“È impossibile raccogliere le firme”, si lamentava Emma Bonino, che prima ha ottenuto che le dimezzassero e poi, non volendo raccogliere neanche quelle, ha infilato i radicali nelle liste del democristiano antiabortista Tabacci. A riprova del fatto che quel che pare impossibile diventa fattibile se c’è chi lo fa.
Potere al popolo ha raccolto in pochi giorni il doppio e il triplo delle firme necessarie per presentarsi alle elezioni in tutta Italia. “Abbiamo dovuto mandar via le persone ai banchetti perché non potevano firmare più di 2mila a collegio”.
La lista che ha scelto come portavoce una giovane donna, la ricercatrice precaria Viola Carofalo è la prima nella storia della repubblica italiana che ha tra i capolista più donne che uomini. La prima lista senza “paracadutati”, con il cento per cento dei candidati scelti da migliaia di persone sui territori in libere assemblee. La lista nata dopo il fallimento del Brancaccio, sconvocato da Tomaso Montanari e Anna Falcone (ora candidata in Liberi e Uguali con Grasso), ha convinto migliaia di persone spiegando ai banchetti il proprio programma: “Cancellare subito il Jobs Act e la Legge Fornero, non aggiustarli un pochino come promettono di fare Berlusconi o Bersani!” (“Cancellare la riforma Fornero? Siam mica matti!”, ha reagito l’ex segretario Pd, oggi con Falcone in Liberi e Uguali). “Proteggendo tutti i lavoratori dal licenziamento illegittimo con il ripristino e l’estensione dell’articolo 18 e l’abolizione dei contratti che hanno permesso alle imprese di sostituire il lavoro stabile con quello precario”. “Tassando i super-ricchi molto più di chi vive del solo stipendio”, al contrario di quel che promettono di fare Salvini e Berlusconi con la flat-tax, l’ennesima legge che avvantaggerà i miliardari come – che coincidenza! – Berlusconi.
E con l’unica riforma rivoluzionaria possibile, che l’altra non è una riforma, l’altra è la rivoluzione: andando in pensione prima e riducendo l’orario di lavoro a parità di salario, oggi che a parità di lavoro si produce e dunque si guadagna più di ieri, ma quel guadagno finisce tutto nelle tasche dei grandi imprenditori che infatti sono diventati più ricchi e non dei lavoratori che infatti sono diventati più poveri.
Non è frutto di un’utopia ma di un calcolo, la riforma che i candidati di Potere al popolo ripetono ai comizi. Calcolare a quanto ammonta la ricchezza prodotta dal lavoro e restituirla ai lavoratori che l’hanno prodotta. Un calcolo che ha appena fatto l’Oxfam: l’82 per cento della ricchezza prodotta nell’ultimo anno è come sempre finita nelle tasche dell’1 per cento più ricco della popolazione mondiale, mentre ai 3,7 miliardi dei più poveri non è andato un solo centesimo. Lo stesso vale per le pensioni: ai lavoratori viene restituito a stento quello che versano mentre sarebbe equo restituirgli la ricchezza che hanno prodotto, evitando che quei soldi finiscano tutti nelle tasche dei super-ricchi che, in questi anni di crisi, sono triplicati.
«Ma dove trovano i soldi?».
Rispondo con un’altra domanda: i governi del Pd, dove li hanno trovati i 31 miliardi per salvare le banche invece dei cittadini? E i 40 miliardi regalati in tre anni alle imprese invece che ai lavoratori resi precari dal Jobs Act? E i 25 miliardi di spese militari stanziati per il 2018 da un paese che ha nella sua Costituzione il ripudio della guerra? Più di quanti ne servirebbero, secondo le stime della Rete dei Numeri pari lanciata da Don Ciotti, per sconfiggere la povertà in Italia!
«I soldi li troviamo rompendo con i trattati europei che hanno imposto il pareggio di bilancio e affamato i popoli. Uscendo dalla Nato che chiede ai paesi aderenti di destinare alle spese militari il 2 per cento del Pil», dice Giorgio Cremaschi, candidato di Potere al Popolo, ex leader della Fiom deluso dal Movimento 5 Stelle per il quale aveva scritto il programma-lavoro di cui poco è rimasto nelle venti priorità indicate da Di Maio, che ieri prometteva il referendum per uscire dall’Euro e oggi di rassicurare i mercati assegnando il ministero del Tesoro a un tecnico del Fmi. Prima di criticare per anni la Troika conveniva sapere da chi era composta.
