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23/12/2016

I lotti di Lotti. Cè del marcio nella centrale per gli appalti pubblici?

C'è un appalto gigantesco che fa gola a molti, anzi a moltissimi. E' il “Facility Managment 4”. Il nome in inglese non tragga in inganno, si tratta di una classica gara d'appalto bandita nel 2014 e che scade nel II trimestre 2017. L'appalto è per “beni e servizi per immobili”, la convenzione dura 36 mesi e il contratto di servizio tra i 4 e i 6 anni. I lotti degli immobili di enti pubblici per cui assicurare beni e servizi, sono collocati in molte regioni, dalla Val D'Aosta alla Puglia. Inclusi quelli dei Municipi del Comune di Roma.

Si tratta di 2,7 miliardi di euro di risorse pubbliche (lo 0,2% del Pil) da spendere ed il cui coordinamento è stato affidato alla mitica Consip (la centrale unica degli acquisti), una sorta di “garante” diventata un meta mito come l'Anac di Cantone.

Ma lì dove si muovono i soldi e si assegnano gli appalti per l'acquisto di beni e servizi, si precipitano con discrezione o rumore gli appetiti di molti.

Avere dall'interno una “soffiata” sull'aria che tira, sulle caratteristiche indispensabili per vincere uno o più lotti dell'appalto o sulle cose da non dire al telefono o in ufficio (perchè magari ci sono le cimici ordinate dalla magistratura) diventa così materia preziosa, talvolta da remunerare con mazzette, omaggi, scambi di favori.

Sarebbero queste “soffiate”, che diventano favoreggiamento e rivelazione di segreto, ad aver messo nei guai un membro del cerchio magico di Renzi, il piddino Luca Lotti, attualmente ministro allo Sport nel governo Gentiloni. Per ora si tratta solo di un avviso di garanzia, ma la Procura di Napoli da tempo ha avviato una indagine sulla corruzione all'interno della Consip, arrivando a piazzare cimici in alcuni uffici. “L'affare” si è ingrossato e, puntuale, è arrivata la Procura di Roma che per competenza territoriale si è avocato il ramo principale dell'indagine.

Nel filone originario – quello della Procura di Napoli – risultano indagati il dirigente della Consip Marco Gasparri e l'immobiliarista napoletano Alfredo Romeo (protagonista di una querela contro il nostro giornale e che ha come consulente l'ex parlamentare di An Italo Bocchino).

Gasparri è l'ex assessore alla sanità della Toscana, silurato dall'attuale presidente della Regione ma amico di Lotti e di Renzi, e da quest'ultimo nominato a capo della Consip come “ricompensa”. Convocato dai magistrati, Gasparri parla e chiama in causa prima il generale Saltalamacchia, capo dei Carabinieri della Legione Toscana e poi finisce indagato anche il Comandante stesso dell'Arma dei carabinieri, generale Del Sette. I due generali avrebbero saputo dell'indagine in corso e lo avevano rivelato al presidente della Consip, Luigi Ferrara.

Nei mesi scorsi, Gasparri aveva avuto il sospetto di avere delle cimici in ufficio (non gli sgradevoli insetti ma gli apparati-spia). Aveva fatto fare una bonifica che aveva dato esito positivo, ovvero le cimici c'erano davvero. Neutralizzato il problema per il presente e il futuro, restava il problema di cosa era stato detto in passato tra le mura di quell'ufficio. Chiamato a renderne conto dai magistrati di Napoli, Gasparri deve aver detto qualcosa di interessante e l'indagine ha visto partire avvisi di reato per il ministro Lotti e i generali Saltalamacchia e Delsette.

Ma la vicenda giudiziaria, nella sua fase “ricognitiva”, visto che un avviso di garanzia significa niente più di questo, ha anche seri risvolti politici sul governo.

Lotti è un ministro ed un altro ministro, quello della Difesa Pinotti, ha già detto che se ne frega delle indagini – “Non ci faremo condizionare” sembra abbia detto la ministra – ed ha fatto sapere che il generale Delsette non si tocca. Anche se a fine mandato, al generale era stata accordata un proroga di un anno del suo incarico.

Come abbiamo più volte sottolineato, detestiamo ogni vocazione giustizialista per cui un avviso di garanzia diventa immediatamente una condanna. Quello che riteniamo inaccettabile è il doppio standard. Abbiamo già visto il trattamento differenziato riservato dalla “politica” e dai mass media al sindaco di Milano, Sala (tornato al suo posto) e al sindaco di Roma, Raggi (per la quale è addirittura il giornale “La Repubblica” ad invocare un avviso di garanzia al quale far seguire invece le dimissioni). Rimane il problema per cui le mani nella marmellata, le soffiate, le “dritte” e l'accesso agli appalti/risorse pubbliche, sono sempre monopolio di cricche ben definite, spesso su base regionale. Adesso è il momento dei “toscani”, un giglio magico fiorito intorno a Renzi, per il quale la rottamazione “degli altri” è solo un pretesto per prenderne il posto.

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