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08/01/2018

L’Iran della contestazione a orologeria: Ahmadinejad arrestato

Da giorni il nome Mohammad Ahmadinejad era comparso nelle considerazioni di taluni commentatori quale sobillatore dei moti di fine anno in Iran. Finora non c’era stata una pubblica accusa, alla fine l’hanno arrestato. Sarebbe stato lui, la cerchia di fedelissimi su cui conserva influenze e su cui avrebbe spinto per creare problemi a chi l’accusa di corruzioni passate a “incitare alla rivolta”. Nella non tranquilla vita dell’ex presidente iraniano già si erano inserite le scosse sismiche, intese come scosse telluriche non socio-politiche, che nel novembre scorso avevano colpito aree nord-occidentali del Paese, soprattutto nella zona a maggioranza kurda del Kermanshah. Lì non solo centinaia di vittime, ma decine di migliaia di persone rimaste senza casa in pieno inverno, hanno avuto diretta conferma di come il chiacchieratissimo piano di edilizia popolare gestito all’epoca dell’amministrazione Ahmadinejad producesse i suoi effetti deleteri. Contro gli evidenti sprechi, l’imperizia e la corruzione da tempo si muoveva la macchina giudiziaria che si rapporta alle scelte operate da Rohani. Seppure le motivazioni per una sorta di “vendetta” dell’ex presidente basij contro l’attuale direzione politica del Paese ci potrebbero essere, sorge il sospetto che sia in atto un più articolato triangolo di scontro interno e lo spettro dello scorbutico presidente-militante sia agitato come capro espiatorio di ulteriori realistici contrasti.

La piazza di Mashaad è controllata molto più dall’avversario di Rohani alle ultime elezioni, il chierico conservatore Raisi, lo si è detto e ripetuto: potrebbero essere stati i suoi sostenitori ad aver dato fiato alle prime proteste, che si sono allargate nei giorni seguenti in molti centri medio-piccoli, con echi anche nella capitale e in centri maggiori quali Isfahan e dintorni. La scintilla delle contestazioni è legata al carovita, indicato chiaramente dalla gente scesa in strada, l’inflazione che ha portato all’aumento di generi di prima necessita (finanche pane e uova) e degli stessi carburanti con ricadute su energia elettrica e gas (aumenti dal 30 al 70%). Il responsabile è individuato nel governo, dunque nella gestione di Rohani, tutti accusati dalla piazza (e immaginiamo dagli avversari anche interni) per le carenze economiche che coinvolgono orizzonti più vasti, con cui chi controlla le transazioni internazionali blocca e rallenta i flussi di denaro verso la nazione. Una situazione che ha anche visto soffocare alcune banche facendo piangere micro risparmiatori, imprenditori di piccolo e medio cabotaggio. E’ l’antico e mai dimentico gioco che utilizza la crisi economica per tentare una destabilizzazione politica, visto che può anche insistere sul tema di diritti, libertà individuali, questioni di genere. Attorno a tutto ciò riformisti e conservatori, dalle diverse anime e dai vari turbanti, si confrontano e scontrano. E ora magari s’accordano ergendo a capro espiatorio il logoro Ahmadinejad.

Questi, al di là della propria cerchia esistente ma non corazzata come un tempo, visto ch’era da molto fuori dalle grazie di Pasdraran e Guida Suprema, si ritrova al centro d’un fuoco incrociato: quello degli ex amici tradizionalisti che lo danno in pasto ai riformisti che lo vogliono sotto accusa per corruzione, danni materiali, sociali e di sicurezza nazionale. Ma non è finita. Ieri il segretario dell’Expediency Council ed ex comandante della Guardie della Rivoluzione Mohsen Rezaee, affermava che le contestazioni dei giorni scorsi avevano un piano programmato ben due mesi or sono in un incontro tenutosi a Erbil. A esso avrebbero partecipato: il responsabile della Cia nell’area iraniana, Michael D’Andrea, uomini della cerchia dell’esponente kurdo Massud Barzani, emissari della monarchia saudita e dell’organizzazione Mujahhedin-e Khalq, per anni sostenuti dagli statunitensi in territorio iracheno. Lo scopo diventava cavalcare i malumori interni esistenti appunto su inflazione, disoccupazione, crescita delle disparità fra ceti, orientando in alcune aree possibili scontri anche in maniera violenta, con l’uso di armi contro stazioni della polizia, com’è accaduto presso Isfahan. Versione per tesi? Probabile, ma non è la sola. Secondo un redattore dell’agenzia d’informazione kurda Anf News: “Il regime dispotico iraniano opprime da molti anni la popolazione... Dalla Rivoluzione nel 1979 ha usato le possibilità finanziarie per diffondere la sua ideologia nei Paesi vicini invece di migliorare il livello di benessere in Iran...” (cfr. http://www.uikionlus.com/cosa-vuole-la-gente-in-iran-perche-la-protesta/). Ognuno dice la sua, mentre continuiamo a osservare.

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