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07/02/2017

W. Münchau sul FT: Sulla Germania e l’Euro ha Ragione Peter Navarro

Nel suo editoriale sul Financial Times, il tedesco Wolfgang Münchau di fatto dà ragione all’amministrazione Trump che considera la Germania come un paese manipolatore di valuta, a causa di un euro troppo svalutato (per l’economia tedesca) e del surplus commerciale più alto al mondo. Secondo Münchau stando dentro l’euro la situazione è insanabile, perché i maggiori partiti tedeschi – che governano ora e governeranno quasi certamente anche dopo le elezioni di settembre – si sono compromessi con l’ideologia dell’austerità a tal punto che ora è per loro politicamente impossibile cambiare direzione.

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di Wolfgang Münchau, 05 febbraio 2017

La Germania è una paese manipolatore di valuta? La risposta dipende dalla definizione che si dà. In ogni caso, però, non ci dovremmo fingere sorpresi o indignati se a un certo punto qualcuno si lamenta degli ampi e persistenti squilibri della Germania. Lo scorso anno il surplus tedesco delle partite correnti è arrivato al 9 percento del prodotto interno lordo, ed è il più ampio al mondo in termini assoluti.

Perché la Germania sta accumulando un surplus così ampio? La risposta superficiale è che non ha più una propria valuta, e con essa non ha più un tasso di cambio nominale che possa oscillare. Questo però non coglie le dinamiche sottostanti. Durante la crisi dell’eurozona la Germania ha insistito a imporre l’austerità fiscale all’intero blocco dell’eurozona. Ha imposto anche a se stessa la regola del pareggio di bilancio in Costituzione. Questo impedisce al settore pubblico tedesco di andare in deficit in misura tale da poter compensare il surplus del settore privato. La radice del surplus strutturale della Germania sta in una combinazione di rigide regole fiscali e di una moneta resa debole dalle misure che si sono rese necessarie per far fronte alle conseguenze di una gestione incompetente della crisi dell’eurozona.

Quando Peter Navarro, capo del Consiglio Nazionale per il Commercio dell’amministrazione Trump, parla di un “marco tedesco mascherato ... che è fortemente svalutato”, ha ragione. Ha ragione anche quando dice che “lo squilibrio strutturale del commercio tedesco rispetto al resto dell’UE e rispetto agli Stati Uniti mette in luce l’eterogeneità economica all’interno della UE”.

Dall’inizio del 2013 ad oggi il tasso di cambio reale effettivo del dollaro rispetto a un ampio paniere di monete estere è salito del 24 percento. Questo è dovuto prevalentemente agli ampi aggiustamenti rispetto allo yen e all’euro. Ciò significa che la Germania e il Giappone sono paesi manipolatori di valuta? Secondo la definizione strettamente statunitense la risposta è “quasi ma non del tutto”. I criteri definiti dall’amministrazione Obama per classificare un paese come manipolatore di valuta sono i seguenti: che il paese sia un importante partner commerciale degli USA, con un volume di commercio superiore a 55 miliardi di dollari all’anno; che il paese accumuli un ampio surplus commerciale rispetto agli USA, ovvero oltre 20 miliardi di dollari all’anno; che il paese abbia complessivamente un ampio surplus delle partite correnti, ovvero almeno il 3 percento del suo PIL; infine, che il paese intervenga ripetutamente e unilateralmente sul mercato internazionale dei cambi.

La Germania soddisfa tranquillamente i primi tre criteri, ma non il quarto. Dato che la Germania non ha una propria moneta, si potrebbe dire che il quarto criterio non le possa essere applicato. Tuttavia, sebbene la Germania non stia manipolando il tasso di cambio nominale dell’euro tramite interventi sui mercati valutari, sta in effetti manipolando il tasso di cambio reale. Pensate al tasso di cambio reale dell’euro rispetto al dollaro come fosse la relazione tra il costo di un Airbus 380 europeo e un Boeing 747 americano. La Germania ha depresso i salari reali dei propri lavoratori e ha promosso nell’intera eurozona una combinazione di politiche economiche che hanno portato a un euro più debole. In altre parole, ha manipolato alcune delle variabili economiche che hanno reso l’Airbus 380 meno costoso del Boeing 747.

Quindi, affinché la Germania possa essere considerata come un paese manipolatore della valuta secondo la lista dei criteri americani, è sufficiente spostare l’accento dal tasso di cambio nominale a quello reale. I funzionari e gli economisti tedeschi hanno sempre scrollato le spalle di fronte a critiche di questo tipo. La stessa Commissione europea invia alla Germania ogni anno simili ammonimenti. E ogni anno la Germania li ignora. La narrazione dei tedeschi è che il surplus delle partite correnti è segno di forza economica, oppure segno di debolezza degli altri, e che il governo non ha comunque gli strumenti politici per far diminuire il surplus, a causa degli obblighi imposti dalle politiche fiscali.

Alcuni economisti tedeschi, come Marcel Fratzscher del DIW Institute di Berlino, o Jeromin Zettelmeyer del Peterson Institute of International Economics, continuano a ripetere che la Germania dovrebbe fare maggiori investimenti. Ciò ridurrebbe l’attuale surplus delle partite correnti. Questo è vero, ma trascura i vincoli politici.

Data la posizione dogmatica sulla necessità del surplus fiscale assunta dal partito dei Cristiano-democratici attualmente al governo, ciò significa che per avere un minore surplus delle partite correnti non basta che Angela Merkel perda le prossime elezioni di settembre; è anche necessario che il suo partito non sia più nella coalizione di governo.

In altre parole, la soluzione richiederebbe o un governo di estrema sinistra, una coalizione di SPD, Verdi e Linke, o una maggioranza assoluta del partito anti-euro Alternativa per la Germania. Tanti auguri. (E comunque, non bisogna dimenticarsi che anche la SPD ha sostenuto il pareggio di bilancio in Costituzione). Chiedere maggiori investimenti ora, con il clima politico attuale, è quasi altrettanto realistico che chiedere alla fatina del dentino di prendere tutte le monetine del surplus tedesco e redistribuirle tra tutti quelli che ne hanno bisogno in eurozona.

Nel mondo reale, invece, il surplus delle partite correnti continuerà, e le critiche degli USA si faranno sempre più forti. A differenza della Commissione europea, però, gli USA hanno un certo potere.

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