Una grave, e lunga, crisi bancaria si intreccia a misure che finiranno, vedremo in che modo e grandezza, a incidere sulla spesa pubblica, sui servizi, sull’educazione e le prestazioni sanitarie
Entro pochi giorni, se non addirittura ore, è in arrivo il decreto salvabanche del governo. Forse verrà chiamato salvarisparmio ma va capito bene cosa, in effetti, fa risparmiare. Detto in estrema sintesi, il decreto verrà emanato, dopo l’avvenuta autorizzazione in parlamento, per far fronte alla grave crisi di MPS.
Fin qui le notizie date con ragionevole certezza. Poi c’è la dimensione
dell’incerto, quella largamente più estesa, che riguarda non solo le
modalità di applicazione ma anche la sua possibilità di successo.
E’ bene essere chiari: dal modo
con il quale verrà emanato prima, e applicato poi, il decreto dipende
una parte importante del futuro dei nostri servizi sociali. Perché le cifre che sono in ballo sono di quelle serie, dai 20 ai 60 miliardi
di euro a seconda degli scenari che si creeranno. Ed è serio anche il
possibile impatto sull’economia: sia perché anche l’ipotesi minore, 20
miliardi di debito in più, può avere un effetto depressivo, oltre a provocare tagli ai servizi,
sia perché il mondo del risparmio può subire ulteriori crisi. Diciamo
che gli scenari, grosso modo, in questo senso si restringono a due.
Entrambi con delle variabili ma semplifichiamo, anche per motivi di
lettura, il quadro in ipotesi light e in quella hard.
Ipotesi light.
Ipotesi che, alla fine, tanto light non è visto che comunque verranno
sottratte risorse a una società che ha bisogno di allocarle in ben altri
settori. Secondo Padoan il decreto di salvataggio dovrebbe stanziare 20 miliardi
(e dove e come vengano allocati è incerto e tutt’altro che un
dettaglio) che andrebbero posizionati su due fronti. Il primo è quello
della garanzia per il ripristino della capacità di finanziamento di MPS
(e non solo) a medio e lungo termine. Il secondo è quello della partecipazione diretta nelle banche
(MPS e vedremo chi) dopo la conversione forzosa delle obbligazioni dei
risparmiatori in azioni. E in quest’ultimo punto sta un dettaglio non da
poco: quanto i risparmiatori lasceranno sul campo e che effetto,
sull’economia e sulla politica, avrà questo sacrificio. Poi c’è la
questione di come verranno messi a bilancio questi 20 miliardi e come
verranno smaltiti. L’importo (20 miliardi) è pari all’intervento per la riduzione del deficit della manovra Monti.
Manovra che arrivò a 30 miliardi ma è anche vero che al governo
Gentiloni l’“Europa” ha chiesto di rientrare, leggi tagliare, almeno 5
miliardi rispetto alla manovra elettorale di Renzi. L’ipotesi light è
che il governo Gentiloni riesca a fare un decreto con qualche danno ma
non catastrofico: diluire lo smaltimento dei 20 miliardi, il peso sui
risparmiatori, convincere l’”Europa”, allontanare le clausole di
salvaguardia, leggi aumento dell’IVA in caso di mancati tagli, lasciate
in eredità da Renzi. Alla fine, come dice qualche analista serio e per
niente filogovernativo, se il governo azzecca il decreto e le modalità
di intervento di MPS magari i miliardi impiegati possono essere meno di
venti. Entro un quadro di interventi duro, per la società, ma non
catastrofico. Oltre a Forza Italia, il gruppo di Verdini si è già
espresso in aula a favore del decreto. Se l’ora è grave, e il voto pesa,
Denis non manca mai. Anche se Silvio, vista la vicenda Vivendi, l’aiuto
del governo se lo tiene già caro di suo.
Ipotesi hard.
L’ipotesi hard parte da una analisi interna al mondo finanziario.
Bloomberg ha stimato la cifra necessaria per il salvataggio delle banche
italiane in 60 miliardi. Il triplo di quanto
eventualmente stanziato, e vedremo come, dal governo italiano. Se questa
analisi viene adottata dai mercati finanziari non è impossibile che il
quadro del valore di borsa delle banche italiane vada verso il basso,
magari non subito, anche in presenza del decreto. Questo scenario
potrebbe intrecciarsi con un altro: la bocciatura del decreto italiano su MPS da parte delle autorità europee di supervisione degli accordi sull’Unione bancaria.
E, a quel punto, la richiesta di rientro, al governo Gentiloni, del
deficit eccessivo contratto dal governo Renzi potrebbe, sempre per le
autorità europee, farsi automatica in parallelo a questa bocciatura. Se
consideriamo che lo stesso governo Renzi ha lasciato in eredità una
clausola di salvaguardia (tagli sicuri oppure aumento IVA) il conto, per
la società italiana, si farebbe salato. Diverse decine di miliardi (60
miliardi sono due manovre Monti del 2011) per le banche, una manovra
correttiva per i 5 miliardi, lasciati per strada dal governo Renzi, e
una per evitare che scattino le clausole di salvaguardia per l’aumento
dell’Iva (seriamente depressivo per l’economia). Uno scenario decisamente hard, economicamente il peggiore dalla fine della seconda guerra mondiale.
Scenario che non terminerebbe qui. La Frankfurter Allgemeine, per mano
del suo corrispondente a Roma, ha chiesto il commissariamento delle
banche più interessate dalla crisi secondo le regole ESM. E non è la
prima testata tedesca che invoca queste regole per l’Italia. Quelle del
fondo chiamato, con discreto coraggio, salvastati. In poche parole
arriverebbe, sempre dall’”Europa”, una struttura commissariale non solo
delle banche ma anche della parte di bilancio dello stato necessario a
smaltire la loro crisi. In caso di precipitazione degli eventi, come
sempre negli ultimi vent’anni e più, comunque tutto dipende dalla
Germania. E da quale strategia, per l’Italia, sceglierà la cancelliera
nel 2017, anno elettorale. Anno difficile anche per la Germania alle
prese con cambiamenti di scenario globale tutti, anche per lei, da
decifrare.
I fatti ci faranno capire quale ipotesi
prevarrà oppure cosa, degli scenari hard e light, finirà per mescolarsi
per comporre lo scenario vero. Resta, nel frattempo, la realtà:
una grave, e lunga, crisi bancaria si intreccia a misure che finiranno,
vedremo in che modo e grandezza, a incidere sulla spesa pubblica, sui
servizi, sull’educazione e le prestazioni sanitarie. L’impatto
per servizi sociali, scuola, sanità ci sarà comunque. Il punto sta nella
violenza o meno di questo impatto. Il resto è retorica.
Ovviamente l’economia internazionale
farà la sua parte in tutto questo. Un paio d’anni di ripresa americana,
accompagnata dal rialzo tassi Usa, o una crisi cinese, magari esplosa
per lo stesso motivo, possono incidere in un senso o in un altro. Come
incideranno le modalità – economiche, logistiche e tecnologiche – di
ristrutturazione del sistema bancario. Modalità che incedono con i ritmi
di una vera e propria rivoluzione. Il punto, quello che interessa, è
capire quante risorse per la società, e i servizi di cui necessita, ci
sono dopo questi passaggi. E anche chi le governa. Temi non da poco
mentre si va verso un altro anno che si annuncia tutt’altro che facile.
Redazione, 21 dicembre 2016
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