di Rachele Gonnelli
Il vicepremier di Tripoli, Fathi al Majbari, è misteriosamente sparito per una notte.
Rapito da uomini armati che si sono introdotti nella sua casa col buio,
l’altra sera, sparando e ferendo gravemente una delle sue guardie del
corpo. Il rapimento era stato inizialmente smentito dallo stesso governo di «accordo nazionale», riconosciuto internazionalmente, fin quando Majbari non è ricomparso in mattinata a Tunisi,
imbarcato dalle milizie di Haitham al Tajuri – le più potenti di
Tripoli, probabilmente le stesse che lo hanno rapito – alle otto del
mattino dall’aeroporto internazionale Mitiga.
È così che il giovane vicepremier, uno dei cinque esponenti
del governo Serraj provenienti dalla Cirenaica, è stato «punito» per le
sue ultime dichiarazioni pro-Haftar. Majbari, che in passato aveva osato dare l’altolà alla missione militare italiana nel porto di Tripoli, questa volta si è immischiato nella questione più pericolosa e vischiosa della Libia, che non è il controllo dei flussi di migranti, ma la battaglia per i proventi del petrolio. Una battaglia per il controllo dei
terminal delle navi cisterna e dei grandi serbatoi di Ras Lanuf e Sidra
che è stata vinta sul campo dal generale Haftar, a caro prezzo
(184 soldati morti, 300 vittime in meno di due settimane di
combattimenti e 800 milioni di dollari di danni) contro i mercenari del
Ciad al comando dell’ex capo delle guardie petrolifere Ibrahim al
Jadhran, ma persa dallo stesso Haftar diplomaticamente.
Ieri sera al quartier generale del «generalissimo» a Bengasi è
arrivato un messaggio chiaro dai governi occidentali interessati agli
affari libici (Italia, Francia, Usa e Gran Bretagna): «Le risorse vitali
libiche sono sotto il controllo esclusivo della National Oil Company»,
la Noc con sede a Tripoli capitanata da Mustafa Sanallah. Tutto
il contrario di ciò che aveva disposto lo stesso Haftar lo scorso 25
giugno: i proventi ufficiali del commercio del petrolio nei porti del
Golfo della Sirte sarebbero dovuti andare sempre alla Noc ma al suo
distaccamento di Baida, guidato da Faraj Mohamed Saied al Hassi, già a
capo della Arabian Gulf company.
Haftar ha deciso questa nuova divisione di una delle poche
infrastrutture statali ancora esistenti in Libia – la Noc, l’altra è la
Banca centrale – riunificate sotto un’unica guida grazie all’accordo di
pacificazione di Skhirat tre anni fa, e lo ha decretato
significativamente lo stesso giorno della visita del ministro Salvini a
Tripoli, ospite del suo omologo nel governo Serraj, senza
nessun incontro con Haftar o con il «suo» governo non riconosciuto di
Baida. Il vicepremier rapito era stato l’unico del governo Serraj a
dargli ragione. Ora la guerra civile sembra più vicina a riesplodere.
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