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20/11/2019

Gilets gialli, un anno dopo: “Facciamo ancora paura al governo francese”

A 12 mesi dalla nascita del movimento Priscillia Ludosky, una delle menti che aveva acceso la miccia in quel burrascoso novembre 2018, fa il punto della situazione: “Malgrado la repressione e lo Stato di polizia, le proteste sono ancora vive perché il movimento è trasversale e attraversa le fratture della nostra società”. Rifiutato ogni cappello politico – da Melenchon a Le Pen – per il futuro pensano a possibili liste civiche e ad una convergenza coi gilet verdi contro l’emergenza climatica: “Solo federando tutte le lotte si riesce ad ottenere qualcosa”.

intervista a Priscillia Ludovsky di Marco Cesario

“Per la prima volta nella storia contemporanea di Francia il popolo, quello che non riesce ad arrivare a fine mese (e sono milioni di persone) si è potuto esprimere attraverso una piattaforma di rivendicazioni senza avere alle spalle né un partito, né un’organizzazione ma creando un movimento trasversale dal punto di vista politico perché attraversa le fratture della nostra società che sono esse stesse trasversali”. Un anno dopo la nascita del movimento dei Gilets gialli, Priscillia Ludosky, una delle menti che aveva acceso la miccia in quel burrascoso novembre 2018 con una petizione che avrebbe raggiunto il milione di firme in soli dodici giorni, racconta a MicroMega perché il movimento è tutt’altro che morto. Arresti, processi, repressione e lavoro d’intelligence: ecco come il governo francese in questi mesi ha cercato di soffocare quello che è stato definito come il più vasto e longevo movimento sociale della storia di Francia. Non riuscendoci completamente, perché dopo un anno i Gilets gialli sono ancora lì. Di lei è stato detto che è un agente russo, una spia pagata da potenze straniere per favorire l’ascesa dell’estrema destra in Francia. In realtà Priscillia Ludosky incarna la figura di una donna invisa al potere per aver dato il via ad una contestazione epocale e che oggi ha fatto sua anche la lotta per la salvaguardia del clima.

Gilets gialli, un anno dopo. Questo movimento può fare ancora paura al governo francese?

Il governo ha messo e continua a mettere molte energie nella repressione poliziesca e giudiziaria. Vuol dire che il movimento dei Gilets gialli fa ancora paura e disturba il governo che anche attraverso i servizi segue tutti i progetti dei Gilets gialli ed è sul campo ogni qual volta si scende in piazza, per carpire informazioni sui nuovi obiettivi, le assemblee, le azioni. Vuol dire che ha ancora paura, compreso per questo anniversario dei Gilets gialli, il 17 Novembre. Dopo un anno siamo ancora qui e nessuno se l’aspettava. Per questo anniversario abbiamo inviato al presidente della Repubblica Macron una sorta di memorandum che sintetizza le principali rivendicazioni raccolte sulla piattaforma dei Gilets gialli. È importante che ci fosse una data simbolo per rimettere questo documento nelle mani del presidente della repubblica.

Qual è stata la risposta del presidente della Repubblica?

Nessuna. Il nostro memorandum è rimasto lettera morta. Una risposta che ovviamente ci aspettavamo.

Questo significa che con i Gilets non si può ancora discutere ed è dunque legittima la repressione?

La violenza poliziesca che si è abbattuta sui Gilets gialli - che ha generato oltre 4.400 feriti, oltre 10.000 arresti e 2.000 condanne - è stata utilizzata come strumento per soffocare il movimento, per reprimere il dissenso e la libertà di pensiero. Non dimentichiamo che quello dei Gilets gialli è stato un movimento popolare, partito dal basso. Per la prima volta nella storia contemporanea di Francia, il popolo si è potuto esprimere attraverso una piattaforma di rivendicazioni senza avere alle spalle né un partito, né un’associazione, né una qualsivoglia organizzazione ma attraverso l’autorganizzazione. La forte repressione dopo le prime settimane è servita a dissuadere le persone dallo scendere in piazza, a spaventare il popolo che si è assottigliato negli ultimi mesi nelle strade ma che ha continuato a seguire le azioni attraverso i social o i media cittadini. L’uso della forza poi, e ci sono molti rapporti a dimostrarlo, è stato largamente sproporzionato ma noi in banlieue già lo conoscevamo. In effetti contro i gilets gialli si è abbattuta la stessa violenza e ferocia che i ragazzi delle periferie subiscono da anni da parte delle forze di polizia: arresti violenti, uso di lacrimogeni, granate stordenti, proiettili di gomma che hanno causato migliaia di feriti. C’è gente che ha perso un occhio, chi la mano, chi ha subito danni uditivi o trauma cranici. Tutto questo per reprimere il diritto sacrosanto a protestare. È così che la Francia ha cessato di essere uno stato di diritto.

