di Chiara Cruciati – il Manifesto
Spari in un ristorante, due morti e un ferito e poi la fuga dell’aggressore: è successo ieri alle 14.30 ora locale a Erbil, capitale del governo regionale del Kurdistan iracheno (Krg). Tra le vittime un civile iracheno e un diplomatico turco: non ne è stato fatto il nome, ma si tratterebbe del vice console.
L’orario è quello del pranzo, la zona i quartieri nuovi della
capitale, palazzi in vetro e sprazzi di verde, che negli ultimi anni ha
visto un boom di speculazione edilizia in stile Dubai: il ristorante
HuQQabaz è lungo Airport Road, tra Dream City ed Empire, una
toponomastica che dice molto del modello di sviluppo immaginato dal clan
Barzani per una regione che dopo anni di crescita record è oggi ostaggio di una seria crisi economica.
È qui, nord-ovest di Erbil, che uomini d’affari, diplomatici e
stranieri trascorrono il tempo libero, tra il centro commerciale Mozart
Plaza, il parco Sami Abdulrahman e i palazzi che ospitano l’American
International School e la Cambridge. HuQQabaz segue identico stile, luci
soffuse e poltroncine pastello.
La sparatoria è avvenuta lì dentro, tra i tavoli. Sui motivi Ankara ed Erbil non si sbilanciano:
«Abbiamo chiesto alle autorità irachene e regionali di individuare
velocemente gli aggressori», scrive in una nota il ministro degli esteri
turco Cavusoglu. «Il governo ha lanciato un’indagine e
contattato i diplomatici turchi per fornire assistenza», gli fanno eco
le forze di sicurezza curde, le Asayesh, che hanno fatto sapere di aver
chiuso tutte le strade che portano fuori città.
L’aggressore ha sparato da distanza ravvicinata, probabilmente la
vittima era designata: il proprietario del ristorante racconta di aver
visto un uomo con due pistole avvicinarsi a un gruppo di diplomatici
turchi, aprire il fuoco e fuggire. E le prime ipotesi iniziano a fiorire: se Cavusoglu, a specifica domanda, ha parlato di possibile «attacco terroristico» ma
non di poter confermare, quotidiani turchi – pur non attribuendo
responsabilità certe – ricordano le operazioni aeree turche che da anni
colpiscono con cadenza settimanale le montagne di Qandil, nord
dell’Iraq, rifugio e centro di comando del Pkk.
La nuova fase della campagna, «Operazione artiglio 2», è
cominciata appena pochi giorni fa, il 12 luglio ad Hakurk al confine tra
Krg e Turchia e a 52 km da Erbil: in poche ore sono state distrutte
grotte che Ankara riteneva nascondigli della guerriglia.
Proprio ieri il Partito curdo dei lavoratori rendeva nota la morte di un suo leader, Sarhad Varto, membro del braccio politico ucciso da un raid aereo turco a marzo, mentre è di pochi giorni fa l’uccisione di un altro leader di spicco, Diyar Gharib Mohammed, colpito dall’aviazione di Erdogan a Qandil.
Da parte sua il Pkk – che ieri tramite un portavoce negava ogni coinvolgimento nella sparatoria – ha
portato a termine in queste settimane, dice l’agenzia curda Anf, una
serie di attacchi contro basi militari e convogli dell’esercito di
Ankara in territorio turco, in un caso uccidendo sei soldati.
Il governo turco ha già promesso «risposte», scrive su Twitter il portavoce del presidente Erdogan. Che prende direttamente la parola esprimendo condoglianze alla famiglia della vittima e garantendo l’impegno congiunto con l’alleato curdo-iracheno per individuare i responsabili.
Un’alleanza tornata operativa dopo un periodo di gelo seguito al
referendum sull’indipendenza da Baghdad del Krg. Pur vincendo con
percentuali bulgare, l’allora presidente Masoud Barzani era stato
isolato nella regione anche da amici, come la Turchia, un isolamento
commerciale e finanziario che aveva costretto il leader del Krg a un
umiliante passo indietro.
Ma mettere in pericolo rapporti consolidati non conveniva a nessuno. La
Turchia ha relazioni commerciali e finanziarie importanti con Erbil, di
cui è primo partner nella distribuzione del greggio e principale
importatore di beni di consumo per un interscambio totale di 13 miliardi
di dollari. Il 20 giugno Erdogan ha invitato a Istanbul il neoeletto presidente curdo, Nerchivan Barzani.
Il nipote del vecchio leader ha inaugurato il suo mandato con un incontro a porte chiuse con il presidente turco. Erdogan
ha promesso un raddoppio nel volume degli scambi e Barzani ha
ringraziato con il miglior tributo possibile: addossando la colpa delle
violenze al Pkk e non alla palese violazione della sovranità del Krg da
parte dei caccia di Ankara.
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