A 12 mesi dalla nascita del movimento Priscillia Ludosky, una delle
menti che aveva acceso la miccia in quel burrascoso novembre 2018, fa il
punto della situazione: “Malgrado la repressione e lo Stato di polizia,
le proteste sono ancora vive perché il movimento è trasversale e
attraversa le fratture della nostra società”. Rifiutato ogni cappello
politico – da Melenchon a Le Pen – per il futuro pensano a possibili
liste civiche e ad una convergenza coi gilet verdi contro l’emergenza
climatica: “Solo federando tutte le lotte si riesce ad ottenere
qualcosa”.
intervista a Priscillia Ludovsky di Marco Cesario
“Per
la prima volta nella storia contemporanea di Francia il popolo, quello
che non riesce ad arrivare a fine mese (e sono milioni di persone) si è
potuto esprimere attraverso una piattaforma di rivendicazioni senza
avere alle spalle né un partito, né un’organizzazione ma creando un
movimento trasversale dal punto di vista politico perché attraversa le
fratture della nostra società che sono esse stesse trasversali”. Un anno
dopo la nascita del movimento dei Gilets gialli, Priscillia Ludosky,
una delle menti che aveva acceso la miccia in quel burrascoso novembre
2018 con una petizione che avrebbe raggiunto il milione di firme in soli
dodici giorni, racconta a MicroMega perché il movimento è tutt’altro
che morto. Arresti, processi, repressione e lavoro d’intelligence: ecco
come il governo francese in questi mesi ha cercato di soffocare quello
che è stato definito come il più vasto e longevo movimento sociale della
storia di Francia. Non riuscendoci completamente, perché dopo un anno i
Gilets gialli sono ancora lì. Di lei è stato detto che è un agente
russo, una spia pagata da potenze straniere per favorire l’ascesa
dell’estrema destra in Francia. In realtà Priscillia Ludosky incarna la
figura di una donna invisa al potere per aver dato il via ad una
contestazione epocale e che oggi ha fatto sua anche la lotta per la
salvaguardia del clima.
Gilets gialli, un anno dopo. Questo movimento può fare ancora paura al governo francese?
Il
governo ha messo e continua a mettere molte energie nella repressione
poliziesca e giudiziaria. Vuol dire che il movimento dei Gilets gialli
fa ancora paura e disturba il governo che anche attraverso i servizi
segue tutti i progetti dei Gilets gialli ed è sul campo ogni qual volta
si scende in piazza, per carpire informazioni sui nuovi obiettivi, le
assemblee, le azioni. Vuol dire che ha ancora paura, compreso per
questo anniversario dei Gilets gialli, il 17 Novembre. Dopo un anno
siamo ancora qui e nessuno se l’aspettava. Per questo anniversario
abbiamo inviato al presidente della Repubblica Macron una sorta di
memorandum che sintetizza le principali rivendicazioni raccolte sulla
piattaforma dei Gilets gialli. È importante che ci fosse una data
simbolo per rimettere questo documento nelle mani del presidente della
repubblica.
Qual è stata la risposta del presidente della Repubblica?
Nessuna. Il nostro memorandum è rimasto lettera morta. Una risposta che ovviamente ci aspettavamo.
Questo significa che con i Gilets non si può ancora discutere ed è dunque legittima la repressione?
La
violenza poliziesca che si è abbattuta sui Gilets gialli - che ha
generato oltre 4.400 feriti, oltre 10.000 arresti e 2.000 condanne - è
stata utilizzata come strumento per soffocare il movimento, per
reprimere il dissenso e la libertà di pensiero. Non dimentichiamo che
quello dei Gilets gialli è stato un movimento popolare, partito dal
basso. Per la prima volta nella storia contemporanea di Francia, il
popolo si è potuto esprimere attraverso una piattaforma di
rivendicazioni senza avere alle spalle né un partito, né
un’associazione, né una qualsivoglia organizzazione ma attraverso
l’autorganizzazione. La forte repressione dopo le prime settimane è
servita a dissuadere le persone dallo scendere in piazza, a spaventare
il popolo che si è assottigliato negli ultimi mesi nelle strade ma che
ha continuato a seguire le azioni attraverso i social o i media
cittadini. L’uso della forza poi, e ci sono molti rapporti a
dimostrarlo, è stato largamente sproporzionato ma noi in banlieue già lo
conoscevamo. In effetti contro i gilets gialli si è abbattuta la stessa
violenza e ferocia che i ragazzi delle periferie subiscono da anni da
parte delle forze di polizia: arresti violenti, uso di lacrimogeni,
granate stordenti, proiettili di gomma che hanno causato migliaia di
feriti. C’è gente che ha perso un occhio, chi la mano, chi ha subito
danni uditivi o trauma cranici. Tutto questo per reprimere il diritto
sacrosanto a protestare. È così che la Francia ha cessato di essere uno
stato di diritto.
