In base ai risultati dell'analisi preliminare della scatola nera principale, quella “parametrica”, del Tu-154 del Ministero della difesa russo precipitato nel mar Nero il 25 dicembre, l'ipotesi considerata prioritaria sulle cause della tragedia costata la vita a 92 persone sarebbe quella di un errore dei piloti, anche se un po' tutte le agenzie russe sottolineano l'assenza di conferme dirette. E in ogni caso, come scrive oggi rusvesna.su, quantunque considerata “non prioritaria”, nessuno scarta per ora l'ipotesi dell'attentato.
La congettura che al momento trova più credito è quella per cui potrebbe essersi verificata una situazione di emergenza, a partire da un inspiegato mancato ritorno dei flaps che, in fase di decollo, assicurano una spinta supplementare sulle ali e, tentando di compensare la conseguente picchiata, i piloti avrebbero aggravato la situazione, innalzando eccessivamente il muso dell'aereo. L'ipotesi dell'incidente sembrerebbe confermata dal fatto che la coda dell'apparecchio mostra lesioni compatibili con un tentativo del pilota di effettuare un ammaraggio. Komsomolskaja Pravda scriveva ieri di un militare della guardia costiera, in mare al momento della tragedia, che avrebbe visto il velivolo diminuire la velocità e scendere di quota velocemente e in maniera strana, con il muso puntato innaturalmente verso l'alto, come se lo si volesse far ammarare sulla coda, ma beccheggiando a destra e a sinistra.
Allo stadio attuale, non si escludono ovviamente varie diverse ipotesi, come il possibile sovraccarico: pare che il pilota si fosse lamentato con la torre di controllo per la “pesantezza” dell'apparecchio e ci sono le testimonianze di chi avrebbe visto l'areo volare a lungo a quota insolitamente bassa, non riuscendo a prender quota. Si tende invece a scartare una delle prime ipotesi: quella della cattiva qualità del carburante, per il semplice fatto che molti altri velivoli erano stati riforniti con lo stesso combustibile.
Sull'errore umano aveva scritto Kommersant già ieri l'altro: i piloti avrebbero cercato di salire in maniera troppo “energica”, portando l'aereo a un'angolazione supercritica, che ha provocato una perdita di velocità e di forza di sollevamento sulle ali. Ma tale “errore” potrebbe esser dovuto all'estremo tentativo del comandante di rimediare a un non simmetrico funzionamento dei flap o degli stabilizzatori. La Tass parla di perdita di spinta delle ali: “per cause non accertate l'aereo ha iniziato a volare con un angolo di tangente troppo ampio. A quanto pare, si è verificata una perdita di quota, con una brusca inclinazione sul fianco destro – l'asimmetria dei flap, appunto – e come risultato l'aereo ha toccato la superficie del mare virando a sinistra a 510 km/h".
A parere dell'ex vice Ministro dell'aviazione civile dell'Urss, Oleg Smirnov, sentito da Komsomolskaja Pravda, i dati in possesso al momento non sono sufficienti a escludere alcuna ipotesi, nemmeno quella dell'attentato. Smirnov ritiene che né l'età del velivolo, 33 anni e nemmeno le sue ore di volo, fossero critiche e le non annovera tra le possibili cause. Secondo lui, è accaduto “qualcosa di eccezionale”; l'apparecchio è sceso di quota, ma “in modo caotico, non come per un ammaraggio”; è possibile solo supporre che sia accaduto qualcosa che “abbia impedito ai piloti di staccare le mani dal timone, anche per una frazione di secondo, per informare terra che stava accadendo qualcosa fuori dell'ordinario o che essi fossero stati messi “fuori combattimento”. Ogni pilota” conclude Smirnov, “è tenuto a informare terra di una situazione di emergenza. E' accaduto qualcosa di estremo”.
