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25/01/2018

L’élite finanziaria è fatta di tanti Weinstein

Che il problema relativo alle molestie e alle violenze maschili nei confronti delle donne non fosse limitato al caso Weinstein, era cosa nota. Il produttore cinematografico, finito al centro di uno scandalo di portata globale, non è, naturalmente, l’unico uomo ad aver sfruttato una potente posizione professionale per soddisfare le proprie pulsioni. Purtroppo abbiamo l’impressione che di casi analoghi, o simili, ce ne siano in abbondanza, anche lontano dai riflettori e dalle paillette hollywoodiane.

L’ultimo caso salito agli onori delle cronache arriva dalla Gran Bretagna, grazie ad uno dei quotidiani più antichi e famosi al mondo: il Financial Times. A finire nella bufera, però, questa volta è l’élite della finanza d’Oltremanica: businessman e banchieri della scintillante City londinese, protagonisti di “cene di beneficenza” che ricordano, per tanti versi, le note cene eleganti in voga, qualche tempo fa, dalle parti di Arcore.

A scoperchiare il vaso sono state ovviamente due donne, due giornaliste del FT che riescono a farsi assumere come cameriere/hostess per il servizio in sala in occasione del President Club Charity Dinner, appuntamento di beneficenza ospitato dal lussuoso Dorchester Hotel, aperto per l’occasione ai soli manager londinesi. Rigorosamente ed esclusivamente uomini. Le uniche presenze femminili, appunto, sono dovute alle cameriere, cui viene imposto un dress code molto rigido: abito corto e nero, slip dello stesso colore, tacco a spillo. Non l’abbigliamento ideale per un lavoro, quello della cameriera, che ti costringe a macinare kilometri nel corso di una serata.

Le particolarità, tuttavia, non finiscono qui: alle ragazze viene chiesto di mettere in scena una vera e propria sfilata all’inizio della cena e viene loro offerto un bicchiere di vino con l’invito – esplicito ed insistito – a continuare a bere liberamente (e gratuitamente) nel prosieguo della festa. Ci viene in mente che sono ben pochi i datori di lavoro che sarebbero felici di vedere i propri camerieri servire ai tavoli completamente sbronzi.

La spiegazione, in realtà, è molto semplice: il ruolo delle ragazze non sarà, effettivamente, quello delle cameriere, ma più che altro quello delle “accompagnatrici”. E così le 130 ragazze prima sfilano per i ricchi marpioni, poi, mentre l’asta benefica entra nel vivo, si trovano a dover fronteggiare le molestie – verbali e fisiche – dei marpioni stessi: c’è chi si limita a battute e apprezzamenti volgari, chi più esplicitamente invita le ragazze a seguirle in camera, chi decide di passare direttamente ai fatti sbottonando i propri pantaloni e mettendo in mostra ciò che probabilmente nessuno degli astanti avrebbe voluto vedere.

Madison Marriage, una delle due reporter, racconta: “Mi hanno toccato il sedere più volte” e, in un contesto simile, non facciamo fatica a credere alle sue parole. Il tutto, da parte dei ricchissimi membri di quella élite che ci viene spesso indicata come guida e punto di riferimento, autentico faro di civiltà e benessere nel mondo brutto e cattivo perché povero.

L’uscita dell’articolo, naturalmente, scatena le polemiche: la prima testa a cadere è quella di David Meller, uno degli organizzatori della serata, che ha già abbandonato il proprio posto presso il Department for Education Board, una delle commissioni del ministero dell’istruzione britannico. Ma a passarsela male è anche il titolare dello stesso ministero, Nadhim Zahwari, anch’egli presente alla festa. Le altre conseguenze riguardano il President Club, destinato a chiudere, e il Great Hormond Hospital, che avrebbe dovuto incassare i proventi della serata benefica. Visto lo scandalo, la direzione dell’ospedale ha deciso di rifiutare i fondi.

Il minimo della pena, in fondo.

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