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21/07/2016

L’ultima estate del governo Renzi?

Tra la Brexit ed Erdogan, ovest ed est dei confini Ue, c’è un processo di sgretolamento continentale leggibile anche in termini classicamente geopolitici: quando un soggetto istituzionale si disgrega, le prime ad allontanarsi sono le periferie ai lati. Est ed ovest. Ma che l’abulia, lo stato di bollitura politica permanente, a sinistra continui anche in queste eccezionali condizioni non è sorprendente. Sarebbe semmai sorprendente il contrario, visto che dal dopo-muro – dopo aver fatto una terribile confusione su cosa fosse crollato ad Est – non c’è sinistra, e non solo in Italia, che non si sia avvitata in tattiche contorte e, alla fine, perdenti. In Italia, se vogliamo, ci sarebbe anche l’aggravante: il governo Renzi rischia davvero di passare l’ultima estate, e con lui un intero sistema politico. L’evento, per una serie di coincidenze continentali e globali, è di quelli che richiederebbe un balzo di tigre. Ma non sono tempi per la strategia, lo sappiamo. Ma per un minimalismo politico che non porterà da nessuna parte.

Ma veniamo all’ultima estate del governo Renzi. A causa dello sfilacciamento della maggioranza? In parte, anche perchè sono questioni ricomponibili. A causa del referendum istituzionale? Anche qui, in parte. Il governo Renzi, potrebbe giocare qualche mossa spericolata per sopravvivere anche in caso di vittoria del “no”. A causa dei sondaggi che vedono il movimento 5 stelle davanti al Pd? In parte anche qui e, nel caso, il timore della vittoria di Grillo potrebbe tenere assieme il governo fino alla scadenza naturale della legislatura. Il punto più delicato del governo Renzi, quello che fa davvero impressione, è lo stesso dell’ultima fase del governo Berlusconi e di quelli Monti e Letta.

Si chiama assenza di base materiale. Fenomeno naturale in un paese che ha perso 10 punti di Pil dall’inizio della crisi; quella stessa che sia centrodestra che centrosinistra minimizzavano. Che anche al governo Renzi manchi la base materiale, non certo rintracciabile nell’episodica vittoria elettorale grazie al “popolo degli 80 euro”, ce lo fa capire l’Abi. Associazione che riunisce le banche italiane e che si è già lanciata contro chi danneggia la costituzione, che per l’Abi coincide con le banche italiane, in Europa qualche giorno fa. L’ultimo rapporto di Abi parla quindi chiaro: il governo Renzi, pudicamente non citato, non ha una base materiale. La ripresa economica dice Abi, non c’è, del resto il Fmi ha tagliato le stime per Italia e Portogallo dopo la Brexit e le banche non prestano soldi all’economia. Del resto, informa Abi, i crediti deteriorati, quelli che hanno scatenato la crisi bancaria, aumentano. Uno scenario che contraddice la propaganda del governo, fin qui non sarebbe una novità, per alimentare la percezione di una crisi sistemica delle banche che, se non risolta in tempo, potrebbe essere deflagrante.

Si tratta di 3 punti critici (economia, credito alle imprese, crediti deteriorati) che erano alla base della legittimazione italiana del QE di Draghi. Stampati i soldi da Draghi tutto sarebbe ripreso, così recitavano Corriere e Repubblica, per arrivare ad alimentare l’economia, il credito alle imprese e, con interventi mirati a fine primavera di quest’anno, per ridurre i crediti deteriorati. Niente di questo è accaduto. Sapevamo già dall’annuncio del QE, viste l’esperienza Usa e giapponese molto diverse ma anche utili a capire, che sarebbe andata in questo modo: stampare soldi serve a farli aspirare nei circuiti finanziari, per fare nuovi soldi con i soldi; non a rilanciare l’economia.

L’eventuale caduta di Renzi, i cui rumors, discreti, sono cominciati il mese scorso servirebbe non in un’ottica di rilancio dell’economia, che in queste condizioni non è possibile, ma di sostituzione di un personaggio bruciato con uno nuovo. Per continuare la solita politica di iniezione di liquidità nel mondo finanziario, di mantenimento del primato dell’ordoliberalismo tedesco e la solita tenuta in vita artificiale delle zombie bank del continente.

Ma da cosa si capisce che in questo scenario Renzi rischia? Il fondo monetario internazionale ha chiesto l’aumento dell’Iva in Italia. La classica misura che bada a estrarre risorse, deprimendo l’economia (l’Italia ha affrontato tre recessioni annuali consecutive grazie all’aumento Iva deciso all’epoca del governo Monti). Stiamo parlando dell’aumento dell’IVA, oggi al 22%, scattato il primo ottobre 2013, governo Letta ma decisione Monti, che dovrebbe scattare ancora dal 2016. L'Esecutivo Letta, a suo tempo, su pressione dell’“Europa”, non è riuscito ad abolire la gravosa scadenza istituita dal Governo Monti. Il governo Renzi ha fatto slittare di un anno il nuovo scatto di aumento, già previsto dal 2015, con estensione all'aliquota del 10%. L'aumento percentuale dell’aliquota IVA è uno dei provvedimenti volti a recuperare risorse finanziarie necessarie a rientrare nel mitico 3% del rapporto Deficit/PIL stabilito dalla UE. E’ quindi una misura tipica da rastrellamento fondi in economia depressa per deprimerla ancor di più. Il governo Renzi, con questo gioco di rinvii e slittamenti, si opporrebbe alla misura, progettando, addirittura, tagli di tasse e benefit fiscali. Ma è un’opposizione ambigua, senza domani, senza un’idea di economia.

Il messaggio del FMI, invece, è chiaro: “Caro Renzi, l’economia dopo la Brexit è in contrazione, per estrarre risorse o aumenti l’Iva o aumenti l’Iva”. Se il governo Renzi svicolasse da questo diktat, che è del FMI non della Uil, avrebbe buone possibilità di saltare. Perchè se la base materiale manca in patria, e tra economia in declino e banche in crisi manca davvero, un governo deve avere almeno agganci nel mondo globale finanziario che conta. Mancasse anche quest’ultimo, sarebbe davvero l’ultima estate di Renzi. Cosa verrebbe dopo? Non sembra problema di ciò che rimane della sinistra, che sembra in preda all’intreccio tra allucinazione e realtà estiva come Catherine di Improvvisamente l’estate scorsa di Tennesse Williams. A essere sinceri, non sembrerebbe, a parte i proclami, problema di nessuno. Poi, come dice qualcuno che la politica l’ha praticata, improvvisamente nella storia accade sempre qualcosa. Anche stavolta accadrà. Vedremo cosa.

Redazione, 20 luglio 2016

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