Le ultime riforme in Italia “hanno messo i conti previdenziali in sicurezza ma il vero problema è che, in prospettiva, gli assegni pensionistici saranno troppo bassi”. Ad affermarlo non è l’ennesima sparata elettorale di Berlusconi o di Renzi, ma Stefano Scarpetta, direttore del dipartimento occupazione, lavori e affari sociali dell’Ocse, intervistato dall’AGI. “Il vero problema a mio avviso non è solo quello della sostenibilità finanziaria – spiega – ma quello dell’adeguatezza del montante pensionistico. Per diversi motivi, inclusi i periodi di disoccupazione e di inattività, in molti si ritroveranno ad avere un montante pensionistico e quindi una pensione decisamente bassa. I dati che abbiamo a disposizione ci danno un’immagine abbastanza preoccupante, perché anche le generazioni più recenti hanno perso diversi anni contributivi e il sistema previdenziale italiano, una volta a regime, per ogni anno perso, comporterà un livello più basso di pensioni. Dunque, al di là della sostenibilità del sistema, su cui occorrerà sempre tenere un occhio molto vigile, c’è un campo altrettante importante da verificare che è quello dell’adeguatezza delle pensioni”. Sembrerebbe musica per le orecchie dei lavoratori di oggi, soprattutto se giovani e precari. Ma, come al solito, il problema non sono le analisi ma le soluzioni che vengono indicate ad un problema – quello dell’abbassamento delle retribuzioni pensionistiche – che già si sta rivelando drammatico, incentivato da una vera e propria perversione introdotta dalla Legge Fornero per cui, paradossalmente, più rimani al lavoro (con il sistema contributivo) e meno prenderai di pensione a causa dei coefficienti introdotti dalla legge.
Proprio un anno fa, era il rapporto della stessa Ocse – l’Outlook 2016 sulle pensioni – a scrivere che l’invecchiamento della popolazione, la crisi finanziaria ed economica, oltre all’attuale contesto di bassa crescita e bassi tassi di interesse, comportano dei rischi sulle pensioni future in tutti i Paesi. “L’unica soluzione di lungo periodo per avere pensioni più alte, è pagare contributi più consistenti e per periodi più lunghi” scriveva l’Ocse, “il lavoro futuro e la discussione politica si devono concentrare su come raggiungere entrambi gli obiettivi”. Di qui l’invito a politica e Governi a impegnarsi perché le informazioni ai cittadini siano le più vaste e complete possibili, sul pilastro pubblico della previdenza ma soprattutto su quello integrativo (che i lavoratori devono pagarsi da soli e con salari sempre più bassi, ndr) “perché possano scegliere consapevolmente sul proprio futuro una volta usciti dal mondo del lavoro”. Il pilastro della soluzione avanzata dall’Ocse per le prospettive della previdenza sociale, infatti non è quello di assicurare trattamenti pensionistici dignitosi e adeguati, quanto quello di sviluppare la previdenza privata. Scriveva infatti un anno fa che “I Governi dovrebbero rendere più vantaggioso l’utilizzo dei piani di previdenza integrativa magari attraverso agevolazioni fiscali per i contributi a questi piani. In 13 Paesi, le attività dei fondi pensione nel 2015 rappresentano oltre il 50% del Pil (erano 10 nei primi anni Duemila). Nello stesso periodo i paesi dell’Ocse con attività dei fondi pensione privati superiori al 100% del Pil sono passati da quattro a sette. In Italia la percentuale è passata dal 2,6% all’8,7%, al livello della Francia.
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