Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

01/12/2019

Leonard Cohen - Thanks For The Dance

Non era sembrato vero a molti di noi ritrovarsi ad amare la musica di Leonard Cohen, quando dopo otto anni d’oblio discografico, che sembravano averne relegato la grandezza a un intoccabile passato d’artista, era apparso come un'epifania un disco intenso e ispirato come “Old Ideas”. Ad onor del vero, neppure il prevedibile “Ten New Songs” e lo sfarzoso intimismo di “Dear Heather” erano riusciti a intaccarne il mito, ma nessuno immaginava che l’artista canadese potesse marchiare a fuoco anche l’affollato terzo millennio.

“Old Ideas” è stato a tutti gli effetti un disco premonitore di una rinascita creativa: il tono lezioso delle ultime prove era scomparso, la forza della parola e del suono era di nuovo al centro della poetica di Cohen. Un’energia spirituale che non è stata né sminuita né intaccata neppure dalle sonorità più confortevoli e corpose del pregevole “Popular Problems”. Il futuro era ancora l’orizzonte verso il quale Cohen volgeva lo sguardo, pieno d’amore per una vita che gli stava sfuggendo dalle mani, ma che non gli impediva di stilare un prezioso testamento spirituale (“You Want It Darker”), ultimo/non-ultimo capitolo di un autore poco avvezzo a mettere la parola fine alla sua lunga e quasi biblica produzione discografica.

I titoli di coda che scorrevano sulle note di “String Reprise/Treaty” non avevano esaurito del tutto il dialogo di Cohen con il pubblico, era un addio in parte canonico, romantico, sofferto, ma era facile intravedere dietro quelle note uno spiraglio, una speranza, un ultimo colpo da maestro.

Spetta dunque a “Thanks For The Dance” la perfetta chiusura del cerchio, è un po’ come se il corpo di Cohen non avesse conosciuto il livor mortis, il cuore pur fermo ancora pompa sangue, e qualche lacrima, ma anche una sottile lieve speranza.

Non importa se alcune tracce erano già state parte di altri progetti, questo non è il canto del cigno, ma la storia di un brutto anatroccolo.

È un Cohen schietto e inaspettatamente felice quello che recita “Ho sempre lavorato stabilmente, non l'ho mai chiamata arte. Ho messo insieme la mia merda, ho incontrato Cristo e letto Marx”, mentre scorrono le note di un piccolo capolavoro (“Happens To The Heart”), che da solo giustificherebbe l’esistenza di questo album postumo, messo insieme dal figlio del cantautore scomparso tre anni fa, con l’aiuto di  numerosi musicisti, tra i quali Daniel Lanois, Jennifer Warnes, Javier Mas, Patrick Leonard e Beck.

Ancora una volta lo stupore prevale sulla ragione, la musica e la parola di Cohen abbattono di nuovo la Torre di Babele, l’universalità dell’arte si manifesta con romantico pudore, a volte sospesa a poche note che dialogano con il cantato/recitato di “It's Torn”, o trascinata dal passo di danza intonato a più voci (Jennifer Warnes, Leslie Feist), il cui fascino evoca le piovose calde note avvolte nel "famoso impermeabile blu".

Lievemente didascalico, il flavour latino (ad opera dei due chitarristi Carlos de Jacoba e Javier Mas) di “The Night Of Santiago” regala uno dei momenti più leggiadri dell’album, mentre Patrick Watson inietta un po’ del suo estatico pathos nella trascinante “The Hills”.

Gli arrangiamenti sono quasi sempre intensi eppur rarefatti, spesso vicini a quella sublimazione sonora che spetta solo alla parola, vera protagonista di questo prezioso imprevisto, forza motrice di intense narrazioni che corrispondono a titoli poco altisonanti (“The Goal”, “Puppets”, “Listen To The Hummingbird”), che conducono l’ascoltatore verso la fine del sogno, delle illusioni ma anche del dolore.

È quasi un invito a celebrare una resurrezione virtuale, per metà pagana e per metà biblica, un’ulteriore provocazione intellettuale di uno dei più grandi poeti dei nostri tempi, cantore delle umane debolezze e virtù mancate, un poeta innamorato del silenzio e del suo assordante fragore: "Ascolta il colibrì, ci implora di trovare la bellezza in Dio e nelle farfalle. Non ascoltare me".

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento