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26/11/2019

La lotta di classe nel XXI Secolo riparte dell’America Latina

Il durissimo scontro politico e sociale che si va combattendo in America Latina esprime molto di più di singole rivolte o tentativi golpisti. Nel continente latinoamericano sempre più nitidamente è in corso uno scontro di classe frontale che si gioca in più paesi, con fasi e risultati alterni, ma con interessi sociali definiti e antagonisti tra loro.

Da un lato le oligarchie appoggiate dall’imperialismo statunitense cercano con ogni mezzo, golpista o elettorale che sia, di riaffermare i propri interessi materiali. Dall’altro ci sono i settori popolari che hanno visto le proprie condizioni materiali migliorare ed emanciparsi dentro il ciclo storico progressista sviluppatosi dalla fine degli anni '90 in America Latina.

Entrambi i fronti di classe – sia quello oligarchico sia quello popolare – hanno l’esatta percezione che la vittoria dell’uno o dell’altro significa perdere molto e talvolta tutto quello che si possedeva o quello che si è conquistato. Ciò spiega la durezza dello scontro in corso in tutto il continente latinoamericano.

Ma quanto è avvenuto in questi anni, nin cui i tentativi di restaurare l’egemonia borghese ed imperialista sull’America Latina si soo susseguiti, ci dice anche che la transizione e il cambiamento non possono realizzarsi o consolidarsi attraverso il semplice processo elettorale.

Il ciclo progressista degli ultimi venti anni si è realizzato attraverso una tornata di vittorie elettorali delle forze democratiche e popolari, in alcune casi rivoluzionarie, in diversi paesi – Venezuela, Bolivia, Ecuador, Nicaragua, Uruguay, Argentina – e sulla tenuta politica e strategica della esperienza rivoluzionaria di Cuba.

I governi progressisti hanno realizzato conquiste sociali importanti sulle nazionalizzazioni delle risorse, sul miglioramento delle condizioni materiali di vita dei più poveri – dagli abitanti delle favelas agli indios – dei lavoratori e delle stesse classi medie impoverite da decenni di liberismo selvaggio e di debito estero da ripagare dolorosamente.

In alcuni casi il cambiamento ha inciso più in profondità, creando anche organismi di massa rivoluzionari e indebolendo la macchina statale pre-esistente. In altri casi ci si è limitati a programmi riformisti, a compromessi con la borghesia locale o multinazionale nella speranza di acquistare tempo e forze per cambiamenti più profondi, non si sono smantellati o ristrutturati gli apparati statali (vedi le forze armate) pronti invece a rispondere agli interessi e ai soldi degli Usa o delle oligarchie locali. In questo secondo caso, la verifica elettorale ha portato anche a rovesciamenti politici quando le oligarchie hanno saputo intercettare meglio le contraddizioni lasciate aperte dai governi progressisti.

Contestualmente i governi delle oligarchie, una volta tornate al potere, hanno riaffermato immediatamente i loro interessi antipopolari e filo imperialisti, facendo precipitare nuovamente ampi settori popolari nella condizioni di miseria e incertezza precedenti.

Questo spiega perché prima si è vinto e poi si sono perse le elezioni in Brasile, si è perso e poi vinto le elezioni in Argentina, perché le elezioni in Venezuela, Bolivia e Nicaragua sono state spesso contrastate e conflittuali. E si spiega anche perché il laboratorio più brutale del neoliberismo, il Cile, veda oggi una sollevazione popolare di grandezza e tenuta straordinarie. E perché una parte delle FARC in Colombia abbia deciso di tornare alla guerriglia rompendo con un accordo di pace che vede di nuovo il massacro dei militanti, degli attivisti popolari, dei sindacalisti, esattamente come avvenuto trenta anni fa con il tentativo di legalizzazione delle FARC attraverso l’Unione Patriottica.

In tutti i paesi latinoamericani dove il ciclo elettorale progressista ha misurato i suoi risultati e i suoi consensi solo attraverso questo strumento, gli interessi di classe in conflitto si sono palesati sempre più nettamente, rivelando come dentro ogni paese agisse la contrapposizione tra questi interessi – e dunque la lotta di classe – e di come i risultati ottenuti possono essere consolidati solo attraverso nuovi strumenti di potere popolare e l’indebolimento delle strutture dell’oligarchia.

Nelle strade e nelle città del Venezuela, della Bolivia, del Cile è in corso un conflitto frontale tra chi ha molto da perdere e tutto da conquistare. Ogni passo indietro dell’oligarchia è un passo avanti dei settori popolari, ogni passo indietro dei governi progressisti è una concessione agli interessi borghesi e dell’imperialismo Usa. È uno scontro che deve essere – e verrà combattuto – con ogni mezzo necessario.

Il risultato di questo scontro di classe in corso in molti paesi latinoamericani ci parla e ci dice molto anche come comunisti e rivoluzionari in Europa.

Non possiamo limitarci a denunciare la repressione, raccontare quello che accade ed esprimere solidarietà. Dobbiamo saper cogliere la portata strategica dello scontro di classe in corso in America Latina e cercare di sintonizzarci con esso. Ne consegue che il democraticismo piagnone della sinistra europea o l’eterno velleitarismo di certa ultrasinistra, sono atteggiamenti inservibili e dannosi per la lotta di classe, sia sul campo in America Latina sia qui, sul nostro fronte, nel cuore dell’imperialismo europeo.

La situazione internazionale determinata da una crescente competizione interimperialista, da una crisi sistemica irrisolta del capitalismo e da tensioni sempre più forti, richiedono ai comunisti e ai rivoluzionari in Europa come in America Latina, un salto di qualità sul piano della rimessa in campo di una alternativa strategica ad un capitalismo distruttore e reso feroce dalla paura.

Il socialismo nel XXI Secolo non è materia da accademia, è la prospettiva da rimettere in gioco dentro lo scontro politico e sociale su ogni fronte. Soprattutto lì dove la catena imperialista rivela i suoi anelli più deboli.

Su questa lunghezza d’onda della situazione, la Rete dei Comunisti chiama al confronto politico e alla necessaria mobilitazione i comunisti e i rivoluzionari nel nostro paese.

Invitiamo tutte le forze politiche, sociali e sindacali a valutare insieme le condizioni per una manifestazione nazionale che ponga al centro il sostegno alle resistenze e agli avanzamenti popolari in America Latina.

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