Alla faccia delle frasi di circostanza (“il nostro sistema bancario è solido”, diceva Pier Carlo Padona fino a ieri). Il salvataggio di MontePaschi, da solo, rischia di assorbire almeno la metà delle riserve finanziarie approvate dal governo, ma che si sperava di non dover nemmeno utilizzare.
L'illusione di un bail out dolce, travestito da bail in solo pro forma, si è spento stamattina, quando è arrivata la lettere della Bce. Per salvare davvero MontePaschi servono 8,8 miliardi, quasi il doppio dei 5 previsti dal ministro dell'economia. In pratica, quasi lo 0,6% del prodotto interno lordo italiano potrebbe volatizzarsi (sotto forma di aumento del debito pubblico) solo per questa operazione. Non c'è male per un governo che giura di essere dalla parte del “popolo”, non delle banche...
La Banca Centrale Europea, più o meno con le stesse modalità usate nell'agosto del 2011, interviene a piedi uniti su una decisione del governo italiano. Stavolta a parlare non è stato il presidente, ma “solo” l’Autorità di Vigilanza europea presso la Bce; ma il risultato non cambia.
Nelle stesse ore il consiglio di amministrazione di Siena stava preparando l'aumento di capitale “precauzionale”, con la garanzia dello Stato. Ora dovrà rivedersi velocemente, per prendere atto dei rilievi della Bce e assicurarsi che la maggiore entità dello sforzo pubblico possa comunque essere garantita.
La sorpresa, nelle autorità italiche, è stato notevole, sembra. Nella quantificazione a 5 miliardi, infatti, i calcoli potevano tenere conto di 2,3 miliardi derivanti dalla conversione delle obbligazioni in azioni (una svalutazione di fatto, a carico dei sottoscrittori); un prima tegola era caduta quando le “adesioni volontarie” si erano fermate a 1,7 miliardi. In più, bisognerà vedere se il promesso rimborso degli obbligazionisti – circa 2 miliardi – sarà totale oppure con il “braccino corto”. Già ora gli analisti più vicini al ministero fanno capire che “non tutti gli obbligazionisti sono stati truffati” (tradotto: non tutti verranno rimborsati, tantomeno per intero).
Insomma: se fino a stamattina lo Stato avrebbe concorso con una cifra oscillante tra i 2,7 e i 3,3 miliardi (più quanto necessario per un rimborso non solo virtuale), improvvisamente la cifra arrivava a levitare fino ai 6,5 miliardi. Almeno...
A premere per un “maggior rigore” sono stati ovviamente i tedeschi. Proprio ieri Jens Weidmann, presidente di Bundesbank e membro molto critico del board Bce, ricordava che «Per le misure decise dal governo italiano le banche devono essere finanziariamente sane. I fondi non possono essere usati per coprire le perdite già previste». Difficile pensare che i membri tedeschi dell'Autorità di Vigilanza non abbiano tradotto questo pensiero in pressioni molto decise per far adottare criteri di valutazione simili a quelli usati per le banche greche. Ossia fallite.
Questa durezza non mancherà di pesare su tutto il sistema bancario che necessita di sostegno urgente (in pole position c'è Unicredit, che rappresenta ancora il primo istituto italiano per dimensioni). E quindi sulla “libertà” del governo in carica di usare metodi ritenuti non consoni. Un commissariamento ancora più stringente, da parte delle istituzioni europee, che spingono apertamente l'Italia verso la richiesta di appoggio al cosiddetto salva-stati, che comporterebbe la perdita totale delle residue forme di “sovranità” finanziaria.
Non c'è che dire... La sbruffoneria di Renzi in Europa ha lasciato veramente una grande impressione!
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