Lacrime di circostanza, ma nessuna iniziativa militare. E nemmeno diplomatica. Se esistesse un'informazione minimamente obiettiva la strage dei bambini sciiti in fuga da Foua and Kfarya, attirati attorno a un pullmino che distribuiva croccantini e patatine, polverizzati da un'autobomba jihadista, avremmo visto chiedere – quantomeno – un "trattamento" simile a quello riservato all'aviazione di Assad dopo l'ormai famoso "attacco con i gas".
La provincia è la stessa, Idlib, i protagonisti anche (sunniti e sciiti, esercito di Assad e "ribelli" – dizione pudica che indica Al Qaeda e Isis, più altri gruppi direttamente finanziati dall'Occidente e/o dalle petromonarchie del Golfo –).
Ancora più facile capire chi sia stato l'autore o il mandante (la bomba è esplosa in mezzo agli sciiti, durante lo scambio di popolazione tra quattro villaggi – due sciiti in territorio ormai controllato da milizie integraliste sunnite e due sunniti nell'area sotto il controlllo di Assad, preludio della spartizione della Siria tra aree tribali e protettori stranieri differenti –).
E invece nulla. Foto del fotografo che smette di fare scatti e si mette a soccorrere i feriti, commenti vaghi sull'infamità della guerra, nessuna reazione da parte degli ormai famosi "elmetti bianchi" tanto osannati ai tempi dell'assedio di Aleppo e poi identificati come la "croce rossa di Al Qaeda".
Almeno 126 morti, più della metà bambini, che non metteranno in moto alcuna reazione. Da questa parte del mondo. E' scontato invece che sia già ora un'altra pietra inamovibile nella millenaria storia del conflitto interno all'Islam. Con i servi infami dell'Occidente che non mollano neanche per un attimo i bottoni che comandano l'indignazione a comando.
Le stragi non sono tutte uguali, i bambini non sono più tutti altrettanto innocenti. Quelli che serve far fuori per affermare "i nostri" interessi, in fondo, sono meno bambini degli altri…
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