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26/01/2018

Varsavia-Kiev: magia nera russa contro l’ex presidente Kaczyński

“Varsavia sta preparando un nuovo incendio del Reichstag?”, si chiede Stanislav Stremidlovskij sull’agenzia “Regnum”, commentando le rinnovate richieste polacche a Berlino di risarcimenti per l’ultima guerra, avanzate col pretesto delle attività dei gruppi neonazisti in Polonia.

Mentre il partito di governo “Prawo i Sprawedliwo??” (PiS) cerca l’appoggio di USA e Israele sulla questione, organizzazioni ebree internazionali, anche statunitensi, stanno preparando un ricorso per l’indennizzo dei beni degli ebrei polacchi, di cui Varsavia si sarebbe appropriata dopo la guerra. La pretesa polacca, nota Stremidlovskij, è però parecchio indebolita dalla recrudescenza delle organizzazioni neonaziste e dalla inazione governativa contro di esse. “Antisemitismo e xenofobia stanno crescendo in Polonia a ritmo pericoloso”, ha dichiarato il direttore del Congresso ebraico mondiale, l’ucraino-israeliano Robert Singer, commentando il clamore suscitato dal servizio televisivo polacco-statunitense sui gruppi neonazisti polacchi, seguito alla “marcia dell’indipendenza”, lo scorso novembre, a Varsavia, con oltre 60mila nazionalisti.

E dopo che, anche a Varsavia, si sono levate voci critiche contro il gioco pericoloso condotto da “PiS”, che punta su nazionalismo di estrema destra e fondamentalismo cattolico, la risposta del nuovo premier Mateusz Morawiecki è stata degna del “corso europeista” postsovietico: la proibizione di tutte “le organizzazioni che glorifichino il nazismo tedesco o un qualsiasi altro regime totalitario e che ne utilizzino i simboli” e il rifiuto della “minima tolleranza per i simboli, hitleriani, nazisti, fascisti o comunisti”. Per esser più credibile contro la simbologia nazista, la tv di stato ha scelto quale “whipping boy” niente altri che il Partito comunista polacco, accusandolo dell’uso di “simboli proibiti” e “glorificazione del comunismo” e la Procura generale sta “indagando sull’attività del Pcp”, che potrebbe venir addirittura proibito. Una condotta, conclude Stremidlovskij, che ricorda davvero l’incendio del Reichstag nel 1933, punto d’avvio delle repressioni contro i comunisti e i socialdemocratici tedeschi.

Nel frattempo, a Kiev hanno colto l’occasione della Festa del Concilio, fatta ricadere il 22 gennaio (anniversario dell’Atto di unione, sottoscritto nel 1919, tra Repubblica popolare d’Ucraina e Repubblica polare dell’Ucraina occidentale), per accusare Varsavia di aver sollevato ancora una volta, al Consiglio di sicurezza ONU, la questione del genocidio di polacchi da parte dei nazionalisti ucraini nel 1942-’44. Così, rinfacciano a Varsavia il fatto che, mentre i prodi ucraini difendevano “la Polonia e l’Europa intera dall’attacco ibrido di Mosca”, sulla Vistola hanno atteso che terminasse il semestre ucraino al Consiglio di sicurezza e iniziasse quello polacco, per registrare il loro progetto di risoluzione. Un documento, questo, in cui si esprime “seria preoccupazione per il fatto che il governo ucraino sostiene i nazionalisti che condussero la pulizia etnica” e in cui si citano fatti quali legalizzazione ed esaltazione delle organizzazioni nazionaliste e neonaziste in Ucraina, la crescita della loro influenza nel paese, sia in politica interna che estera. Varsavia chiede anche il divieto delle attività di organizzazioni quali OUN, UNA-UNSO, “C14”, SNA, “Trident Stepan Bandera”, UNS e il perseguimento penale dei loro membri. Si raccomanda anche al governo ucraino di esprimere pentimento ufficiale per crimini contro il popolo polacco e di condannare l’eroicizzazione del nazismo.

Gli osservatori ritengono che Washington potrebbe non mettere il veto sulla risoluzione, dato che la Polonia è un alleato strategico ben più importante dell’Ucraina; potrebbero invece utilizzarlo Londra e Parigi, per le quali Kiev è un partner altrettanto importante di Varsavia.

