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24/01/2018

Berlusconi-Salvini, come Stanlio e Ollio davanti all’Unione Europea

Una campagna elettorale di bugiardi senza alcun potere reale e senza un’idea, quindi costretti a vedere solo fuffa.

Clamoroso il caso del cosiddetto “centrodestra”, con due galli nel pollaio costretti a far finta di beccarsi pur di rastrellare il massimo di voti possibile e quindi evitare di collaborare col Pd in un “governo del presidente” che li farebbe apparire per quel che sono: nullità.

Il Cavaliere – nessuno più lo chiama “Caimano”, tantomeno quelli di Repubblica – si è da tempo riciclato negli ambienti che ne avevano decretato la fine politica (Angela Merkel e tutto l’establishment europeo). Quindi si sbraccia in ogni ambiente per mostrasi affidabile verso le istituzioni sovranazionali e in qualche misura “guardiano” degli imbizzarrimenti euroscettici della Lega.

“Noi siamo assolutamente intenzionati a mantenere gli impegni assunti dall’Italia con l’Europa, io immagino e spero che riusciremo a mantenere” l’impegno di azzerare il deficit entro il 2020. Al contrario “il Ruspa” finge di mostrarsi sempre determinato in direzione opposta: “L’euro era e resta un esperimento sbagliato che ha danneggiato il lavoro e l’economia italiana. Noi non cambiamo idea. Ci prepariamo a difendere l’interesse nazionale come abbiamo sottoscritto nel programma del centrodestra con la prevalenza della Costituzione sull’ordinamento Ue”.

Per cercare di essere più convincente con quelle ampie frange di elettorato che hanno ormai battezzato la Ue come fonte di quasi tutti i guai dell’economia italiana – che va dalla piccola e media impresa, naturalmente destrorsa, a grandi quote del proletariato urbano – Matteo Salvini si è spinto fino a rifiutare il limite del 3% nel rapporto deficit/Pil. “Il numerino 3, se danneggia le imprese e le famiglie italiane, per noi non esiste. Se ci sono regolamenti Ue che danneggiano le famiglie italiane quei regolamenti per il governo Salvini non esistono: come la Bolkestein, la direttiva Banche”.

Entrambi, dicevamo cercano di fare il pieno nei rispettivi ambiti. Entrambi sanno che non hanno alcuna possibilità di “sforare” le regole europee che già a maggio si faranno vedere fisicamente, costringendo il governo allora in carica – qualunque esso sia – a varare una sostanziosa manovra correttiva di diversi miliardi. Per non parlare dell’entrata a regime del Fiscal Compact, che obbligherà a scrivere una legge di stabilità 2019 in grado di ridurre del 5% il debito pubblico. Una botta da 50 miliardi, almeno, prima ancora di discutere di distribuzione del carico tra i vari settori sociali.

Sarebbe quasi inutile occuparsi di certi squallidi personaggi, se non fosse per una dettaglio decisivo: la posizione rispetto all’Unione Europea è il tema centrale della politica. Parlare del resto, senza aver chiaro chi è che controlla le leve finanziarie che rendono possibile o impossibile qualsiasi politica economica, è aria fritta.

Solo Potere al Popolo, non a caso, ha messo tra i principali punti di programma il Rompere con l’Unione Europea dei trattati. Hic Rhodus, hic salta...

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