Pare che, grazie anche al nuovo sistema elettorale, la cosiddetta sinistra radicale si avvii all’ennesimo suicidio, questa volta sotto le insegne di Giuliano Pisapia.
La XFactor del quotidiano La Repubblica, la stessa che aveva lanciato Matteo Renzi, sta ora proponendo come futuro leader l’ex sindaco di Milano. Pisapia ha tutte le carte in regola per essere sostenuto dalla élite economico politica di cui il quotidiano romano è da sempre la punta di diamante. Fu eletto sindaco sull’onda di un movimento, quello arancione, che presentava genuine istanze di cambiamento in un contesto di confusione e smarrimento politico e culturale. La sinistra, alla ricerca di un leader presentabile con la stessa ansia dell’attesa di Godot sul palcoscenico, pensava di aver trovato nella capitale “morale” l’interprete delle proprie assolute incertezze, così come prima con Ingroia, Bertinotti, Cofferati e, periodicamente con Landini.
Appena eletto, Pisapia ha subito chiarito ai poteri forti della città che non avevano nulla da temere, e insieme a Maroni e Renzi ha gestito tutte le cose importanti, dall’EXPO, alla gentrificazione delle aree urbane più redditizie, alla marginalizzazione ulteriore delle periferie e dei poveri. La sua è stata la Milano più simile a quella “da bere” degli anni 80 craxiani, ma naturalmente tutto questo andare incontro agli affari e alle multinazionali veniva coperto dal diluvio dei propositi politicamente corretti.
Tuttavia anche la flessibilità delle parole ha un limite e nell’ultima parte del suo mandato Pisapia è diventato renziano non solo di fatto, ma anche di diritto. La formula usata per schierarsi con il segretario del PD, allora presidente del consiglio, è stata quella del “Non NO”. Non me la sento di dire no alla riforma renziana della Costituzione, ha affermato il nostro alla vigilia del voto. Questa piccola astuzia avvocatesca permetteva così di tenere un piede in due staffe, comunque finisse il voto; ed infatti subito dopo la sconfitta di Renzi, Pisapia si è rilanciato come suo più presentabile sostituto. Del resto egli già non aveva detto nulla contro le privatizzazioni, le banche, la buona scuola, mentre la sua critica al Jobsact si era conclusa con una esaltazione del dono degli 80 euro. Insomma Pisapia aveva acquistato tutte le credenziali per presentarsi come il continuatore di Renzi, senza però gli errori di strafottenza e arroganza che avevano compromesso il percorso del segretario del PD. Così lo stesso partito trasversale che aveva lanciato l’ex sindaco di Firenze ha cominciato a sponsorizzare quello di Milano.
Il percorso per costruire il Macron italiano non è però così semplice. Il PD renziano non ha voglia di sparire come il suo gemello francese e per questo ha scelto un sistema elettorale quasi proporzionale. Il campo dei riformisti si presenterà per un po’ abbastanza affollato e quindi l’ex sindaco di Milano dovrà aspettare. Per questo è tornato a sinistra, dove la paura dello sbarramento al 5% fa accorrere verso di lui molti di coloro che prima ne avevano brutalmente condannato l’adesione al renzismo.
Quando le scelte vere di rottura con le politiche di austerità, guerra, riduzione della democrazia oggi dominanti sono accuratamente evitate, per paura di sembrare troppo contro l’Unione Europea o la Nato, quando i buoni propositi coprono l’accettazione supina dell’esistente, quando non si capisce che i Renzi e i Pisapia non sono compagni che sbagliano, ma uno dei volti del potere, ci si prepara a scomparire.
Il 1 luglio l’ex sindaco di Milano terrà a Roma la sua convention, sotto i riflettori del palazzo interessato e con il concorso di tutta la sinistra sperduta. Con assoluta convinzione noi di Eurostop nelle stesse ore e nella stessa città saremo altrove, in assemblea per organizzarci contro quei poteri economici italiani ed europei che inventano i Renzi, i Pisapia e i Macron per continuare a comandare come sempre.
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