D’altronde, i rapporti UE-Varsavia non godono al momento di ottima salute e, che le scelte polacche, in generale, non siano dettate da ragioni “ideali”, lo aveva già testimoniato, lo scorso novembre, l’astensione sulla risoluzione ONU contro la glorificazione del nazismo presentata da Russia e altri 49 paesi, approvata con 115 voti a favore, tre contrari (USA, Ucraina e Canada) e 55 astenuti. Lo testimonia anche il raffreddamento dei rapporti con Bruxelles, conseguente a riforma giudiziaria polacca, quote migratorie e finanziamenti europei, ritenuti inadeguati da Varsavia e che ha portato lo stesso presidente del Consiglio d’Europa, il polacco Donald Tusk, a dichiarare che “a Bruxelles si spera ancora (non dico che si creda, perché purtroppo non è più così) che la Polonia rimanga nella UE”. Tanto più, si può aggiungere, che Bruxelles difficilmente ne permetterà l’uscita: Varsavia è il più grosso fruitore di crediti europei e nel 2020 dovrebbe cominciare il pagamento.

Più in generale, diversi osservatori evidenziano l’ambizione polacca, mai sopita dai tempi dell’impero, a tornare a essere il maggior centro europeo, a spese soprattutto di Lituania, Bielorussia e Ucraina. Ancora Stanislav Stremidlovskij descrive una Polonia che “si sente stretta nella UE” e non anela a essere “il cuscinetto tra Mosca, Pechino e Bruxelles, che significherebbe la stagnazione”; potrebbe dunque puntare a una sorta di “confederazione polacco-bielorussa-russa”, allorché si placherà la retorica anti-Minsk e anti-Mosca, riacutizzatasi ultimamente, tra l’altro, anche con la decisione del nuovo Ministro degli esteri, Jacek Czaputowicz, di licenziare tutti i funzionari del Ministero a suo tempo laureati al MGIMO moscovita.

E se quella della “confederazione” è una prospettiva remota, nell’immediato non è un mistero che Varsavia sia interessata all’integrazione dell’Ucraina occidentale nel proprio territorio: il primo passo è l’indebolimento dei nazionalisti ucraini, forti soprattutto nelle regioni occidentali e puntello principale del governo golpista di Kiev. Non da oggi, inoltre, manifesta le proprie ambizioni più che regionali – “da mare a mare”: dal mar del Nord al mar Nero, secondo l’idea Mi?dzymorze del maresciallo Józef Pi?sudski, di una sorta di confederazione tra Polonia, Ucraina, Bielorussia, Lituania, Lettonia, Estonia, Moldavia, Ungheria, Romania, Jugoslavia, Cecoslovacchia e, forse, anche Finlandia, dal mar Baltico, all’Adriatico, al mar Nero – e si propone da subito quale “subappaltatore” della questione ucraina, nel momento in Bruxelles e Berlino sono indaffarate su altre questioni.

In effetti, si sta assistendo a una specie di tira e molla tra Varsavia e Kiev. Da un lato, i rapporti con Kiev si sono ulteriormente inaspriti, con la decisione di Varsavia di battezzare due nuove navi mercantili “L’vov” e “Ternopol”, a ribadire l’appartenenza delle due città, oggi ucraine, ai “Kresy Wschodnie”, i confini orientali della Rzeczpospolita Polska (la Polonia tra il 1918 e il 1939), in cui rientravano territori oggi lituani, bielorussi e ucraini, con popolazione anche polacca. L’attrito era già abbastanza cresciuto con l’intenzione polacca (poi rientrata per le proteste ucraine) di raffigurare, sui nuovi passaporti, la cappella “Orl?ta Lwowskieche” (gli aquilotti di Lwow) che sorge nel campo polacco del cimitero monumentale di L’vov e in cui sono sepolti i giovani “aquilotti” polacchi morti durante la guerra civile del 1918-’19 tra i nazionalisti polacchi di Pi?sudski e quelli ucraini di Simon Petljura, per il controllo della Galizia orientale e del suo maggior centro, L’vov o Lwow appunto, rivendicata quale centro di identità nazionale sia da Kiev che da Varsavia.

Un passo in direzione di “disgelo” sembra invece venire da Kiev: il tenente-generale dell’esercito ucraino, Grigorij Omelcenko, ha dichiarato di esser finalmente in grado di rivelare i segreti dell’incidente del Tu-154, a Smolensk, in cui persero la vita l’allora presidente Lech Kaczy?ski e altri alti esponenti del governo polacco. L’incidente, assicura Omelcenko, fu provocato da agenti del FSB e del GRU (l’intelligence militare russa) facenti capo alla sezione che si occupa di astrologia militare e magia nera. Detta sezione, dopo aver stilato il profilo astrologico dei fratelli Kaczy?ski, dei membri dell’equipaggio e addirittura dello stesso Tu-154, condannò il volo alla inevitabile tragedia.

Se le carte fatte a Kiev spiegano allo stesso modo le ripetute batoste ricevute dall’esercito ucraino nel Donbass, non c’è che da aspettare l’oroscopo del GRU e sapremo con largo anticipo anche l’esito delle elezioni in Italia.

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