19/01/2018
Il giornalismo “pig” del Corriere della Sera
Da tempo immemorabile, se uno vuol capire cosa sta covando nei “salotti importanti” dell’establishment nazionale, bisogna leggere con attenzione il Corriere della Sera.
Volete un esercizio di lettura? Facciamolo, allora, sul numero in edicola oggi, 19 gennaio.
Titolo principale: “Collegi, ecco le previsioni”, per rassicurare che in fondo non ci sarà alcun cambiamento reale come conseguenza del voto. Il centrodestra, infatti, viene spiegato come una forza ormai pienamente affidabile sul piano europeo e dei mercati. C’è “l’intesa sul programma” tra Berlusconi, Salvini e Meloni; che significa silenziatore alle sparate anti-Ue dei due monelli, finalmente tornati alla corte dell’anziano nonno. A confermare l’addomesticamento sostanziale del verro leghista c’è anche un’intervista all’avvocato delle cause da prima pagina, Giulia Buongiorno, che dopo aver sperimentato la politica con Gianfranco Fini ora si candida con la Lega giurando che Salvini “è concreto, come Giulio Andreotti”. Un nome, una garanzia...
A dare il tono rassicurante c’è il retroscena dell’informatissimo Federico Fubini, “La quiete dei mercati: basta che l’Italia resti nell’euro”. Contrariamente a quanto avvenuto in Olanda e Francia, dove alle recenti elezioni erano in campo formazioni euroscettiche piuttosto forti (quelle di Melenchon e Le Pen, su fronti completamente contrapposti, e quella di Geert Wilders), oggi in Italia questo pericolo non c’è. In fondo, domata la Lega, anche il Movimento 5 Stelle in versione Di Maio appare molto più appecoronato verso i poteri che contano (non si cambia il simbolo e non si va per caso negli Usa, a Cernobbio e da San Gennaro, prima delle elezioni). Ci sarebbe una forza potenzialmente pericolosa, ma sta muovendo solo ora i primi passi (Potere al Popolo, ovviamente); quindi è meglio non parlarne proprio, secondo il più antico precetto dell’autentico media di regime.
Il clou ideologico del Corsera è, come spesso accade, affidato a Giavazzi e Alesina, economisti della cattedra, sostenitori della teoria dell’“austerità espansiva” anche e soprattutto a dispetto delle verifiche empiriche negative. Nessun paese sottoposto a un regime di tagli di spesa e investimenti, privatizzazioni, ecc, è riuscito a rialzarsi. L’ultimo esempio viene dal Portogallo, che ha fatto alcune delle cose che sarebbero vietate da questa teoria, sorprendendo e perplimendo persino gli austeri censori de IlSole24Ore.
I due ideologi firmano un editoriale dal titolo apodittico: “Il rigore non è un freno”. Non è un un tema scelto a caso. In questi giorni tutte le coalizioni in lizza per le elezioni – tranne la solitaria Emma Bonino – hanno mostrato preoccupazioni per l’ingresso in vigore, con la legge di stabilità di quest’anno, del Fiscal Compact come “legge europea ordinaria”. Significa, in poche parole, che scomparirà anche quel margine di “flessibilità” contrattatato annualmente tra i singoli governi nazionali e la Commissione Europea; e soprattutto che bisognerà metter su una manovra da minimo 50 miliardi l’anno per venti anni consecutivi allo scopo – onirico – di ridurre il debito pubblico.
Con un salasso così imponente, anche il più venduto dei politicanti nostrani si rende conto che avrà parecchie difficoltà di gestione, sia nel ripartire le amputazioni ai capitoli di spesa pubblica, sia nel “nutrire” le proprie clientele.
Dubbi che i due provano a fugare subito: “Quelle regole europee che vengono presentate come una rigida camicia imposta ai nostri conti pubblici, regole che sembrano esigere solo sacrifici, sono invece quelle che oggi possono permetterci di guardare al futuro con sufficiente tranquillità. Troppo spesso si confonde il rigore sui conti pubblici come un freno allo sviluppo. Non è vero. È grazie alla prudenza fiscale seguita quando l’economia va bene che, nel momento in cui arriva una recessione, si possono usare tasse e spesa per attenuarne gli effetti sulle famiglie”.
Non è mai avvenuto da nessuna parte, ma non fa niente. Questo è il Verbo, questo è il testo su cui bisogna fare professione di fede...
La voce più forte e radicale contro il Fiscal Compact arriva, come detto, da Potere al Popolo, che ieri ha presentato la lista nella Sala stampa della Camera. Logicamente, un giornale come il Corsera preferisce non dare neanche la notizia.
Non ce ne stiamo affatto lamentando. Ogni giornale si distingue in primo luogo per la selezione delle notizie da offrire al suo pubblico, e in secondo luogo per come le “cucina”. E’ perfettamente legittimo e un principio fondamentale del pluralismo politico-informativo.
Ma il Corsera fa qualcosa di più che censurare un notizia sgradita. Sceglie infatti proprio la giornata della “presentazione in pubblico” per far parlare invece... Marco Ferrando. Ovvero il capo assoluto del PCL, piccola formazione troskista a suo tempo uscita da Rifondazione, che difficilmente riuscirà a raccogliere le firme per presentarsi in solitaria a queste elezioni. Cosa aveva di così fondamentale da dire, il buon Ferrando, secondo il Corsera? Nulla di serio. Lui stesso, dichiarando “L’obiettivo? La rivoluzione d’ottobre”, ammette di scherzare. E allora? Al Corsera basta quella frasetta velenosa contro Potere al Popolo, messa proprio in chiusura: in Potere al Popolo “c’è Rifondazione Comunista”. Ovvero proprio quel che serve, al giornale dei padroni, per derubricare la coalizione sociale delle situazioni di lotta – supportata anche da formazioni politiche molto diverse (PRC, PCI, Eurostop, Rete dei Comunisti, ecc) – a banale lifting dei soliti noti.
Il giornalismo pig si manifesta anche così, utilizzando competitor – per quanto improbabili, quantitativamente – per combattere il nemico principale...
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