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23/12/2016

MontePaschi “nazionalizzata”, per socializzare le perdite

E che Stato sia... Alla fine MontePaschi viene ripresa sotto il controllo pubblico, come sempre avviene quando “il mercato” fallisce. Nessuno – neanche l'Unione Euroea, che ha autorizzato l'operazione – mostra neanche un briciolo di stupore. Essì che viviamo in un mondo dominato dall'ossessione per la privatizzazione di tutto ciò che è pubblico, dall'astio scandalizzato verso qualsiasi ruolo dello Stato nell'economia.

Facciamo un breve elenco?

“Lo Stato non deve occuparsi della sanità, ma lasciarla gestire dai privati, che lo sanno fare meglio”.

“Lo Stato non deve occuparsi dell'istruzione, ma lasciarla gestire dai privati, che lo sanno fare meglio”

“Lo Stato non deve occuparsi delle pensioni, ma lasciarle gestire dai privati, che lo sanno fare meglio”

“Lo Stato non deve occuparsi del trasporto – locale e nazionale –, ma lasciarlo gestire dai privati, che lo sanno fare meglio”.

Eccetera. Scusate la ripetitività, ma il “pensiero unico” che domina sui media e nelle frasi degli “opinionisti” difetta di fantasia.

Naturalmente, tantomeno “lo Stato non deve occuparsi delle banche”, perché non ci dovrebbe essere attività economica che i privati sappiamo fare meglio. Ma quando una banca fallisce, viva l'intervento dello Stato!!

Purché sia temporaneo, naturalmente... Giusto il tempo di risanare, tappare i buchi con soldi pubblici, fare un nuovo piano industriale, e poi via!, lo Stato si tolga nuovamente dai piedi “perché i privati sanno fare meglio”.

In sintesi, il piano del governo Gentiloni-Renzi per MontePaschi è proprio questo, con qualche dettaglio tecnico in più. Non solo. Questo piano configura un format con cui affrontare altre crisi bancarie alle porte, perché il sistema creditizio italiano sarà pure “messo meglio di altri” – come blaterava Renzi fino a qualche settimana fa – ma comunque mostra falle paurose.

In dettaglio. Il piano di salvataggio è concordato passo passo con l'Unione Europea, che sorveglierà anche le modalità e l'entità degli eventuali rimborsi per gli “obbligazionisti subordinati”, ovvero quei correntisti inesperti che erano stati convinti dalla banca a mettere i propri soldi sui bond fuori mercato emessi dalla banca stessa. Un meccanismo truffaldino utilizzato da tutte le banche – basta ricordare i suicidi e le manifestazioni dei correntisti truffati da Banca Etruria – per rastrellare liquidità da investire in operazioni finanziarie di tipo speculativo.

La prima mossa riguarda proprio la garanzia (pubblica) della liquidità necessaria a MontePaschi per continuare ad operare. Nelle ultime settimane infatti, oltre alle perdite accumulate e alle “sofferenze” (oltre 27 miliardi...), l'istituto di Siena ha ovviamente registrato una fuga dei depositi, soprattutto quelli superiori ai 100.000 euro, per paura del fallimento o dell'inizio della procedura chiamata bail in (che per l'appunto chiama in causa, oltre ad azionisti e obbligazionisti, anche i normali correntisti al di sopra di quella cifra).

Per garantire la liquidità il governo aveva preparato un decreto che mette a disposizione 150 miliardi (quasi il 10% del Pil!) per affrontare tutte le crisi bancarie. Ovviamente sperano di non doverli utilizzare, se non in minima parte, ma non esiste alcuna certezza che non possa accadere.

L'ingresso dello Stato avviene con l'acquisto del “pacchetto di riferimento” delle azioni Mps, oggi a un livello molto basso, ed è previsto dall’articolo 32 della direttiva europea sul sistema bancario «Brrd». L'impegno deve però essere temporaneo; poi le quote del MontePaschi, una volta risanato, dovranno essere rimesse sul mercato.

Ma la spesa più grande è la ricapitalizzazione dell'istituto, ovvero – come minimo – quei 5 miliardi che “il mercato” ha ritenuto di non dover impegnare nel salvataggio.

Dal punto di vista contabile, per lo Stato, si tratta di aumentare il debito pubblico, già particolarmente alto. Ma secondo le regole europee questa operazione non finirebbe per gravare sul deficit (il che avrebbe richiesto una maxi manovra correttiva sulla legge di stabilità). Per questo motivo il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan può dire che “l’operazione è una tantum e non strutturale”.

L'ingresso dello Stato azzera tutte le mosse preparatorie fatte fin qui nel tentativo di fare un “salvataggio di mercato”, compressa la “conversione” delle obbligazioni in azioni, cui avevano aderito un po' di clienti retail. Stesso discorso per il “piano industriale” fin qui messo a punto (chiusura di sportelli, licenziamenti, ecc). Sarà il ministero del Tesoro a redigerne uno. E idem anche per lo smaltimento dei non performig loans (i crediti inesigibili o “sofferenze”), di cui verranno determinati nuovi criteri.

Il principale resterà comunque la «condivisione dei costi» (burden sharing) a carico degli obbligazionisti subordinati, che subiranno la conversione forzata a prezzi molto più bassi rispetto a quelli ipotizzati dal meccanismo volontario. Messa così, sarebbe una fregatura in stile Banca Etruria, ma il governo asserisce di aver ricevuto l'autorizzazione della Commissione Europea per rimborsare quasi completamente («minimizzare o rendere inesistenti» le perdite) gli sventurati obbligazionisti. Vedremo.

Anche perché l'Unione Europea, come detto, sorveglierà da vicinissimo ogni passaggio dell'operazione. Per esempio, sarà la Commissione a dare il via libera al prezzo di conversione dei bond subordinati, così come le modalità di rimborso per i piccoli investitori.

Per reperire i fondi necessari – fino a 20 miliardi, a breve termine (non solo per Mps) – lo Stato italiano emetterà nuovi titoli di debito, che avranno impatto appunto sulla contabilità del 2017 e produrranno un costo per il pagamento degli interessi.

Nelle pieghe del decreto varato nella notte ci sono molte altre decisioni riguardanti il sistema bancario, come gli sgravi fiscali per le imposte differite (Dta), il rinvio della trasformazione in spa di alcune banche popolari, interventi sulla banche di credito cooperativo, ecc.

Dunque, c'è stata una prima nazionalizzazione di una banca. La cosa sarebbe addirittura da salutare con favore, se fosse duratura e dunque strutturale. Ma così non è. Il capitale finanziario multinazionale non tollera intrusioni durature del “pubblico” nella più privata delle attività economiche. Lo Stato viene invocato perciò come “crocerossina” dei privati, e per il tempo strettamente necessario alle cure.

Non è una novità Si chiama “socializzazione delle perdite” – tutti i debiti vanno a carico nostro –, mentre i profitti (quando ci saranno di nuovo, anche per Mps) debbono restare strettamente privati. Ci mancherebbe...

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