Né filo, né pro: vorremmo solo un’informazione corretta, imparziale, oggettiva ed obiettiva, soprattutto se si tratta di un paese così grande (quasi un 1/4 della popolazione mondiale), importante e complesso qual è la Cina.
E invece il “grande giornalismo italiano” non riesce a fare a meno di mostrarsi servile e doppiopesista, quando si tratta di tutto ciò che si colloca al di là ed al di fuori di una prospettiva geopolitica atlantista.
Vabbè che l’Italia sta dentro un’alleanza politico-militare che in 70 anni ha bombardato mezzo mondo, causando qualche milione di morti e che ha organizzato, come minimo, qualche decina di rovesciamenti di governi legittimi.
Ma allora la finiscano, i nostri grandi opinion makers di far finta di dividersi durante i talk o sulle prime pagine dei loro giornali o telegiornali, accapigliandosi solo sulle sfumature, ma senza mai disturbare il grande manovratore: la NATO.
E la NATO, sin dalla sua creazione è sempre stata sotto comando USA. Per definizione.
Dunque, anche nella libera e democratica Italia non si può ancora parlare, serenamente ed obbiettivamente, di relazioni tra Unione europea e Cina indipendentemente dall’influenza che gli Stati Uniti esercitano sull’Unione europea, direttamente e tramite la Nato.
D’altronde, si sa, il Comandante supremo alleato in Europa viene sempre nominato dal Presidente degli Stati Uniti d’America e sono in mano agli Usa tutti i comandi chiave.
Ogni anno gli italiani versano circa 400 milioni di euro per mantenere ufficiali e soldati dell’esercito Usa sul nostro territorio, da Aviano alla Maddalena, da Ghedi a Camp Derby. Non solo: esistono in Italia, oltre alle oltre 120 basi dichiarate, più di 20 basi militari Usa in cui alloggiano anche pericolosissime armi nucleari.
Ed ecco come si spiega il “tabù Cina” e l’improvvisa sinofobia di una Milena Gabbanelli, che pure avevamo apprezzato ai tempi di Report e che, non a caso, da quando è approdata al gruppo del Corsera, ha abbandonato le inchieste scomode (per qualche potere) in favore di campagne corredate soltanto da quei numeri, dati e date che servono a supportare la propria tesi iniziale e non viceversa. Alla stregua di un Molinari qualunque.
Un’inversione di metodo che, visto il suo illustre passato, ora non le fa di certo onore e che è la cifra inconfondibile dei grandi media mainstream italani.
Se ne sono accorti anche quelli di China-files, da sempre impegnati in un prezioso e puntuale lavoro di buona e onesta informazione sulle molteplici sfaccettature del gigante cinese.
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