Nella giornata del 19 luglio si è rapidamente diffusa la notizia dello stralcio dell’articolo 12 dalla proposta dell’onorevole Stefani relativa all’iter legislativo che sta seguendo in parlamento l’autonomia differenziata. Da mesi denunciamo il collateralismo politico di organizzazioni sindacali come CGIL CISL e UIL che in Emilia Romagna hanno scritto e sottoscritto il testo di legge sulla regionalizzazione, come dichiarato dal presidente della regione Bonaccini, nonostante si proclamino contrarie a questo percorso quando tengono assemblee sindacali nelle regioni del sud Italia.
Dopo ben due scioperi in cui abbiamo posto l’accento come Unione Sindacale di Base sulla necessità di intraprendere una lotta di tipo confederale e non solo relativa al comparto scuola, visto che le regioni coinvolte in prima istanza Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna avanzano richieste di autonomia legislativa rispettivamente su 20, 23, 19 materie che vanno dalla scuola alla sanità, dall’ambiente alle infrastrutture, dalla ricerca ai beni culturali, rimaniamo veramente esterrefatti rispetto ai tanti proclami di contentezza da parte di associazioni e organizzazioni che di fronte a questo stralcio non sembrano rendersi conto di quanto il nostro Paese stia rischiando in termini di welfare e diritti oggi più che mai.
Cosa ci sarebbe da festeggiare secondo l’ex sottosegretario Giuliano o secondo il Movimento 5 stelle? Nulla, davvero come lavoratori della scuola non abbiamo nulla di cui gioire perché la regionalizzazione non è stata cancellata, anzi il suo iter continua ad andare avanti e il semplice stralcio dell’articolo 12 della proposta dell’onorevole Stefani lascia immutato non solo l’articolo 11, ma anche tutti gli altri articoli che riguardano gli altri comparti del pubblico impiego. Anche per la scuola molti pericoli permangono come il rischio per i docenti, che pur rimarrebbero dipendenti dello Stato, di essere bloccati nella mobilità per un numero di anni che saranno le regioni in futuro a disciplinare e decidere per i neoassunti di Lombardia e Veneto, si parla oggi di un blocco della mobilità pari a 7 anni. Il contratto collettivo nazionale della mobilità sottoscritto quest’anno da CGIL CISL UIL SNALS Gilda è stato quindi a tutti gli effetti una sperimentazione che adesso il governo, in un comune accordo lega-m5s, sembra voler far diventare norma.
La svendita dei diritti dei lavoratori continua con la complicità di questi sindacati che sulle pagine dei giornali nella giornata del 19 luglio hanno persino la faccia tosta di reclamare il blocco della mobilità come una questione di regolazione contrattuale che non può essere demandata alle regioni, proprio loro che questo blocco lo hanno determinato, sottoscrivendo nel 2019 una contrattazione triennale sulla mobilità che impedirà a moltissimi docenti di tornare nelle proprie province per i prossimi tre anni in quanto non potranno inoltrare domanda di mobilità proprio a causa di questa contrattazione a perdere che oggi diviene il prerequisito per la nuova manovra di governo. Senza dimenticare uno sciopero revocato da questi sedicenti sindacati nell’attesa di un tavolo contrattuale sulla Regionalizzazione che non c’è mai stato e in cambio di pochissimi posti per le immissioni in ruolo, dati confermati dalla comunicazione MIUR sugli organici per cui sono previste quasi 180mila cattedre per i precari per il prossimo anno scolastico visto che i posti lasciati liberi da quota 100 non saranno dati alle immissioni in ruolo.
Come Unione Sindacale di Base ricordiamo a tutti i lavoratori che impedire la mobilità sul territorio nazionale è una grave lesione del diritto alla famiglia e al lavoro e rivela ampi caratteri di illegittimità costituzionale. Ma ricordiamo anche al governo pentaleghista che non esiteremo a proclamare un terzo sciopero contro questo blocco della mobilità che si vuole ulteriormente inasprire a livello regionale, nonché contro il progetto della regionalizzazione in toto, perché la continuità didattica nella scuola non si garantisce con il blocco della mobilità, ma come sanno tutti i genitori e le famiglie italiane, si realizza con assunzioni su tutti i posti in organico di fatto e non su quei pochi posti, briciole, previsti per i prossimi concorsi. Una scuola sana e giusta per l’Italia si può fare con l’abolizione della legge 107 detta Buonascuola, spesso annunciata ma ancora non realizzata da questo governo, la fine dell’alternanza scuola lavoro, la revoca del percorso di revisione del testo unico e degli organi collegiali, la completa cancellazione di qualunque progetto di autonomia differenziata e la reale messa a verifica della effettiva efficacia del sistema dell’autonomia scolastica mai monitorata e analizzata realmente.
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