15/11/2019
Bolivia e minerali. Ragioni per un colpo di Stato
Ciò che dovrebbe essere una benedizione per qualsiasi paese in Bolivia è una maledizione. Ciò è stato espresso dallo scrittore boliviano Augusto Céspedes in un libro memorabile chiamato “Metal del Diablo”, in cui si riferisce alle miniere di stagno boliviane che sono sempre state la causa dell’avidità dei vari imperi che hanno devastato l’America Latina.
Dapprima fu l’impero inglese e poi quello statunitense che riuscì a impossessarsi di quel metallo diabolico che Céspedes chiama in questo modo a causa delle disgrazie che la sua proprietà ha portato al popolo boliviano e che non è mai stato uno strumento di liberazione per quel popolo.
La storia della Bolivia ruota sempre attorno alla proprietà delle miniere di stagno, che è stata sempre nelle mani dell’indio Antenor Patiño in prima linea di esportazione di quel paese e causa di instabilità politica permanente.
Durante il diciannovesimo e in gran parte del ventesimo secolo (fino al 1952), lo stagno era nelle mani delle compagnie minerarie che collaborarono con Patiño per il suo sfruttamento ed esportazione e l’importanza di quel metallo è dovuta al fatto che miscelato con il rame produce un metallo duro come il bronzo, che ha infinite applicazioni nell’industria moderna.
Ma la rivoluzione popolare del 1952 per mano del Movimento nazionalista rivoluzionario guidato da Victor Paz Estenssoro, pose fine a quella situazione nazionalizzando lo stagno che sarebbe passato allo Stato creando per esso una società statale che sarebbe stata responsabile del suo sfruttamento e commercializzazione. Così è stato con l’arrivo al potere di Paaz Estenssoro in gran parte grazie all’aiuto del presidente argentino Juan Domingo Perón,
Lo stagno boliviano fin tanto che fu in mani private venne sempre gestito da quello che veniva chiamato “il filo di latta”, ovvero, un miserabile conglomerato formato da esportatori di metalli, e dalla famiglia di Antenor Patiño e poi Simón Patiño, entrambi coyas indios, che in seguito fondarono una banca in Svezia e che oggi possiede una delle più grandi fortune del mondo.
Per comprendere meglio la situazione della Bolivia e del suo stagno è necessario sapere che l’esportazione di questa materia prima è stata fatta sulla materia grezza, vale a dire che il minerale è stato venduto all’estero in quanto ha lasciato le miniere, senza purificazione e quindi senza valore aggiunto e dunque a basso prezzo.
L’arrivo del Movimento nazionalista rivoluzionario (MNR) al governo boliviano ha significato un cambiamento importante per il paese poiché per la prima volta lo stagno è stata venduto in barre o piastre, vale a dire con un valore aggiunto, che è stato ottenuto attraverso un altoforno di proprietà dello Stato boliviano.
Negli anni seguenti la Bolivia fu soggetta a successivi colpi di stato da parte dell’esercito alleato dell’oligarchia, che iniziarono con quello messo in atto dal generale Barrientos Ortuño e che terminò con l’arrivo di Evo Morales al governo dopo la dittatura del generale Banzer.
La Bolivia ha uno dei sottosuoli più ricchi del mondo dove c’è petrolio, gas, oro, argento e ultimamente litio. Il più grande deposito di litio al mondo si trova in Bolivia, in un’enorme riserva che copre Bolivia, Cile e Argentina. La maggior parte del litio in questa riserva è nel territorio boliviano e rappresenta da solo il 70% del litio totale nel mondo ed è ora sfruttato da una società tedesco-boliviana che produce batterie per auto.
Su tutto quel tesoro che si trova nel territorio boliviano, l’impero yankee ha messo gli occhi e anche le mani e la politica del presidente Morales non gli è mai piaciuta e tenta ora con tutti i tipi di mezzi di porre fine al suo governo.
Al momento la Bolivia viene attaccata in modo feroce da un’opposizione molto simile a quella che ha rovesciato Salvador Allende in Cile nel lontano 1973, e usando gli stessi metodi di una volta.
L’“opposizione” scende in piazza denunciando una presunta frode nell’ultima rielezione di Evo Morales commettendo tutti i tipi di eccessi violenti e organizzando rivolte nelle strade, con attacchi alla maggioranza degli indiani Quechua e Aymara che formano ciò che nella nuova Costituzione Boliviana è chiamato “Stato plurinazionale”.
Il popolo boliviano, e in particolare la classe operaia, i minatori, i contadini e gli artigiani che costituiscono quasi il 90% della popolazione non avevano mai goduto di uno stato sociale come quello che hanno raggiunto durante i tre mandati del presidente Evo Morales e questo è qualcosa che la vecchia oligarchia non vuole né è disposta ad accettare.
Se il governo democratico della Bolivia non applica misure per spezzare la schiena della vecchia oligarchia privandola dei suoi beni, dovrà affrontare situazioni come questa molte altre volte.
L’esperienza cilena dovrebbe servire a non ripeterla.
Fonte
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