Ancora oggi è legittimo forse porsi la domanda: chi e cosa rappresentano i Gilets gialli?

Rappresentano tutti quei segmenti della società francese messi in ginocchio dalle scelte politico-economiche di questo governo. Un movimento popolare che include vecchi, giovani, studenti, operai o infermieri che nel tempo ha assorbito via via altre categorie di lavoratori e che non ha alle spalle nessun partito ma che resta trasversale dal punto di vista politico perché attraversa le fratture della nostra società che sono trasversali. Molti hanno cercato di mettere un’etichetta al movimento perché nelle manifestazioni identificavano ora un partito ora un altro, perché effettivamente vessilli e bandiere di ogni tipo sventolavano nei cortei. Ed è forse proprio questo che ha infastidito il governo: si tratta di un movimento popolare che non ha intenzione di affermarsi come facente parte di una specifica sfera politica ma che sfida la concezione classica dei partiti per i quali si è persa ogni fiducia. I partiti oggi usano il potere conferito loro dagli elettori per farsi la guerra, per ottenere nuovi privilegi e non per aiutare le classi sociali più colpite da politiche economiche ultra-liberali.

Molti partiti, anche a sinistra come La France Insoumise, hanno cercato di appropriarsi o quantomeno veicolare le istanze espresse dai Gilets gialli...

Senza successo per altro! Personalmente sono stata contattata anche da partiti di estrema destra che erano interessati a dare un cappello a questo movimento per un proprio tornaconto personale. In realtà molti ci hanno provato ma nessuno ci è riuscito. È faticoso poi giustificare ogni volta il fatto che il movimento è popolare e trasversale. Durante le manifestazioni si sono visti tanti esponenti di correnti politiche distribuire volantini e rivendicazioni dei propri partiti. È stata una guerra di comunicazione.

Questo significa che il movimento dei Gilets gialli non avrà mai un futuro politico?

Non c’è interesse a creare alcun partito. Mentre per quanto riguarda le liste civiche è invece importante servirsi di tutto il lavoro fatto in questi mesi dai Gilets gialli. Ci saranno sempre degli autoproclamati esponenti dei GJ che entreranno in questo o quel partito ma sarà sempre una scelta personale, mai di tutto il movimento, la cui forza è proprio questa, di adattarsi alle lotte specifiche e locali senza proiettare dogmi politici di sorta alle diverse lotte territoriali.

In concomitanza dei Fridays for Future c’è stata anche una convergenza di lotte tra gilets gialli e “gilets verdi”. Può essere anche questa una chiave per leggere il futuro di questo movimento?

La questione è questa. All’inizio il governo ci diceva: “voi non sapete nemmeno cosa volete”. Il fatto che ci siano stati tutti questi scioperi, oltre 200 nel servizio pubblico, non ha fatto altre che dare credito alle nostre istanze e alla nostra lotta. Tutto questo concerne il mondo del lavoro, concerne il salario e dunque il potere d’acquisto. La verità è che ci sono milioni di francesi che non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Ecco perché tanti scioperi per opporsi ai licenziamenti collettivi e per difendere un servizio pubblico agonizzante. Allo stesso modo in cui si denunciano le diseguaglianze fiscali ed i licenziamenti si denunciano ugualmente i catastrofici mutamenti climatici provocati dall’attività umana e da politiche che non rispettano l’ambiente e le risorse naturali. Quando ne parlavamo all’inizio il governo ci rideva dietro, oggi ciò dimostra ancora una volta non solo che avevamo ragione ma che forse il futuro di tutte le lotte è nella convergenza delle lotte stesse. Solo federando tutte le lotte si riesce ad ottenere qualcosa. Ma la strada è ancora molto lunga.

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