Nel giro di un mese abbiamo avuto quattro episodi di stragi che presentano caratteri comuni:
Orlando, Nizza, Heidingsfeld e Monaco (consideriamo a parte la strage
di Kabul); in tutti e quattro i casi abbiamo persone evidentemente
disturbate che hanno gridato Allah Akbar e manifestato simpatie
islamiste (in tre casi esplicitamente per l’Isis che ha rivendicato), ma
solo in un caso (Nizza) è stato dimostrato un contatto effettivo con
l’organizzazione del Califfato. Allora che sta succedendo? Si tratta di episodi legati al terrorismo islamico o no? E sino a che punto?
Nell’articolo su Nizza,
quando non era ancora emerso il contatto di Bohulel con gli emissari
dell’Isis, avevamo fatto due ipotesi: che si trattasse di una persona
con turbe psichiche che aveva fatto la strage per sindrome imitativa o
che si trattasse pur sempre di uno psicopatico, ma istigato e “usato”
dagli uomini dell’Isis. Il dubbio si è sciolto in pochi giorni e nel
peggiore dei modi: sono vere entrambe le cose, ci sono tanto elementi
psichicamente deboli che agiscono per conto proprio quanto quelli che
sono usati dall’Isis. Due fenomeni paralleli ed uno più preoccupante
dell’altro, cerchiamo di capire perché.
In primo luogo, occupiamoci degli psicopatici “semplici”,
quelli che lo fanno per un “attimo di follia” e che, quindi non
c’entrerebbero con l’organizzazione islamista. In effetti si tratta
spesso di persone che non frequentano le moschee, che hanno uno stile di
vita assolutamente non consono ai dettami coranici, che non si sono mai
interessate di politica o religione, verissimo, ma si tratta di persone
che a casa hanno il drappo nero di Daesh, al quale inneggiano nel
momento dell’azione (questo è meno vero nel caso di Monaco, dove
comunque l’attentatore ha gridato la frase rituale degli islamisti).
Soprattutto le azioni di “guerra fra la folla” ripetono con pochissime
varianti lo stesso copione. Dunque abbiamo davanti persone che agiscono
da sole (come i lupi solitari) ed in stato di alterazione mentale, ma
che hanno un immaginario legato all’Isis ed alla sua lotta contro l’
“Occidente crociato” che opprime l’Islam. Ed è questo immaginario a
stabilire un rapporto con la lotta del Califfato. Non si può parlare
certamente di “soldati dell’Isis” (come la stessa Isis, che ormai
rivendica qualsiasi cosa, dice), ma di una sorta di scia pulviscolare
che segue il vettore islamista producendo anche più danni. Quello che si
determina è una sorta di sindrome imitativa di proporzioni mai viste.
Gli psicologi sanno che se una persona
si suicida buttandosi giù dal campanile di Giotto e questo viene
pubblicizzato dai mass media, è fatale che, nei giorni seguenti, altri
ripeteranno lo stesso gesto. E qui parliamo di attentatori-suicidi. Nel
ripetere il gesto con le stesse modalità, l’attentatore-suicida trova
il coraggio di una azione forse altre volte progettata ma mai attuata,
perché imita un altro che poi ha avuto una sua celebrazione nei mass
media, che si è vendicato, che ha fatto “paura” alla comunità ostile. In
definitiva, da uomo solo, escluso, discriminato, ha trovato un “noi” in
cui riconoscersi e da contrapporre a un “loro” che lo hanno escluso e
perseguitato. Questo è più evidente nel caso di Monaco, dove
l’attentatore era un ragazzo confusissimo che mescolava cose opposte fra
loro, ma il cui filo conduttore era la vendetta contro i maltrattamenti
che avrebbe ricevuto. E c’è da chiedersi come abbia potuto procurarsi
una pistola e 300 proiettili (comparato in rete? Mha): certamente non in
modo legale, per l’età e perché in cura presso un servizio di igiene
mentale. Un bel punto su cui vedere meglio.
Vedo che la stampa accredita l’ipotesi
di una imitazione di Otoya (l’eccidio dei giovani laburisti norvegesi),
perché la strage è stata compiuta nello stesso giorno, e la tecnica
sarebbe simile. E’ possibile che c’entri anche questo, ed in effetti,
anche Breivik era un paranoide con un forte disturbo di tipo
narcisistico, ma sono piuttosto scettico in proposito. Quella strage è
avvenuta 5 anni fa, quando l’ attentatore odierno era poco più che un
bambino, inoltre, nei casi di sindrome imitativa, il richiamo è sempre a
fatti recenti o relativamente recenti, non di 5 anni prima. Questa
ipotesi, più che con la realtà, mi sembra abbia a che fare con il
bisogno della polizia tedesca di allontanare il più possibile la
matrice del radicalismo islamico per rendere politicamente più gestibile
il caso.
Piuttosto dobbiamo chiederci
quanto possano ripetersi casi del genere e la vicinanza di almeno tre
casi di questi tipo (sintomatico due di seguito nello stesso paese a
distanza di pochissimo) fa sospettare che ci sia il pericolo di una scia
ancora piuttosto lunga di episodi del genere.
E la cosa è ben più allarmante ove si
consideri il caso di Nizza (secondo tipo di attentati, quello su
istigazione), perché significa in primo luogo che l’Isis ha scoperto un
nuovo bacino da cui attingere gli uomini per i suoi attentati (e, per di
più, senza sprecare i suoi veri militanti ma usando psicopatici come
“carne da cannone”), in secondo luogo che questo bacino possa essere
anche molto numeroso e praticamente imprevedibile.
Morale: l’Isis ha imparato, e bene, a farci guerra psicologica,
usando tutti gli anelli deboli della nostra società, mentre noi non
abbiamo ancora idea di come fare guerra psicologica all’Isis. Ennesima
prova di quanto sia sbagliato l’attuale contrasto al terrorismo, tutto
militar poliziesco, che ignora il contrasto politico e quello
psicologico.
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