Ogni volta che sento Napolitano ho un moto di ammirazione per Ratzinger.
Benedetto XVI si è dimesso, dopo di che si è rinchiuso nel suo
silenzioso eremo, diventando quasi invisibile, e se qualche rarissima
volta, ha parlato, è stato solo in appoggio al suo successore. Uno stile
ed una correttezza che gli vanno riconosciuti. Napolitano, invece,
esterna a getto continuo come una condotta dell’acqua scoppiata.
D’accordo: ha diritto di parola come
tutti, in più è senatore ed ex presidente, il che lo rende autorevole,
ma nessun ex presidente, neppure Cossiga o Saragat, furono afflitti da
una simile incontinentia externandi. Ci vuole misura in tutto. Il che,
peraltro, la dice lunga sulla neutralità con cui ha esercitato il suo
mandato.
Veniamo al merito. Il 22 us Napolitano ha concesso una alluvionale intervista al Messaggero (o anche qui riassunta) sul referendum costituzionale che lo vede fra gli sconfitti, come egli stesso ammette. Il
succo della ennesima, lunghissima e non necessaria esternazione è che
la colpa della sconfitta è tutta di Renzi. Per la verità, più ancora che
di Renzi è del popolo bue che ha votato male e che, su certe materie, dovrebbe votare solo quando a ferragosto cade la neve, ça va sans dire, come aveva già affermato a proposito della Brexit.
Subito dopo il popolo che non capisce, è
stata colpa di Renzi che ha personalizzato troppo il confronto,
sottovalutando la sua impopolarità. E questo il past president lo aveva
detto già sul finire della campagna elettorale.
Ma soprattutto la critica si incentra
sulla infausta decisione di affiancare alla riforma costituzionale il
nuovo sistema elettorale dell’Italicum che avrebbe fornito al no un
formidabile argomento di propaganda. E qui il discorso merita qualche
chiosa. In effetti, il “combinato disposto” fra legge elettorale e
riforma costituzionale è stata il principale leit motiv della propaganda
del no (è argomento che ho largamente usato anche io) e simmetricamente
ha costituito il maggior punto di debolezza del SI, al punto di dover
annunciare, in piena campagna, che l’Italicum sarebbe stato sostituito.
Quindi, nell’appunto di Napolitano un elemento di verità c’è.
Però va anche detto che Italicum e
riforma costituzionale erano un unico progetto in cui un elemento
completava l’altro e Napolitano ne era perfettamente consapevole. Gli
scrupoli sul doppio turno, per cui uno che ha preso il 20% al primo
turno può prendersi un premio del 54% dei seggi, gli sono venuti solo
dopo, quando ha visto che erano i 5 stelle a vincere i ballottaggi. Per
tutto il periodo in cui si è discusso della legge lui non ha emesso
fiato. Questo sarebbe stato per 9 anni il “garante della Costituzione”!
Nessuno può dire che io abbia simpatie per Renzi, per carità,
ma di fronte ad una simile maramaldata si deve per forza dare ragione
al fiorentino che, peraltro, ci fa un figurone con il suo discorso dopo
la sconfitta della quale si addossava l’intera responsabilità. Ad un
avversario come Renzi si può rendere l’onore delle armi, ad uno come
Napolitano no.
In ogni caso cerchiamo di capire il perché di questa sfuriata dell’ex inquilino del Quirinale.
Solo un tentativo di fare scaricabarile? Sarebbe inutile perché,
appunto, Renzi si è assunto la responsabilità in esclusiva. Lo sfogo di
un rancore senile perché Renzi non lo sarebbe stato a sentire? Ma non
pare che dal Colle siano venuti a Renzi particolari consigli, che
peraltro, Napolitano non dice di aver dato. E comunque, l’ex Presidente è
un animale a sangue freddo: se fa una uscita del genere non è solo per
livore, ma c’è sempre un qualche disegno politico.
L’impressione che si ricava è quella di una lettera di licenziamento.
Come si sa, i due non si sono mai amati e l’uomo del Colle avrebbe
preferito di gran lunga Letta. Renzi fu accettato perché probabilmente
avrebbe avuto la forza – che Letta non avrebbe avuto – di costringere
tutto il suo partito sulla via della riforma costituzionale. Non è privo
di significato che fra i due non siano affatto mancati sgarbi reciproci
nei primi mesi di governo, mentre i rapporti sono nettamente migliorati
dopo le elezioni europee del 2014, quando Renzi ebbe il famoso 40% che
lo mise saldamente in sella.
Peraltro, dopo la bocciatura della Corte
Costituzionale, il 3 dicembre 2013, tutta la maggioranza di governo fu
concorde nel decidere una nuova legge elettorale maggioritaria e
Napolitano era d’accordo. Questo fece sì che Renzi fosse accolto (o
almeno sopportato) anche da molti di quei poteri forti che all’inizio
non lo avevano visto con simpatia. E Napolitano si fece garante presso
tutti per Renzi, in cambio della riforma costituzionale che stava a
cuore a tutti. E forse, si pensava anche ad un’ulteriore e più radicale
riforma dopo che il plebiscito avesse approvato questa prima rata. Un
disegno che avrebbe potuto anche sopravvivere ad una sconfitta di misura
(del tipo 48 a 52) ma che, dopo questa catastrofe, non può essere
riproposto per un lungo periodo. Di qui la decisione di “licenziare”
Renzi che non è stato capace di impedire questa sconfitta.
Napolitano (e chi gli sta dietro) non è minimamente interessato ad una seconda stagione renziana
che vede incapace sia di arginare l’onda montante “populista”, sia di
poter riattivare il ciclo di una riforma costituzionale. D’altra parte,
Renzi non è neppure proponibile per un accordo con Berlusconi, dopo la
rottura del gennaio 2015 e Napolitano pensa ad una “grande coalizione”
sul modello della “cittadella europeista” che regge il governo a Berlino
e a Strasburgo.
Napolitano sa che una eventuale
maggioranza M5s, Lega, Fratelli d’Italia potrebbe anche riaprire il
fascicolo della sua messa in stato d’accusa e cerca di scongiurare
questa eventualità.
Dunque, Renzi non serve più, va messo da parte e lasciato al suo destino quale che sia.
La traduzione dell’intervista è: “Ti avevamo affidato un compito ma lo
hai sbagliato. Ora te ne devi andare. Da tutto e per sempre”.
Non sembra privo di significato che non
dica nulla su Gentiloni che potrebbe essere la nuova carta su cui
puntare. Oppure non è da sottovalutare l’ipotesi di una carta
Franceschini come risultante del “patto dei due presidenti”, purché
rivolta anche essa ad una intesa “europeista”.
Forse Renzi avrà presto modo di constatare quale valanga di disgrazie seguirà questa intervista natalizia del suo ex garante.
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