Anche solo mettendo in fila le notizie e gli aggiornamenti, quella che sta nascendo intorno al Russiagate tra l’Amministrazione Trump e gli inquirenti è una guerra.
Senza esclusione di colpi e con le sue vittime, come ad esempio il n.2 dell’FBI Andrew McCabe, che a soli 49 anni sta andando in pensione dopo essere stato al centro di attacchi molto duri da parte dell’entourage del presidente.
Ma andiamo con ordine, mettendo in fila una serie di notizie che chiaramente, almeno per noi, mettono in evidenza un conflitto istituzionale ad alta intensità in corso.
Partiamo dalla presa di posizione del Partito Repubblicano, il partito di Trump (anche se in campagna elettorale fece quasi di tutto per non esserlo).
Ebbene, i rappresentanti repubblicani all’interno della commissione intelligence della camera hanno chiesto la pubblicazione di un rapporto al momento “secretato” che accuserebbe l’Fbi di aver abusato di autorità nelle sue indagini sulla presunta ingerenza russa nel voto del 2016.
Immediata l’opposizione dei Democratici. Il rapporto ora verrà sottoposto all’attenzione di Trump, che deciderà se pubblicarlo o meno.
Poi c’è la questione Andrew Mc Cabe, il n.2 dell’FBI che si è dimesso dopo aver annunciato di voler andare in pensione a soli 49. Perché? Nonostante la portavoce della Casa Bianca abbia dichiarato “il Presidente non c’entra nulla”, il presidente c’entra, eccome.
Sono mesi che Trump attacca il povero McCabe, la cui moglie si è candidata nel 2015 per un posto in Senato con il Partito Democratico ricevendo finanziamenti elettorali da ambienti vicini alla Clinton.
Questo “marchio di infamia” (in effetti qualche difetto di trasparenza c’è) ha di diritto inserito Andrew McCabe nella speciale lista di coloro i quali, secondo Trump, stanno in qualche modo tramando contro la sua presidenza utilizzando come strumento il Russiagate.
Un anno fa a saltare era stato James Comey, allora al vertice dell’FBI. Adesso McCabe, altra vittima di quella che appare sempre più come una normalizzazione gestita in modo abbastanza spiccio.
Che Trump ed il suo entourage stiano reagendo in modo deciso all’inchiesta portata avanti con una certa decisione dal procuratore Mueller emerge anche da un paio di indiscrezioni emerse negli ultimi giorni.
Il Wall Street Journal ha riportato la notizia che i legali del presidente starebbero studiando una sentenza del 1997 che impedirebbe o quantomeno ritarderebbe e limiterebbe l’interrogatorio di Trump da parte degli inquirenti.
A proposito di Mueller, poi, interessante la dichiarazione della senatrice repubblicana Graham: “Se Trump licenzia il procuratore, mette a rischio la presidenza. Sarebbe un terribile errore”.
E sarebbe anche interessante chiedere alla senatrice Graham cosa l’abbia indotta a pensare una cosa del genere. Qualche indiscrezione dall’interno del partito?
Come si dice, “stay tuned”: nelle prossime puntate siamo certi che non mancheranno sorprese!
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