Con Potere al Popolo sono candidate decine di lavoratrici, lavoratori, decine di militanti. Nicoletta Dosio, professoressa di greco e simbolo della lotta contro la Tav. La partigiana Lidia Menapace. Giovanni Ceraolo, che si batte nel movimento per la casa a Livorno. Patrizia Buffa a Verona, impegnata nella lotta alla Mafia e per la Palestina. Roberta Leoni a Viterbo, insegnante in lotta contro la Buona Scuola di Renzi. La combattiva Stefania Iaccarino a Roma, simbolo della vertenza Almaviva. A Napoli c’è lo storico Giuseppe Aragno di DeMa, vicino a De Magistris, molto attivo nella battaglia del referendum del 4 dicembre.
“Potere al popolo è l’unica vera novità di queste elezioni”, dichiara entusiasta all’Ansa Luigi De Magistris. Non a caso, la lista che si impegna a cancellare il pareggio di bilancio inserito in Costituzione da Monti, Berlusconi e Bersani parte dalla città governata dall’unico sindaco che ha disobbedito ai vincoli del patto di stabilità con una delibera scritta con Stefano Rodotà per consentire l’assunzione di 300 maestre e garantire alle famiglie l’apertura delle scuole. «L’istruzione è un diritto, il pareggio di bilancio no», disse il Sindaco, che da anni chiude i suoi comizi gridando: “Potere al popolo!”.
Potere al popolo è nata per impulso del centro sociale napoletano Ex Opg – Je So Pazzo e hanno aderito tanti collettivi, sindacati di base, movimenti, associazioni e partiti come Rifondazione Comunista e Pci. La lista ha ricevuto l’endorsement di Momentum, il movimento di Jeremy Corbyn, e la portavoce Viola Garofalo è ora in Francia da Jean-Luc Melenchon. Stanno raccogliendo le firme per candidarsi anche alle regionali nel Lazio, opponendo a Zingaretti, Lombardi e Parisi la ginecologa femminista Elisabetta Canitano, con capolista il giornalista del Manifesto Sandro Medici. Ha scritto un appello al voto il regista Citto Maselli e lo stanno firmando con noi in queste ore Vauro, Moni Ovadia, Christian Raimo, Alberto Prunetti, Marina Boscaino del comitato per la difesa della scuola pubblica (nel programma della lista c’è la sua proposta di riforma della Buona Scuola).
Ho scelto come loro di votare Potere al popolo perché c’è bisogno di rovesciare il tavolo dove pochi stanno mangiando a spese di tutti gli altri e allestire un banchetto per chi vive di lavoro e sacrifici. Non solo per questo, però. So bene che il tavolo non si rovescerà il 4 marzo.
Quando racconto le storie dei lavoratori sfruttati, scopro che molti attribuiscono il proprio malessere all’ansia. Credono che l’emicrania, il reflusso gastroesofageo, l’insonnia, l’acidità di stomaco e le palpitazioni dipendano dall’ansia per il contratto precario, il mutuo, il futuro, il tempo che ci manca. Danno la colpa del loro disagio all’ansia che è una reazione individuale e non all’ingiustizia che è un fenomeno sociale. E curano l’ansia con le pasticche invece di ribellarsi all’ingiustizia con la lotta.
Se votano, si affidano a chi promette di aggiustare un pochino la Legge Fornero dopo averla votata, ai miliardari che promettono di tagliare le tasse ai miliardari, a chi vuole consegnarci a un tecnico del Fmi perché l’Europa è ancora lì che ce lo chiede. Ma non votano quasi mai, perché non hanno gli strumenti per mettere a fuoco le cause e le responsabilità della loro sofferenza e pensano che la loro ansia non abbia nulla a che fare con la politica. Voto Potere al popolo perché è la sola lista che attraverso le lotte dei suoi candidati vuole dare agli sfruttati questa consapevolezza, questo conforto, questo protagonismo. Incontriamoci, lottiamo insieme, studiamo le cose che non ci racconta la tv, dove l’ingiustizia scompare e quando appare è per dare la colpa agli immigrati sfruttati invece che ai loro sfruttatori: un vecchio trucco per coprire le responsabilità di chi, con le leggi che ha votato, ha legalizzato lo sfruttamento.
Basta pasticche, teniamoci stretti e affrontiamo la campagna elettorale e i mesi successivi sapendo di non avere i poteri forti alle spalle e tre reti come Berlusconi, le banche come Boschi, i finanzieri che ci finanziano come Renzi. Sapendo di non avere le risorse economiche che loro hanno ma di avere una risorsa che loro non hanno e non possono comprare. Noi abbiamo ragione.
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