L’incontro di ieri al Ministero dello Sviluppo economico, convocato dalla viceministro Teresa Bellanova, non ha avuto l’esito sperato: l’azienda ha confermato la chiusura del sito produttivo di Roma e il contestuale licenziamento dei 1.666 lavoratori Almaviva Contact di questa sede.
L’incontro era stato richiesto unitariamente dai sindacati dopo aver consultato – attraverso una raccolta di firme e un referendum – i lavoratori romani e avere verificato la volontà della maggioranza di accettare l’accordo del 21 dicembre. Alla luce di tale risultato i sindacati avevano chiesto che la “nuova” trattativa, che si dovrà concludere entro il 31 marzo 2017, coinvolgesse anche la sede di Roma. Da quanto si legge l’azienda avrebbe da un lato contestato il risultato della consultazione, dall’altro rifiutato di ritirare/sospendere i licenziamenti (operativi da oggi, 30 dicembre, secondo quanto comunicato con le lettere individuali inviate nei giorni scorsi), adducendo motivazioni di carattere giuridico-formale.
Vogliamo esprimere tutta la nostra solidarietà ai lavoratori, alle loro famiglie e ai delegati romani di Almaviva Contact che, se non verrà trovata una soluzione diversa da quella attuale, perderanno il posto di lavoro, pagando un conto amarissimo per situazioni su cui non hanno alcuna responsabilità, in primis la progressiva crisi del settore (gare, tariffe, delocalizzazioni) e l’insufficienza di regole e controlli.
Inoltre vogliamo dire all’azienda che, per quanto possano essere legittime le considerazioni formali a sostegno delle scelte fin qui fatte, oggi serve uno sforzo di natura diversa per tener conto della sostanza delle cose e affrontarle di conseguenza.
Nei prossimi tre mesi infatti si dovrà sviluppare una trattativa sui temi che la stessa azienda ha giudicato prioritari per recuperare il necessario equilibrio economico e produttivo (modalità di controllo a distanza secondo art. 4 legge 300/70; recupero efficienza e produttività; intervento temporaneo sul costo del lavoro). Questa trattativa è già di per sé molto complicata e la chiusura del sito di Roma non apre solo un dramma sociale ma equivale a minare il terreno del confronto che sta per essere avviato, pregiudicandone l’esito.Il prossimo futuro sarebbe segnato da una pioggia di ricorsi legali che determinerebbero una situazione di estrema incertezza proprio quando sia Almaviva Contact sia l’intero gruppo Almaviva hanno bisogno di maggiore stabilità per consolidare le opportunità di ripresa.
Al contrario, un gesto di responsabilità da parte dell’azienda sarebbe utile anche a restituire un po’ di credibilità e di rispetto al nome di Almaviva che – come ognuno di noi sta constatando quotidianamente – non era mai caduto così in basso.
Roma, 30 dicembre 2016
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