I rapporti tra il presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa (del Partito Socialdemocratico, di centrodestra) e il governo portoghese presieduto dal socialista Antonio Costa si stanno incrinando. In quattro mesi de Sousa ha posto il veto su due importanti leggi varate dall’esecutivo di Lisbona, la prima sulle ‘madri surrogate’ (corretta poi per venire incontro alle contestazioni del presidente) e ora sul trasporto pubblico. La legge presentata dal governo su iniziativa del Blocco di Sinistra era stata respinta dai deputati del Partito Comunista che pure sostengono la maggioranza, ma avallata da 24 esponenti del centrodestra che ne avevano permesso l’approvazione. Ma de Sousa era intervenuto e l’aveva girata di nuovo al Parlamento.
Se nel primo caso de Sousa aveva addotto la presenza di alcune incongruenze di carattere tecnico nel testo, ora lo scontro è tutto politico, perché la nuova legge proibisce tassativamente la presenza di capitale privato nella proprietà delle aziende del trasporto pubblico.
Il precedente governo di centrodestra aveva privatizzato la gestione della metropolitana di Porto e quella delle aziende del trasporto urbano proprio prima di uscire di scena. La gara per la gestione per i prossimi dieci anni della metropolitana di Porto se l’era aggiudicata l’impresa francese Transdev e quella degli autobus la spagnola Alsa. Ma nel programma di legislatura del governo socialista nato a dicembre con il sostegno esterno del Bloco de Esquerda e del Partito Comunista campeggiava un punto molto chiaro: l’annullamento della privatizzazione del trasporto pubblico. Dopo alcuni mesi il punto programmatico è stato tramutato in legge su iniziativa dei comunisti e del Blocco di Sinistra. Scontrandosi però con il veto del fondatore del PSD, eletto presidente a maggioranza assoluta lo scorso gennaio ed entrato in carico a marzo.
Secondo de Sousa “in uno stato di diritto democratico, il legislatore si deve contenere, in omaggio al principio della separazione dei poteri, evitando di intervenire in decisioni specifiche prese dalla pubblica amministrazione, che dipendono da ragioni di natura economica, finanziaria e sociale mutevoli. (…) Nonostante questa indesiderabile iniziativa legislativa non possa essere considerata anticostituzionale, può essere politicamente controproducente”.
Ora è braccio di ferro tra le sinistre e il presidente, con i socialisti che tentano di mediare. I comunisti hanno affermato che non sono disposti a cambiare il testo di una virgola, e il Bloco de Esquerda ricorda che la misura è contenuta in un patto di legislatura firmato dai tre partiti della maggioranza, accusando il presidente di aver apposto alla legge un veto di carattere ‘ideologico’.
Teoricamente il parlamento può riconfermare la legge così come era uscita dalla prima approvazione, e in questo caso il presidente non avrebbe alcuna possibilità di bloccarne l’entrata in vigore. Ma difficilmente i socialisti vorranno andare ad uno scontro frontale con il presidente de Sousa e l’opposizione su una questione legata alle prerogative del ‘libero mercato’, alla quale sono molto sensibili.
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