La questione dello spostamento della City da Londra prosegue il suo percorso. Nelle ultime settimane ci sono stati incontri fra i principali esponenti della City e le autorità interessate di Parigi e Francoforte.
I francesi hanno fatto presente ai loro interlocutori
l’alto livello della gastronomia francese, la qualità della vita e il
livello artistico della città, concludendo il tutto con la frase
testuale (riportata dal Telegraph): “Ma quando è stata l’ultima volta che avete portato la vostra compagna, per un viaggio di piacere a Francoforte?”.
In effetti, Parigi va lasciata stare per certe cose, ma gli ascoltatori
non si sono lasciati incantare ed hanno snocciolato le cose che non li
convincono: le tasse troppo forti (dal loro punto di vista) per i
redditi più alti introdotti da Hollande, la tassazione più alta d’Europa
(dopo la Svezia) sulle imprese, la rigidità delle regole sul lavoro,
inaccettabile dal loro punto di vista, poi il rischio terrorismo (e loro
dovrebbero portarci anche le famiglie). Tacendo poi il motivo più
serio: il rischio Le Pen che potrebbe portare la Francia fuori dalla Ue,
dopo di che non si sa come va a finire il tutto, ma occorrerebbe di
nuovo spostarsi. Morale: per ora non se ne parla, almeno sino al voto
per il Presidente. Unica banca a dirsi favorevole a Parigi è stata la
Hong Kong and Shanghai Bank Corporation.
Più abili e professionali sono stati i tedeschi che
hanno sottolineato i vantaggi rappresentati dalla presenza della Ue,
dalla posizione geografica più centrale in Europa ecc. Ma Francoforte ha
limiti strutturali difficili da superare, a cominciare dalla scarsa
disponibilità di appartamenti per uffici ed abitazione rispetto ad una
domanda così massiccia e simultanea. A meno che non vogliate mettere un
manager con relativa famiglia in un bilo o trilocale in periferia... Per
non dire della scarsa attrattività extra lavorativa su cui avevano
ricamato i francesi (in effetti, i ristoranti tedeschi, in genere,
offrono sempre gli stessi sei o sette piatti: una noia mortale!). E
questo per tacere il vero motivo di avversione che è l’ostilità verso la
guida tedesca degli affari europei. Morale: unica banca che si è
espressa per Francoforte è stata la svizzera Ubs.
Gli altri stanno tutti a guardare, per ora. Milano (purtroppo) è sempre più in pole position:
costo del lavoro basso, imposizione fiscale “ragionevole” ed, al caso,
trattabile, borsa già integrata con quella londinese, buona qualità
della vita oltre il lavoro. Anche uno dei punti deboli, l’eccessiva
lentezza della giustizia, sembra superato dalla decisione della Consob
di costituire un ufficio per le mediazioni estragiudiziali, che risolva
le controversie in tempi accettabili. Soprattutto Milano, per un colpo
di fortuna, si trova ad avere una larga disponibilità immobiliare (i
grattacieli della zona ex fiera stanno svuotando il centro, così come la
Regione sta svuotando il Pirellone ecc.), per cui potrebbe facilmente
accogliere tutti. Insomma condizioni ottimali, se non fosse che (almeno
per ora) esita ad avanzare la sua candidatura: il comune, dopo la visita
di Sala a Londra a giugno, non ha fatto alcun passo concreto preferendo dedicarsi al ben meno consistente pacchetto della Agenzia Europea del Farmaco
(a proposito del quale sono incorso in un errore: 20.000 non sono i
dipendenti che si trasferirebbero – non più di 300 – ma i rappresentanti
delle varie imprese farmaceutiche, che ovviamente, fanno visite
frequenti, ma non hanno motivo di trasferirsi). Anche il Corriere non si
sta affatto spendendo sul tema che, anzi è apertamente snobbato.
Come mai tanta freddezza? Non so se Sala sia in
grado di giocare una partita così complessa; di fatto, noto che, dopo la
caduta di Renzi, Sala sembra essersi immerso sott’acqua. In effetti,
una partita del genere avrebbe bisogno di un appoggio governativo, ma il
governo Gentiloni quanto dura? Che rapporti ha Sala con l’attuale
inquilino di Palazzo Chigi? Quanto è preso sul serio Gentiloni a livello
internazionale? Tenete conto che il ministro degli Esteri è Alfano...
Peraltro, è plausibile che il governo (per di più presieduto da un
romano) non veda di buon occhio un progetto come la City a Milano: fra
la Capitale e la “Capitale Morale” c’è sempre stata rivalità, ma, nel
complesso si sono sempre compensate (a Roma la Politica, a Milano gli
affari). Ma adesso le cose si stanno sbilanciando troppo radicalmente
fra una Milano che, pur non nel suo momento migliore, tende a
riprendersi e salire ed una Roma che precipita sempre più. Mai c’è stato
un dislivello così forte e crescente fra le due città. L’arrivo della
City a Milano potrebbe essere il peso che fa pendere la bilancia verso
il piatto lombardo.
Personalmente non sono un tifoso della City milanese,
di cui temo i contraccolpi sociali, ma, al di là delle preferenze, c’è
da capire cosa significa oggettivamente un avvenimento di questo peso e
le sue conseguenze. La più evidente delle quali potrebbe essere il forte
lancio del progetto “Milano città-Stato”.
Esclusa la possibilità di trasferire la Capitale per ovvie ragioni
storiche ed anche ambientali (in fondo a Roma resta pur sempre la Santa
Sede) ed essendo poco probabile un progetto separatista del Nord, è
difficile anche immaginare che Milano si adatti a restare nel suo ruolo
cadetto e passare per Roma per i suoi contatti internazionali.
Milano rappresenta già da sempre il maggior polo finanziario del
paese, è diventata anche la capitale della moda, la maggiore
concentrazione editoriale e, per certi versi, culturale italiana, può
giocare un ruolo importante per l’industria alimentare (che è una delle
eccellenze del paese) e sta realizzando una buona concentrazione
giornalistica e televisiva. Con l’arrivo della City si svilupperebbe un
indotto di notevoli proporzioni. Tanto per fare un esempio, è realistico
pensare che gli aeroporti milanesi, come scali internazionali
crescerebbero di molto surclassando il nodo romano.
Ed allora, resterebbe ancora la seconda città italiana o sarebbe
tentata di giocare un ruolo internazionale autonomo? Certo a differenza
di altre città stato, come Hong Kong, Singapore o Amsterdam non ha un
accesso al mare, ma può compensare con altro ed è sempre possibile lo
sviluppo di un asse privilegiato con Genova che non è dalla parte del
mondo e, in fondo, una città simile senza accesso diretto al mare c’è ed
è Amburgo. Immaginiamo che tutto questo sia assai poco gradito agli
ambienti romani a cominciare dall’alta diplomazia, dalla politica, dalla
diplomazia e da comandi militari. In particolare la diplomazia avrebbe
di che temere la concorrenza dell’iniziativa internazionale della città
stato.
Insomma, è difficile dire cosa succederà, e magari non se ne farà nulla, ma è per lo meno strano che se ne parli così poco.
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