di Paolo Maddalena
Il disastro delle privatizzazioni si sta rivelando oggi in tutta la sua
gravità. Lo Stato ha ceduto ai privati le sue fonti di produzione di
ricchezza nazionale e non ha più fondi in bilancio per far fronte alle
esigenze attuali, che richiedono un intervento pubblico per salvare
l’Ilva e Alitalia e per ultimare la realizzazione del Mose a Venezia.
Per quest’ultima sono stati già spesi 7 miliardi, molti dei quali
sono stati dissipati con elargizioni da parte della società Venezia
Nuova a soggetti di vario tipo e con il pagamento di numerose tangenti.
Ora Venezia è sommersa dall’acqua e il Mose non è in grado di
funzionare. Abbiamo la dimostrazione concreta di quanto dannosa sia
stata per la collettività, la privatizzazione delle opere pubbliche.
Il governo ha nominato commissario straordinario Elisabetta Spitz, la
quale tra il 2000 e il 2008, come capo dell’Agenzia del Demanio, diresse
la cartolarizzazione, cosiddette Scip1 e Scip2, relativa alla vendita
di immobili pubblici del valore di 15 miliardi.
Scip1 fruttò, su un valore di 5 miliardi solo 1,7 miliardi, Scip2,
relativa alla vendita di immobili per un valore di 10 miliardi, fu un
completo disastro e non si sa quanto è costata alla collettività.
Speriamo che oggi la Spitz sappia far meglio per quanto riguarda il
Mose.
Altro effetto negativo è stato quello della privatizzazione dell’Ilva,
passata dallo Stato alla famiglia Riva, e oggi ad ArcelorMittal, la
quale, come è noto, ha deciso di recedere dalla sua posizione e sta per
spegnere, tra dicembre e metà gennaio, tutti gli alti forni, gettando
sul lastrico circa 12000 lavoratori. E a questo proposito c’è da
ricordare che per riaccendere quegli alti forni occorrono almeno 10
mesi.
Oggi lo Stato, che una volta era padrone dell’Ilva, prega col cappello
in mano ArcelorMittal di rispettare il contratto. Cosa che questa
azienda certamente non farà.
Altro capitolo disastroso è quello di Alitalia, una volta in proprietà
dello Stato e oggi alla mercé di aziende speculatrici, le quali per
entrare a far parte della nostra compagnia pretendono di ridimensionare
il numero degli aerei attualmente in funzione e di licenziare 3500
lavoratori.
Si distingue in questa azione negativa nei nostri confronti soprattutto
la compagnia americana Delta, la quale, con appena 100 milioni sul
tavolo, pretende di agire da padrona.
L’Italia, come si vede, è mesa con le spalle al muro, e questo è il
frutto di una scelta improvvida e disastrosa, fatta dai nostri
governanti dagli anni ’90 in poi.
È inutile piangere sul latte versato, ma è assolutamente necessario che
gli italiani si rendano conto di quanto disastrosa sia stata l’azione
dei nostri governi.
Si oppone all’azione governativa anche l’Europa, la quale impedisce gli
aiuti di Stato e rende ancor più difficoltosa la soluzione di questa
drammatica situazione.
In questo quadro l’Italia è destinata a soccombere e il prossimo futuro sarà quello di una dilagante miseria generale.
La causa di tutto, come più volte abbiamo ripetuto, sta nell’aver
aderito al sistema economico predatorio neoliberista, voluto quasi
unanimemente da illustri professori di economia, distruggendo con
numerosissime leggi incostituzionali il precedente sistema economico
produttivo di stampo keynesiano sancito dalla nostra Costituzione.
Salvare l’Italia dal punto di vista economico è oggi un’impresa assai ardua.
Ma chi intende farlo deve tener presente che occorre combattere
con tutti i mezzi giuridici a nostra disposizione l’attuale sistema
economico predatorio neoliberista, nonché l’atteggiamento dell’Europa,
che ci impone proprio in virtù dell’attuazione di quel sistema
predatorio, una insostenibile austerità che rende impossibile un’azione
politica di sviluppo economico.
L’unico elemento di forza che abbiamo è quello di attuare la nostra
Costituzione economica, facendola prevalere anche nei confronti
dell’Europa, in virtù del principio dei contro-limiti, sempre asserito
dalla nostre Corte costituzionale.
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