Il carabiniere che ha bendato uno dei ragazzi americani fermati avrebbe dichiarato di averlo fatto “per evitare che si potesse vedere la documentazione che si trovava negli uffici e sui monitor”, una giustificazione che il Comandante Generale dell’Arma Giovanni Nistri ha definito “risibile, perché poteva essere tenuto in un ufficio dove non ci sono dossier e computer”.
Rimane strettissima la connessione fra i due procedimenti (per omicidio, a carico dei due cittadini americani, e per violenza privata – difficilmente il nuovo reato di “tortura” sarà applicabile – a carico del carabiniere che ha bendato uno dei fermati).
Mediaticamente il motivo è già ben evidenziato dalla giornalista Fiorenza Sarzanini oggi sul Corriere della Sera: “i magistrati sono consapevoli che una simile procedura potrebbe essere utilizzata dalla difesa anche per invalidare gli atti del processo”.
L’attenzione dell’opinione pubblica si sposterà inevitabilmente sulla confessione che uno dei due ragazzi avrebbe fatto la sera stessa del fermo davanti ai carabinieri. Poniamoci subito alcune domande.
Come possono definirsi dichiarazioni “spontanee” quelle rese da una persona appena ammanettata ad una sedia e bendata? Perché i carabinieri non hanno atteso l’arrivo dell’avvocato difensore a cui quella persona aveva diritto fin dall’inizio ?
E dunque che valore hanno quelle dichiarazioni?
È sufficiente a “salvarle” la loro conferma in sede di interrogatorio durante l’udienza di convalida del fermo ?
Come dimenticare, infine, la posizione di chi (un altro carabiniere) ha scattato la fotografia del ragazzo bendato? Un tempo non sarebbe mai accaduto. Oggi non solo quella situazione è stata immortalata ma poche ore dopo quell’immagine ha iniziato a circolare sulla rete.
Anche questo aspetto significa che è in atto un cambiamento profondo e preoccupante nei comportamenti, che merita tutta la nostra attenzione.
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Contropiano. Tradotto dal linguaggio giuridico: quella benda sugli occhi, la fotografia e la sua diffusione sono probabilmente il modo con cui le “forze dell’ordine” agli ordini di Salvini pensano di poter facilitare la “difesa” dei due studenti americani e quindi riconsegnarli a Trump non appena il caso sarà stato mediaticamente dimenticato.
Bel modo di onorare la memoria di un collega ucciso (e usato come uno straccio per avviare una “caccia al nero” fortunatamente abortita sul nascere…)...
Il Cermis e l’omicidio Calipari insegnano.
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