Ma, secondo una parziale decifrazione delle ultime parole dei piloti, riportata da Life.ru, questi erano pienamente coscienti della situazione, non essendo però in grado di raddrizzarla: si sente il comandante che se la prende coi flap e, mentre si attiva il segnale di pericoloso avvicinamento al suolo, il secondo pilota urla “Comandante, precipitiamo”. I piloti stessi erano considerati superesperti: l'ufficiale di rotta, Aleksandr Petukhov, nel 2011 era riuscito a riportare a terra un altro Tu-154 venutosi a trovare pressappoco nella stessa situazione.
Ma, nonostante si tenda a minimizzare o qualificare come “complottistica” ogni ipotesi di attentato, rimangono però alcuni momenti non chiari, tra cui, appunto, il misterioso silenzio dei piloti su una qualche avaria – i collegamenti tra torre di controllo e Tupolev si sono interrotti circa un minuto dopo il decollo – il raggio piuttosto ampio all'interno del quale erano stati avvistati i primi rottami, o, addirittura, pretesi “testimoni oculari” che avrebbero dichiarato di aver visto una strana luce (l'incidente era avvenuto nelle primissime ore del mattino) in direzione del volo del Tupolev. Ma se ne trovano comunque possibili spiegazioni: non sarebbe la prima volta che si verifica un'avaria al sistema di collegamento radio; inoltre, i possibili attentatori avrebbero dovuto esser avvertiti all'ultimo momento che il rifornimento, inizialmente previsto all'aeroporto di Mozdok, nell'Ossetia meridionale, era stato dirottato su Soči per ragioni meteo: quindi, nessuna pianificazione terroristica sarebbe stata possibile all'aerodromo di Adler; inoltre, tutti passeggeri erano rimasti a bordo, durante il rifornimento. E, scrive il politologo Sergej Markov su rusvesna.su, perché non c'è stata alcuna rivendicazione? “Ora sui blog è diffusa la tesi che si sia trattato di un attentato” scrive Markov, “ma che le autorità, però, ce lo nascondano per non ammettere che FSB e Ministero della difesa hanno fatto fiasco. Secondo me, invece, per le autorità sarebbe vantaggioso dire che sia stato un attentato, perché ciò legittimerebbe di fronte al mondo l'operazione militare russa in Siria. Come dire: visto che è stato un attentato, la Russia ha il diritto di rispondere”.
Come che sia, fanno pensare le parole pronunciate dalla portavoce del Ministero degli esteri, Marija Zakharova. Intervenendo domenica sera a uno dei talk show russi più seguiti, aveva ricordato come, nell'ottobre 2015, nel corso di vari colloqui a livello di Ministri degli esteri, qualche esponente occidentale avesse detto di “dover trasmettere un messaggio abbastanza chiaro”, il più duro avvertimento, lanciato a Mosca da “altre forze”, secondo si “sarebbe fatto in modo che la Russia”, per il suo impegno nella guerra al terrorismo, “avrebbe ben presto saputo cosa significhi soffrire molto. Tenete a mente: tutto ciò che farete, verrà decuplicato nella campagna informativa che coprirà i risultati del vostro lavoro; lotterete contro i terroristi, ma vi faremo apparire come gli aggressori”. A ottobre 2015 “questo fu detto a porte chiuse; ma dopo, Casa Bianca e Dipartimento di stato minacciarono ufficialmente il nostro paese” ha detto Zakharova e, dopo, “ci furono i richiami diretti a intervenire contro le nostre ambasciate”. E, di fatto, dopo di ciò, c'era stato l'attentato del 31 ottobre 2105 all'aereo civile A 321, in volo da Sharm el Sheikh a Piter, costato la vita a 224 persone; c'era stato l'abbattimento del Su-24 da parte dei caccia turchi il 24 novembre e, molto più recentemente, il mese scorso, il bombardamento dell'ospedale da campo russo in Siria, con l'uccisione di due operatrici sanitarie russe.
Forse non casualmente il leader del PCRF, Gennadij Zjuganov, ha dichiarato di avere “un'intima convinzione” trattarsi di un atto terroristico e ha invitato gli inquirenti a “indagare accuratamente e con la massima scrupolosità”.
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