Ancora oggi è legittimo forse porsi la domanda: chi e cosa rappresentano i Gilets gialli?
Rappresentano
tutti quei segmenti della società francese messi in ginocchio dalle
scelte politico-economiche di questo governo. Un movimento popolare che
include vecchi, giovani, studenti, operai o infermieri che nel tempo ha
assorbito via via altre categorie di lavoratori e che non ha alle spalle
nessun partito ma che resta trasversale dal punto di vista politico
perché attraversa le fratture della nostra società che sono trasversali.
Molti hanno cercato di mettere un’etichetta al movimento perché nelle
manifestazioni identificavano ora un partito ora un altro, perché
effettivamente vessilli e bandiere di ogni tipo sventolavano nei cortei.
Ed è forse proprio questo che ha infastidito il governo: si tratta di
un movimento popolare che non ha intenzione di affermarsi come facente
parte di una specifica sfera politica ma che sfida la concezione
classica dei partiti per i quali si è persa ogni fiducia. I partiti oggi
usano il potere conferito loro dagli elettori per farsi la guerra, per
ottenere nuovi privilegi e non per aiutare le classi sociali più colpite
da politiche economiche ultra-liberali.
Molti partiti,
anche a sinistra come La France Insoumise, hanno cercato di appropriarsi
o quantomeno veicolare le istanze espresse dai Gilets gialli...
Senza
successo per altro! Personalmente sono stata contattata anche da
partiti di estrema destra che erano interessati a dare un cappello a
questo movimento per un proprio tornaconto personale. In realtà molti ci
hanno provato ma nessuno ci è riuscito. È faticoso poi giustificare
ogni volta il fatto che il movimento è popolare e trasversale. Durante
le manifestazioni si sono visti tanti esponenti di correnti politiche
distribuire volantini e rivendicazioni dei propri partiti. È stata una
guerra di comunicazione.
Questo significa che il movimento dei Gilets gialli non avrà mai un futuro politico?
Non
c’è interesse a creare alcun partito. Mentre per quanto riguarda le
liste civiche è invece importante servirsi di tutto il lavoro fatto in
questi mesi dai Gilets gialli. Ci saranno sempre degli autoproclamati
esponenti dei GJ che entreranno in questo o quel partito ma sarà sempre
una scelta personale, mai di tutto il movimento, la cui forza è proprio
questa, di adattarsi alle lotte specifiche e locali senza proiettare
dogmi politici di sorta alle diverse lotte territoriali.
In
concomitanza dei Fridays for Future c’è stata anche una convergenza di
lotte tra gilets gialli e “gilets verdi”. Può essere anche questa una
chiave per leggere il futuro di questo movimento?
La
questione è questa. All’inizio il governo ci diceva: “voi non sapete
nemmeno cosa volete”. Il fatto che ci siano stati tutti questi scioperi,
oltre 200 nel servizio pubblico, non ha fatto altre che dare credito
alle nostre istanze e alla nostra lotta. Tutto questo concerne il mondo
del lavoro, concerne il salario e dunque il potere d’acquisto. La verità
è che ci sono milioni di francesi che non ce la fanno ad arrivare a
fine mese. Ecco perché tanti scioperi per opporsi ai licenziamenti
collettivi e per difendere un servizio pubblico agonizzante. Allo stesso
modo in cui si denunciano le diseguaglianze fiscali ed i licenziamenti
si denunciano ugualmente i catastrofici mutamenti climatici provocati
dall’attività umana e da politiche che non rispettano l’ambiente e le
risorse naturali. Quando ne parlavamo all’inizio il governo ci rideva
dietro, oggi ciò dimostra ancora una volta non solo che avevamo ragione
ma che forse il futuro di tutte le lotte è nella convergenza delle lotte
stesse. Solo federando tutte le lotte si riesce ad ottenere qualcosa.
Ma la strada è ancora molto lunga.
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