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07/11/2019

Olaf Scholz, un vampiro travestito da colomba

Timeo Danaos et dona ferentes... o anche: quando il lupo si fa agnello, il pericolo è alle porte.

Il ministro tedesco delle finanze, Olaf Scholz, ha rotto senza preavviso un tabù cementato a suo tempo dal predecessore, il luciferino Wolfgang Schauble. Ha infatti ammesso che è ora di completare l’unione bancaria europea, dando anche vita a «una qualche forma comune di assicurazione dei depositi».

Fin qui, in caso di collasso di una o più banche, i conti correnti dei depositanti sono “assicurati” fino 100.000 euro dai singoli stati nazionali. Ma in una crisi di grandi dimensioni, come quella del 2008, le risorse nazionali potrebbero essere insufficienti; dunque, tutti i paesi più deboli avevano sempre chiesto che fosse creata una regola per la condivisione collettiva di questo rischio.

Non se n’è mai fatto nulla perché Germania, Olanda, Finlandia (e Francia, più silenziosamente) hanno sempre opposto un “niet” senza eccezioni. “Non chiederemo mai ai nostri cittadini di pagare per i debiti dei paesi che spendono i soldi in donne e champagne”, come sprezzantemente li definiva Jeroen Dijsselbloem, ex capo dell’Eurogruppo.

Apparentemente, dunque, l’apertura a una «una qualche forma comune di assicurazione dei depositi» può sembrare un ramoscello d’ulivo nei confronti dei paesi “cicala”. E così l’ha dipinta lo stesso Scholz: «Non è un piccolo passo per un ministro tedesco delle Finanze».

Naturalmente non è così. La disponibilità a ri-assicurare i correntisti è subordinata alla riscrittura dei criteri con cui si valuta lo stato di salute delle banche private. In particolare, Scholz chiede un’ulteriore riduzione dei “crediti deteriorati” e di valutare come rischiosi gli stessi titoli di Stato.

Silenzio assoluto invece sui “titoli illiquidi”, ossia i prodotti finanziari derivati da anni in pancia soprattutto alle banche tedesche e francesi. Uno strabismo curioso, visto che “i mercati” sono assai meno “comprensivi” con quelle stesse banche, con caduta continua dei valori azionari relativi.

Di fatto, insomma, Scholz chiede che le banche italiane (e di altri paesi in condizioni simili) creino “riserve” gigantesche a copertura di rischi legati ai crediti e ai titoli di stato. Ciò significa in primo luogo che queste banche dovrebbero ulteriormente ridurre il loro sostegno (sotto forma di prestiti) a imprese e famiglie. Ossia contribuire a una politica deflazionistica in piena stagnazione economica (il contrario di quel che serve, per dirla semplice).

Non basta. Nello stesso tempo il governo tedesco preme sulla Bce perché, non essendo fin qui riuscita a riportare il tasso di inflazione vicino al 2%, adotti un inflation targeting inferiore e quindi smetta di iniettare liquidità nel sistema finanziario (e bancario). Ossia un’altra misura deflazionistica, che indebolisce ulteriormente il ciclo economico.

C’è poi una terza coincidenza “curiosa” che smentisce qualsiasi “intenerimento” del ministro delle finanze tedesco nei confronti dei partner europei più deboli. Da mesi (e anni) c’è uno zombie che si aggira sui mercati europei e mondiali. Una banca di enormi dimensioni con problemi irrisolvibili legati proprio ai “titoli illiquidi” di cui aveva fatto incetta quando il capitale europeo preferiva giocare alla speculazione globale anziché finanziare innovazione tecnologica e crescita continentale.

Si chiama Deutsche Bank e ha in pancia titoli di carta straccia per un valore nominale (ma invendibili) per quasi 20 volte il Prodotto interno lordo della Germania. Venti volte quanto produce in un anno la più grande economia europea.

Questa banca, nei soli primi nove mesi del 2019, ha dovuto iscrivere a bilancio perdite per 3,78 miliardi di euro. Le sue azioni, nel maggio del 2007, si vendevano a 108,94 euro l’una; oggi a meno di 7 euro...

Viene, per così dire, il “sospetto” che questa (e altre) banca tedesca stia per fare il botto, e che dunque il governo di Berlino stia pensando soltanto ora a come “condividere il rischio” di dover assicurare tutti i correntisti della più grande banca europea.

Ma anche questo sembra troppo poco... Le condizioni poste dal governo tedesco – apertamente deflazionistiche – avrebbero come conseguenza quasi immediata una svalutazione sia delle banche che di altri asset italiani e di altri paesi europei. Che significa? Che chi dispone ancora di una certa liquidità può comprare quelle banche o quegli asset (immobili, industrie, attività) a prezzi inferiori a quelli attuali.

Un bell’affare, senza dubbio, specie se i potenziali acquirenti fossero – come sono – tedeschi. E potrebbero dunque far fronte all’esplosione del proprio sistema saccheggiando le ricchezze dei “partner europei”. Dando loro la colpa, ovviamente, di esser stati poco attenti a “fare i compiti a casa”...

Il che conferma come le “regole europee” altro non siano che una una forma di concorrenza asimmetrica fra paesi europei, ossia l’esatto contrario della “casa comune” con cui travestono ogni proposta criminale a scapito delle popolazioni.

Il minimo che si dovrebbe pretendere da un governo appena dignitoso è il veto assoluto a qualsiasi “proposta” di vampiri travestiti da colombe. Ma vi sembra che questi (e i precedenti) siano governi dignitosi?

Fonte

La UE si identifica ogni giorno di più come lo spazio geograficosu cui la classe capitalista tedesca esercita il proprio imperialismo.

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