In breve tempo si sono succeduti tre
avvenimenti che non sembrano collegati da nulla, ma che forse in qualche
modo lo sono, magari solo in parte: l’uccisione dell’ambasciatore russo
in Turchia, l’attentato di Berlino con relativa uccisione a distanza
dell’attentatore, infine la caduta dell’aereo russo nel mar Nero. Non
abbiamo alcun elemento concreto che colleghi un episodio all’altro,
possiamo solo osservare alcune stranezze, coincidenze, evidenze.
Iniziamo dall'assassinio dell’ambasciatore russo
compiuto da un poliziotto turco che non si capisce se lo abbia fatto
per simpatie integraliste (come il grido “Allah akbar” e il riferimento
ad Aleppo farebbero pensare) o per altre motivazioni meno palesi.
Comunque non potrà dircelo perché è rimasto ucciso ed anche questo è un
classico di queste storie: l’attentatore che muore sul posto, mai che
riescano a ferire questi attentatori ed interrogarli. Di fatto è
evidente che questo potrebbe essere una vendetta dell’Isis per
l’intervento russo in Siria. Ma a gioire di questo episodio potrebbero
essere anche altri: ad esempio, una grana nei rapporti fra Ankara e
Mosca probabilmente non dispiace affatto agli americani che, dal colpo
di stato di luglio in poi, hanno ben pochi motivi per stare sereni. E,
guarda caso, questo accade pochi giorni prima che Obama lasci una grana
sotto il camino di Trump, sbattendo fuori una trentina di diplomatici
russi, così da ostacolare la distensione Usa-Russia. O ancora, gli
oppositori interni di Erdogan: i turchi hanno detto che dietro c’è
Gulen, ma prove di una pista o dell’altra? Neanche l’ombra.
E veniamo all’aereo russo caduto nel Mar Nero. La
cosa più strana di questa vicenda è stata la fretta con la quale le
autorità hanno negato l’attentato terroristico, salvo poi rettificare il
tiro e dire che questa matrice non può essere esclusa, per poi tornare
subito a negarla. Perché tanta fretta e queste oscillazioni? Tanto più
che è evidente come, a poche ore (se non minuti) dal disastro, non è
umanamente possibile né escludere né considerare una pista qualsiasi e
per di più, a bordo dell’aereo, oltre che il coro dell’Armata rossa (di
per sé un obiettivo simbolico) c’era il capo della polizia militare, e
l’aereo era diretto in Siria. Ora si parla di incidente, però ci sono
aspetti che non quadrano: girano voci (smentite dalle autorità) che
alcuni cadaveri indossavano i giubbetti di salvataggio, ma sino a
pochissimo prima la torre di controllo aveva parlato con il pilota e
sembrava tutto calmo. Si parla di un pezzo caduto nel motore non si
capisce in quale modo e perché, inoltre l’aereo era stato revisionato a
settembre. Ma soprattutto, un pezzo che si stacca da solo non esclude
affatto un attentato in forma di sabotaggio. Perché escluderlo? Questo
ricorda la storia dell’aereo caduto nella zona del Sinai nell’autunno
del 2016: anche in quel caso i russi esclusero dal primo momento e con
forza che si trattasse di un attentato, ma poi è venuto fuori che fu
abbattuto. Perché questo interesse a negare attentati nei quali si è
vittime?
Vero è che in questo caso non c’è alcuna
rivendicazione che, per logica, avrebbe dovuto esserci. Di fatto,
uccisione dell’ambasciatore (anche qui nessuna rivendicazione) e caduta
dell’aereo si succedono a brevissima distanza di tempo che è di per sé
sospetta. Pertanto, anche qui abbiamo pochissimi elementi per capire, ma
molti sospetti da risolvere.
Berlino: ci sono forti somiglianze con Nizza nella metodologia,
e somiglianze con Charlie Hebdo, circa strani comportamenti. Ad esempio
la stranezza di questi terroristi che vanno a fare attentati
scrupolosamente con documenti che poi lasciano nel mezzo usato.
Distrazione? E non mi spiego neppure come ha fatto il personaggio a
girare mezza Europa, per venire in Italia via Olanda (sic!), passare
diverse frontiere e diverse stazioni senza essere riconosciuto dalle
telecamere. Poi in Italia viene inquadrato dalle telecamere all’uscita
della stazione di Milano, ma non viene né fermato né seguito, forse
perché non riconosciuto per finire casualmente a Sesto San Giovanni.
Insomma se queste telecamere non servono neppure ad identificare il super ricercato del momento che le teniamo a fare?
Comunque, in questi attentati c’è sempre
qualcosa che non si capisce bene. Ovviamente non penso affatto che si
tratti di un episodio di strategia della tensione in salsa islamista:
l’attentato è quello che sembra, una strage pensata ed eseguita da
islamisti radicalizzati, per dimostrare di esistere ancora, solo che in
queste circostanze ci sono mille pasticci, confusioni, versioni
inventate per far quadrare i conti nell’immediatezza che poi vengono
rabberciate. Ed anche la mitica polizia tedesca fa pasticci come tutte
le altre.
Cosa ci dice questo attentato? Ho
l’impressione che il terrorismo jihadista, per lo meno quello di marca
Isis, sia in difficoltà. Rispetto al ciclo di attentati iniziato con la
strage di Charlie Hebdo e poi proseguito sino a Nizza, si ha la
sensazione di un’azione molto meno complessa, forse improvvisata o
quasi, e forse neppure ascrivibile direttamente all’Isis ma opera di una
cellula isolata (infatti manca rivendicazione credibile).
Almeno per ora, fortunatamente, non
seguito dallo sciame terroristico cui siamo abituati. Il che, dopo
l’offensiva subita ad Aleppo e Mosul sembra molto poco. Si ha quasi la
sensazione di un esaurimento di questo ciclo dello jihadismo. Ma
ovviamente è presto per dirlo, per ora possiamo avere solo l’impressione
di una fase calante nella quale l’Isis raschia il fondo del barile, a
meno che non si stia concentrando sulla Russia, ed allora le due vicende
precedenti vanno lette in un’altra ottica, nella quale c’è un conflitto
coperto in cui l’attentatore non rivendica e l’aggredito nega di ave
subito un attentato. Resterebbe da capire perché.
In ogni caso, anche se l’Isis dovesse
perdere il suo dominio territoriale e ridursi solo ad una forma di
guerriglia fra Siria ed Iraq, questo non vorrebbe dire che è finito o
sta finendo lo scontro con lo jihadismo: dopo Al Quaeda e dopo l’Isis potrebbe esserci un nuovo ciclo.
Nel complesso abbiamo tre casi di difficile interpretabilità,
ma tutti in qualche modo riconducibili al quadro mediorientale. Un
quadro frammentario ed oscuro, nel quale forse uno dei tre avvenimenti
può essere casuale (in fondo, gli aerei cadono anche per errore di
manovra o per cedimento strutturale) ma che non si può escludere neppure
che sia nella serie. Ed anche se la questione dell’aereo russo fosse
solo un incidente, gli altri due eventi sono sicuramente delittuosi e
non può escludersi che abbiano un qualche rapporto fra loro. Ed è questa
fitta nebbia che ci impedisce di capire cosa stia succedendo il dato
più inquietante che ci fa temere si stia preparando un “botto” senza
precedenti. Ovviamente speriamo di sbagliarci.
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