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08/01/2020

La risposta dell’Iran: missili su due basi Usa in Iraq

L’avevano dichiarata, una rappresaglia. È arrivata subito, forse prima del previsto. Questa notte le forze armate iraniane hanno lanciato l’operazione “Soleimani Martire”. Una pioggia di missili balistici a media gittata ha colpito due basi statunitensi in Iraq: quelle di Al-Asad e di Erbil, che ospita anche militari italiani della coalizione che si era formata per combattere lo Stato Islamico. Una coalizione in cui c’erano gli Stati Uniti e che era appoggiata in maniera sostanziale dall’Iran. Altri tempi. Perché ora la tensione è altissima, e potrebbe innescarsi una escalation devastante.

L’attacco iraniano è partito intorno alla mezzanotte: la stessa ora in cui veniva ucciso Qassem Soleimani, il generale delle Guardie Rivoluzionare assassinato dagli americani quattro giorni fa. Non potevano essere i pochi razzi lanciati all’indomani dell’omicidio mirato, la riposta dell’Iran. Quella vera è arrivata oggi: da quello che riportano le fonti di informazione locale, almeno 35 missili sono piovuti sulle due basi che erano già in stato di massima allerta. Fonti iraniane parlano di 80 morti, mentre da Baghdad non arriva nessuna conferma: né riguardo possibili vittime americane, né irachene (militari o civili). Silenzio anche da Washington. A “parlare” il solito tweet di Trump: “Va tutto bene! Missili lanciati dall’Iran a due basi militari in Iraq. Stiamo facendo una ricognizione dei danni e delle vittime in queste ore. Finora va bene! Abbiamo le truppe più forti e meglio equipaggiate al mondo! Rilascerò una dichiarazione in mattinata”.

Dichiarazione attesa e temuta: perché il rischio di escalation è alto. Un comunicato del corpo delle Guardie Rivoluzionarie dell’Iran – a cui apparteneva il generale Qassam Soleimani – ha infatti chiarito la situazione anche per il “dopo”: “Se l’Iran dovesse essere attaccato sul suo territorio – avvertono le Guardie Rivoluzionarie – Dubai, Haifa e Tel Aviv verranno colpite in un terzo round di attacchi da parte dell’Iran”. Una escalation che farebbe precipitare tutta la regione in una condizione di guerra totale.

Forse uno spazio per la diplomazia ancora c’è, e si intuisce da una dichiarazione del ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif: “Ci difenderemo contro ogni aggressione ma non vogliamo una guerra”. “L’Iran – ha aggiunto – ha intrapreso e concluso proporzionate misure di auto difesa”. Intrapreso e concluso.

La palla ora torna a Trump: cosa ne farà, lo sapremo a breve.

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