Quelli di Ankara e Berlino sono fatti correlati o slegati tra loro? Ipotesi e scenari all'indomani della nuova duplice destabilizzazione dei rapporti fra Europa e Medioriente
L’uccisione dell’ambasciatore russo ad Ankara e quella delle 12 persone a Berlino rendono indubitabile una affermazione: siamo di fronte ad effetti collaterali, contemporanei tra loro, della lunga guerra siriana
e di tutte quelle che a questa sono correlate. Differenti possono
essere però le combinazioni che hanno causato questi effetti. Certo, la
contemporaneità, due fatti così gravi in un solo giorno, colpisce. Allo
stesso tempo la drammatica complessità dello scenario mediorientale, e
delle sue relazioni con il continente europeo, impongono riflessioni
meno inclini all’affermazione spettacolo e più attenti alla
ricostruzione del contesto.
Ad esempio, commentando una serie di fatti che a nostro avviso sono tutt’altro che consolidati, Repubblica commentava come quanto sta accadendo, mettendo nel contesto (alla Trump) anche la sparatoria di Zurigo, come “la risposta del califfato all’occidente”. Il punto non è solo che, ancora dodici ore dalla strage di Berlino,
gli analisti tedeschi erano molto cauti e non avevano torto visto che
la polizia ha ammesso di aver arrestato una persona sbagliata: una cosa è
un’attentato pianificato da una rete, un’altra da un lupo solitario, di cui ne va valutata la tipologia. E anche se la Merkel
ha parlato di possibile attentato terroristico gli esiti tra queste
possibilità sono molto differenti. Il punto vero è che se i due fatti
sono collegati gli effetti collaterali in Europa della guerra siriana
trovano una regia. Altrimenti siamo alla sovrapposizione, non meno
pericolosa ma di diverso segno, di effetti devastanti sul continente.
Oppure, e neanche questo scenario è da scartare, può rivelarsi come
effetto collaterale della guerra in Siria, una serie di
fatti mortali costruiti dai media globali sullo stesso filo narrativo
della stessa guerra santa. Anche quest’ultimo scenario, visto che l’Isis
lo ha spinto al massimo, e riesce ancora a farlo nonostante le perdite,
quello della centralità della guerra mediale non va trascurato. Perché,
da sempre, guerra sul campo e guerra mediale sono intrecciate come
strumento bellico.
Si tratta quindi di capire se
siamo di fronte a una spettacolare, brutale semplificazione di scenario,
dove esiste una regia che distribuisce attentati in occidente nello
stesso giorno, oppure ad una sovrapposizione di conflitti che si
esaltano, pur essendo separati, in sinergia. Un esempio: se
tiene la rivendicazione, fatta dallo stesso attentatore di Ankara
ripreso sui ogni piattaforma mediale, di un omicidio fatto per vendicare
Aleppo risulta difficile, nel contesto, farci entrare il califfato.
Perchè Fatah al-Sham, erede di Al-Nusra, è implicata pienamente nella
vicenda di Aleppo, come altri gruppi non islamici, ma è separata da Isis
con propri obiettivi. Visto che Isis si è tenuta fuori da Aleppo.
Senza contare che l’attentatore di Ankara, già nella scorta di Erdogan,
va letto molto bene nella rete di contatti di cui faceva parte. E che
dire di Berlino? Ipotizzando che si tratti di un attentato preparato da
una rete va, eventualmente, ben collegato con il contesto siriano. Anche
qui di scontato non c’è niente.
Altro esempio, occhio qui a guardare solo alla Siria: nello scenario Afpak, dimenticatissimo fronte afghano-pakistano, il maggior fornitore di truppe europee in Afghanistan è proprio la Germania.
E si tratta di una guerra, quella afghana, che l’occidente sta perdendo
(o non riesce a vincere da 15 anni a seconda dei punti di vista). Se
l’attentato, e c’è davvero molto da dimostrare per arrivare a
trasformare questo scenario in realtà, venisse dall’Afghanistan più che
una reazione ad una disfatta, come ad Aleppo, potrebbe anche trattarsi di
una offensiva di forze vincenti in Europa. Quindi se sono due attentati
che stanno nello stesso contesto, e nello stesso giorno, occhio a
sinergie ma anche a differenziazioni. Potrebbe esserci una regia,
autonoma rispetto al “califfato” sparato da Repubblica,
in grado di distribuire attentati e far capire la propria forza.
Potrebbe esserci una sinergia, la scelta di sincronizzare attentati
diversi per ottimizzare l’effetto di reciproci obiettivi, il cui
significato va capito bene. Oppure potrebbe esserci un effetto media, di bomba informativa, su eventi diversi.
Tutti questi scenari, in modo
differente, danno lo stesso esito: effetti collaterali di guerra siriana
sul natale europeo. Ma ci sono anche due esiti molto chiari da non
sottovalutare: la Jihad, nelle sue diverse accezioni,
si è occidentalizzata assumendo, dagli anni ’90, il linguaggio e le forme
della comunicazione globale; l’occidente, anche qui
nelle sue diverse accezioni, combatte guerre non solo asimmetriche ma
nelle quali il concetto di amico e nemico si capovolge velocemente. Non è
uno scenario nuovo, è già accaduto durante il periodo coloniale, ma lo è
per gli schemi ai quali si era abituata la politica almeno fino al dopo
Torri gemelle. La situazione ricorda l’epoca della invasione araba
dalle Spagna: per lungo tempo i due schieramenti, spagnoli e arabi, si
usavano reciprocamente per dirimere controversie interne e conflitti di
ogni tipo.
Andiamo infine a vedere i paesi coinvolti: Russia e Turchia lo sono, da qualsiasi parte provenga realmente l’attentato, negli effetti politici dell’omicidio di Ankara. La Germania lo è, comunque sia andata, sulla questione dei profughi (la dichiarazione sullo stato di guerra di un esponente CDU guarda a questo) e delle elezioni del prossimo anno.
C’è poi da capire, in caso in cui sia individuato chiaramente uno
scenario “committente”, per la vicenda berlinese, come e se si lega alla
vicenda siriana. Di sicuro però, l’insediamento del nuovo inquilino alla Casa Bianca, ci dirà molto di nuovo su questa guerra asimmetrica che si gioca, tra guerra sul campo e attentati, tra Europa e Medio Oriente.
Redazione, 20 dicembre 2016
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