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01/04/2017

Gli interessi in gioco sul Tap. Una fregatura per il territorio

E’ probabile che da lunedì ricomincerà il braccio di ferro sul campo tra attivisti e comunità locali contro le autorità che vogliono imporre la Tap sul territorio salentino. Così come nel caso della Tav in Val di Susa, gli affaristi e le multinazionali hanno arruolato uno stuolo di comunicatori ed esperti disposti a certificare l’utilità dell’opera e la sciagura che ne deriverebbe in caso di sospensione. Le panzane distribuite e smentite sulla Tav hanno ormai allenato molte persone a diffidare di queste campagne di moral suasion che anticipano e accompagnano troppo spesso le manganellate degli agenti. Proviamo allora a fare alcune domande e fornire alcune risposte.

Chi sono gli azionisti del Trans Adriatic Pipeline (Tap)?

Con il 20% delle azioni Snam (Italia) BP (Gran Bretagna), Socar (Azerbaijan), con il 19% Fluxys (Belgio), Enagas con il 16% (Spagna), con il 5% Axpo (Svizzera). La sede è in Svizzera.

Questo gasdotto fa parte del più grande progetto denominato Corridoio Sud del Gas di cui fanno parte il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) e il Trans Caspian Gas Pipeline. Secondo quanto descritto nel Progetto definitivo, il tratto italiano del gasdotto dovrebbe avere una portata di 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno, con la possibilità di un aumento di portata nel futuro fino a 20 miliardi di metri cubi.

La sezione italiana del progetto TAP prevede la costruzione di una condotta sottomarina (tratto offshore) lunga circa45 km (a partire dalla linea mediana del mare Adriatico),di una condotta interrata (tratto onshore) lunga circa 8 km e di un Terminale di Ricezione del Gasdotto (Pipeline Receiving Terminal- PRT) ubicato nel Comune di Melendugno (LE).

Ma l’Italia sarà veramente strategica per la Tap?

La firma dei contratti con l’Azerbaijan da parte della tedesca E.On e della francese Suez Gaz de France confermano l’obiettivo del prolungamento della TAP in Svizzera, Germania, Francia, Belgio e Gran Bretagna. È interesse del colosso britannico British Petroleum, di quello norvegese Statoil, di quello azero SOCAR, della compagnia belga Fluxys, della francese Total, della tedesca E.On e della svizzera AXPO terminare la TAP in Europa Nord-Occidentale, e non in Italia. Se questo dovesse accadere, l’Italia si troverebbe ridotta dal ruolo di principale hub nell’Unione Europea del gas proveniente dall’Azerbaijan a mero paese di transito dell’oro blu azero verso il Nord-Europa, senza avere neanche negoziato i diritti di passaggio del carburante in termini economici (le famose royalties).

Ma a che e a chi serve il Tap?

Sentiamo cosa dice il manager addetto alla sezione italiana del progetto. Rispondendo alle domande dell’Osservatorio delle “relazioni tra territori e imprese”, Elia ci spiega questo:
“TAP è la parte terminale di un più grande progetto, davvero strategico per l’Europa: l’apertura del Corridoio meridionale del gas che collegherà il nostro continente immediatamente all’Azerbaigian e ai suoi giacimenti del Mar Caspio, ma più in generale a un’area assai vasta (dal Caspio, appunto all’Iran al Medio Oriente, al Mediterraneo Orientale) che detiene immense riserve di gas naturale. Questo garantirà la diversificazione e quindi la sicurezza delle fonti di approvvigionamento energetico, riducendo la dipendenza attuale da una troppo ristretta rosa di produttori. L’Italia, che sarà la porta d’ingresso di questo gas nel mercato europeo ne guadagnerà in termini geopolitici ma anche in termini economici: più produttori significa più concorrenza, con effetti che potremo vedere in bolletta e anche in termini di diritti di transito da pagare al gestore di rete italiano”.
Nulla, dalla risposta di Elia, traspare sulle ricadute economiche per il territorio, si parla solo di vantaggi geopolitici e ampliamento della concorrenza.

Michele Mario Elia dal 2006 al 2014 è stato amministratore delegato di RFI (Fs) e dal 2014 al 2015 è stato Amministratore Delegato di FS. Nel 2016 viene nominato Country Manager Italia di Tap (Trans adriatic pipeline). Il 31 gennaio 2017, in qualità di ex amministratore delegato di Rfi, è stato condannato a 7 anni e 6 mesi di reclusione per la strage di Viareggio.

Dalla Tav in Val di Susa alla Tap nel Salento, i personaggi che ruotano intorno a questi affari non sembrano proprio brave persone.

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