di Stefano Mauro
Secondo il canale televisivo israeliano Kan,
l’esercito di Tel Aviv avrebbe aumentato in questi giorni la sua
presenza lungo la frontiera settentrionale per paura di una possibile
incursione da parte delle milizie di Hezbollah. “Un comandante militare
del gruppo sciita – ha indicato nel servizio Kan – è morto
questo martedì in seguito a un bombardamento di caccia israeliani in
Siria ed è possibile che questa volta il partito di Dio reagisca”.
Di sicuro il clima nell’ultimo mese è cambiato. Lo stesso Hezbollah ha dichiarato di essere ormai pronto ad un eventuale conflitto
– previsto da numerosi analisti nel periodo estivo – e, secondo la
stampa israeliana, “avrebbe aumentato la propria presenza militare lungo
tutta l’area di confine, compresa l’unità d’élite Radwan che sarebbe
pronta a invadere la Galilea”.
Tensioni anche a livello diplomatico dopo che, per l’ennesima volta,
l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Danny Danon, ha accusato
“l’Iran di continuare a fornire armamenti ad Hezbollah utilizzando il
porto e l’aeroporto di Beirut”, minacciando un possibile intervento
militare di Tel Aviv contro le infrastrutture libanesi.
Le minacce si vanno ad aggiungere al recente inasprimento
delle sanzioni americane contro due deputati del Blocco della Fedeltà
alla Resistenza (Hezbollah) e nei confronti di Wafic Safa, responsabile
dell’apparato di sicurezza del partito sciita. Iniziativa
considerata “un’aggressione alla sovranità del parlamento libanese, alla
sua legittimità ed alla volontà del popolo”, ha dichiarato il
presidente della repubblica Michel Aoun.
“Questi provvedimenti sono ritorsioni da parte di Washington – ha
aggiunto Aoun – perché abbiamo rifiutato categoricamente di partecipare e
di aderire all’Accordo del Secolo proposto da Trump, un insulto per i
palestinesi e per tutti i paesi arabi”.
Dichiarazioni rincarate dalla rappresentante libanese all’Onu, Amal Moudallali, che ha affermato: “Se
il governo israeliano ricorre a queste accuse per preparare il terreno e
attaccare i porti, gli aeroporti e le infrastrutture libanesi, come nel
2006, il Consiglio di Sicurezza non può restare in silenzio e deve
cercare di impedire a Tel Aviv di lanciare una nuova guerra contro il
Libano”.
La scorsa settimana, nel corso di un’intervista alla tv libanese Al Manar (vicina a Hezbollah), il
segretario generale del partito sciita Hassan Nasrallah ha affermato
che “Hezbollah è in grado di colpire tutto il territorio di Israele”,
indicando con precisione almeno una trentina di obiettivi e basi
militari lungo la costa israeliana e definendo pretestuose le
accuse sugli armamenti forniti dall’Iran, visto che “Hezbollah è in
grado di provvedere autonomamente alla produzione delle proprie testate
missilistiche”.
“Gli israeliani conoscono le nostre potenzialità da tempo – ha
concluso Nasrallah – e di sicuro un nuovo conflitto contro Israele sarà
totalmente diverso da quello del 2006, visto che le nostre capacità
balistiche e umane, in termini di forze terrestri, aeree e marittime,
sono migliorate e quello che cambierà sarà la liberazione di tutti i
territori occupati dall’entità sionista”.
Affermazioni prese in grande considerazione da parte di tutta la stampa israeliana a tal punto che il quotidiano The Jerusalem Post
ha indicato come “Hezbollah sia diventato la più grande preoccupazione
per Tel Aviv” visto che, grazie al suo arsenale missilistico (circa
150mila missili, ndr), è in grado di attaccare tutto il
territorio israeliano anche perché il sistema di difesa missilistico
Iron Dome mostrerebbe “notevoli carenze evidenziate già nei mesi scorsi
con il lancio di missili dalla Striscia di Gaza”.
Un portavoce dell’esercito israeliano, Peter Lerner, ha stimato che siano quasi 40mila i combattenti di Hezbollah: un
esercito formato da unità d’élite, reparti meccanizzati e nuovi reparti
più “tecnologici” pronti a colpire Israele anche con l’utilizzo di
droni di ultima generazione o con attacchi informatici ai sistemi di
difesa di Tel Aviv.
Resta la convinzione, secondo numerosi analisti, che il partito
sciita sia realmente in grado di condurre una guerra “devastante” contro
Israele. “Per questo motivo – conclude l’articolo – tutti i politici
israeliani, che hanno affermato di voler attaccare il Libano, devono
riflettere riguardo alle conseguenze di un nuovo conflitto e devono
chiedersi se varrebbe la pena pagare un prezzo così elevato senza avere
la certezza di un esito favorevole a Israele”.
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