Performance da provetti reazionari quella del Corriere della Sera di ieri (non è una novità, ma in questo numero si sono veramente dati da fare).
1) Sul fronte interno (economia, lavoro e dintorni): Di Vico (a pagina 5) partendo dai soliti peana sulla “ripresa” (di chi e per chi?) raccomanda ai partiti di destra, centro e “sinistra” di non sprecare l’occasione gareggiando sull’infido terreno della “demagogia populista”, ma soprattutto si augura che il dialogo fra Confindustria e sindacati porti a un ulteriore indebolimento dei contratti nazionali e a più stringenti accordi aziendali di scambio fra salario e produttività; infine, lamentando il nostro vizio nazionale di “risparmiare troppo”, auspica che i magri accantonamenti degli italiani vadano finalmente a “sostenere l’economia reale e a favorire l’apertura del piccolo capitalismo familiare” (leggi: lasciate che le banche facciano fruttare i vostri soldi dimenticando le ruberie di cui si sono rese protagoniste).
2) A pagina 9, il notista politico Massimo Franco bacchetta il Pd per la demagogica proposta di abolire il canone tv; meglio l’idea di Calenda, che vorrebbe privatizzare la tv di Stato (anche se al momento non sembra purtroppo realizzabile). Magari mantenendo il canone, così anche questi profitti monopolistici finirebbero in mani private?
3) A pagina 13: doppio articolo per esaltare la “rivoluzione iraniana”, dove fra le righe inneggianti ai diritti di donne e giovani, alla democrazia e contro il fanatismo religioso, si legge facilmente la speranza che l’Occidente rimetta le mani sul petrolio di quel grande Paese (per inciso, nei giorni scorsi si sono letti persino elogi al regime dello Scià di Persia, con foto che documentavano quanto le donne fossero allora libere: peccato che la polizia politica facesse sistematicamente fuori gli oppositori di sinistra, in compenso le multinazionali del petrolio beccavano sontuose royalties);
4) Sullo stesso registro il taglio basso di pagina 24 (a firma di Giampaolo Silvestri) che si rallegra della nostra partecipazione alla nuova politica europea verso gli Stati africani che vede l’Italia in prima fila nella corsa corale (stati, imprese, ong, terzo settore) ad “aiutare” l’Africa per uscire dalla miseria e a smetterla di rovesciarci addosso milioni di straccioni (si sa che trattasi di aiuti “pelosi” in cambio di un controllo crescente sulle risorse di quei Paesi, un neocolonialismo in cui il nostro Paese non vuole restare a guardare anche se il suo ruolo sarà, come da tradizione, quello di imperialismo straccione);
5) Infine, il fondo in prima pagina di Sabino Cassese interviene contro la regola del mandato imperativo che il M5S vorrebbe imporre ai suoi eletti: la nostra Costituzione prevede che la democrazia sia indiretta, tuona Cassese, perché gli eletti devono rappresentare gli “interessi generali” (ricordate cosa pensava qualcuno di questa definizione?) della nazione e poi invita a ricordare che quell’idea piaceva – orrore! – a Lenin, Marx e Rousseau, per cui si comincia con la democrazia diretta e si finisce con la dittatura...
Certo, la democrazia diretta dei grillini rischia spesso di sembrare da operetta, ma questo non inficia il principio mentre la morte della democrazia rappresentativa è certificata dal crescente assenteismo degli elettori che hanno capito che destra centro e sinistra fanno tutti allo stesso modo gli interessi generali della nazione, consegnano cioè il popolo nelle mani delle élite neoliberali al potere in tutto l’Occidente capitalistico.
Buona lettura a tutti.
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