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05/12/2020

Polonia e Ungheria incastrate con l’orgia gay

La prima reazione è chiaramente una risata strafottente. La notizia dell’europarlamentare neonazista ungherese – feroce fustigatore dei “costumi dissoluti”, difensore della “famiglia tradizionale”, ovviamente omofobo e razzista – beccato in un party gay a Bruxelles, in fuga nudo lungo una canna fumaria, è davvero la rappresentazione plastica di cosa sono sempre stati i fascisti di tutto il mondo: venduti, ipocriti, miserabili, moralmente abbietti e senza princìpi.

Si potrebbe andare avanti all’infinito, risalendo nella storia del Novecento, fino alle SA – poi liquidate dalle SS nella “notte dei lunghi coltelli” – praticamente le uniche formazioni a non nascondere la propria “dissolutezza morale” nell’ambito del neonazismo.

Ma per quanto divertente possa essere, ci sembra solo una parte della questione.

L’episodio ha messo a nudo – è il caso di dirlo – il demi-monde privilegiatissimo che contiene il dentro e il fuori del cosiddetto Parlamento Europeo, oltre che ovviamente gli altri palazzi istituzionali (Unione Europea, Commissione, ecc).

Che quella gente se la spassi a spese nostre (di tutti i popoli europei, pro quota) era sicuro. Vederlo dà un po’ di fastidio in più, ma non c’è da scandalizzarsene troppo: i fetenti possono recitare in televisione o in aula ma, fuori del ruolo per cui si fanno pagare, sono merdacce con tutti i loro vizi e preferenze.

Anche corrotti, naturalmente. E lo sono in modo “istituzionalizzato”, visto che le lobby organizzate dalle grandi multinazionali o dai gruppi finanziari sono legali, e “incentivano” parlamentari singoli o a gruppi a presentare proposte “europee” sulla base degli interessi aziendali di tizio o caio.

Però vediamo meglio le ultime notizie a corredo del “caso József Szájer”, capogruppo di Fidesz, il partito di Orbàn, che proprio in questi giorni festeggiava il decimo anniversario di governo.

Su diversi media appaiono interviste e dichiarazioni di tale David Manzheley, l’organizzatore del party gay incriminato. “Organizzo questi festini da un paio d’anni, polacchi e ungheresi sono tra gli ospiti più frequenti. All’ultimo festino c’erano esponenti polacchi, non europarlamentari ma con incarichi importanti al parlamento nazionale o nel governo“.

Ma ovviamente Manzheley non guardava con occhio critico al passaporto dei partecipanti alle sue orge, visto che ricorda bene anche la presenza di politici di Francia, Ucraina, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svizzera, Olanda...

Una sorta di porto franco per parlamentari e alti funzionari in cerca di una serata scapestrata, insomma.

Ma unendo i puntini dei vari racconti esce fuori un quadro un po’ più articolato. Manzheley risulta ricercato in Polonia, con l’accusa di frode. Lui sostiene trattarsi di un caso di omonimia, ma intanto sta attento a non tornare da quelle parti, preferendo la festosa Bruxelles notturna da cui evidentemente ricava quanto gli occorre per viver bene (gli europarlamentari non vanno mica alle feste degli sfigati di periferia...).

Il secondo puntino riporta in Ungheria. József Szájer è stato naturalmente costretto alle dimissioni da qualsiasi incarico. Ma risulta ancora marito di Tünde Handó, ex presidente e tuttora membro della Corte costituzionale di Budapest. Ossia dell’istituzione che legittima le peggiori scelte del governo magiaro in materia di diritti, dalle leggi che vietano l’aborto a quelle per rendere reato l’omosessualità, fino alla riduzione della magistratura a potere sottoposto alla volontà dell’esecutivo.

Insomma, quel tipo di torsioni reazionarie che hanno spinto l’Unione Europea a vincolare la concessione dei prestiti del Recovery Fund al “rispetto dello Stato di diritto”, a Budapest come a Varsavia.

Qui il cerchio si chiude. Proprio Ungheria e Polonia, per rappresaglia, hanno posto il veto sul bilancio europeo, che dovrebbe essere approvato entro il 31 dicembre e al cui interno è compreso anche il presunto fondo salvifico anti-pandemia, chiamato Next generation Eu.

Non siamo a Bruxelles, e anche se ci fossimo non frequenteremmo i dintorni dei palazzi. Perciò non abbiamo prove o testimonianze del sospetto che ci ronza nella testa.

Che è semplice, e niente affatto dietrologico. Ma ti pare che il gruppo dirigente di un continente con mezzo miliardo di abitanti e con un Pil pressoché pari a quello statunitense (16.400 miliardi di euro contro i 16.880 degli Usa) possa restare bloccato, in piena crisi pandemica ed economica, solo perché due governicchi che campano da tre decenni sui fondi europei pensano di “fare di testa propria”?

La UE potrebbe rimediare con una forzatura che approvi il bilancio nonostante il veto di due paesi, facendo saltare il principio dell’unanimità. Ma sarebbe istituzionalmente rischioso, perché creerebbe un precedente e allontanerebbe ancora di più le popolazioni di mezza Europa dal “sogno/incubo” chiamato Unione Europea.

Si potrebbe agire sulle filiere produttive, punendo i subfornitori dei due paesi. Ma anche questo sarebbe un problema, soprattutto per il complesso industriale tedesco, che ha fatto delle fabbriche polacche e ungheresi delle dependace a basso costo, spesso con proprietà e capitale teutonico.

Più semplice, molto più semplice, prendere sul serio le voci brussellesi sui “vizi nascosti” di alcuni europarlamentari di questi due paesi, quelli magari più vicini ai rispettivi premier. E preparare “lo scandalo”, censendo gli invitati e magari piazzando anche qualche telecamera dentro e fuori l’appartamento dell’orgia.

In fondo quel Manzheley lì, se vuol restare libero in Belgio, non può dire di no. Anzi, è suo interesse prestarsi al gioco. Altrimenti lo estradano a Varsavia...

Ma c’è stata anche un certa ironia, oltre ad un serio studio preliminare. Un festino “etero”, con altri eurodeputati di Fidesz, non avrebbe avuto lo stesso effetto. Anzi, avrebbe paradossalmente confermato l’immagine “machista” recitata in patria.

Si potrebbe insomma dire che a Bruxelles (Parigi e Berlino, per la precisione) hanno trovato un modo poco costoso, magari non troppo elegante, di “prendere per le palle” quei due governi. Il cui veto, saremmo disposti a scommettere, sparirà con l’arrivo di babbo natale...

Ma non crediate che questa prassi sia riservata esclusivamente all’estrema destra finto-sovranista. Qualsiasi forza realmente alternativa, a maggior ragione, subirebbe certo di peggio, e senza neanche aspettare i dieci anni di complicità – Orbàn fa parte del Partito Popolare Europeo, come la Merkel e Forza Italia – “sporcati” dall’alzata di cresta mostrata da Orbàn e Morawiecki.

Questa è l’Unione Europea, boys. Per gli ideali, rivolgersi ad un altro indirizzo...

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