non sembra problema di ciò che rimane della
sinistra, che sembra in preda all’intreccio tra allucinazione e realtà
estiva come Catherine di Improvvisamente l’estate scorsa di Tennesse
Williams. A essere sinceri, non sembrerebbe, a parte i proclami,
problema di nessuno. Poi, come dice qualcuno che la politica l’ha
praticata, improvvisamente nella storia accade sempre qualcosa. Anche
stavolta accadrà. Vedremo cosa.
Redazione, 20 luglio 2016
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