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13/05/2021

Fascisti di Francia

Il fermento che circola all’interno delle forze armate transalpine, in conseguenza della crisi sociale in cui versa la Francia, si sta manifestando sempre più frequentemente con avvisaglie di rigurgiti golpisti, concretizzatisi nelle ultime settimane sotto forma di minacciose lettere aperte indirizzate al governo del presidente Macron. La più recente è stata pubblicata nel fine settimana dalla rivista di estrema destra Valeurs Actuelles (“Valori Attuali”) e riporta l’avvertimento di circa duemila soldati in servizio attivo per una possibile “guerra civile” che rischia di scoppiare nel prossimi futuro in Francia.

La lettera solleva alcune tradizionali fissazioni degli ambienti neo-fascisti, dalla violenza delle periferie al declino della Francia fino alla presunta islamizzazione della società transalpina. Gli anonimi firmatari denunciano inoltre l’odio diffuso per il loro paese e la sua storia, assieme alle eccessive “concessioni” che Macron avrebbe fatto all’islamismo. Tutte queste presunte piaghe, spiegano i militari, mettono in pericolo l’esistenza stessa della repubblica e rendono concreto il rischio di una “insurrezione”, con conseguente esplosione, appunto, di una “guerra civile”.

In uno scenario di questo genere, le forze armate sarebbero pronte a intervenire per “mantenere l’ordine”, ovvero a sparare sulla popolazione, come aveva chiarito senza mezzi termini una precedente lettera dai toni simili, firmata da 23 generali francesi in pensione. Quest’ultima era apparsa il 21 aprile sempre su Valeurs Actuelles e prospettava, in caso di “guerra civile”, l’intervento dei militari per “proteggere i nostri valori di civiltà e i nostri compatrioti sul territorio nazionale”, col risultato di provocare “migliaia di morti”, per i quali il governo sarebbe ritenuto responsabile.

Uno dei passaggi più significativi e inquietanti della lettera del fine settimana è il riferimento dei firmatari alle loro precedenti esperienze sia nelle missioni neo-coloniali della Francia in Afghanistan e in Africa sia nel dispiegamento dell’esercito sul suolo nazionale con compiti di polizia e mantenimento dell’ordine. Nel secondo caso viene citata l’Operazione Sentinella, lanciata a inizio 2015 assieme all’imposizione dello stato di emergenza dall’allora presidente Hollande dopo l’attentato terroristico nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo.

Il passaggio da queste operazioni a una possibile macchinazione golpista e repressiva da parte delle forze armate testimonia a sufficienza della natura delle prime, così come delle implicazioni della presenza sempre più massiccia dei militari nelle società occidentali e nella promozione degli interessi strategici dei rispettivi governi.

Da quasi un mese a questa parte sembrano essere dunque venute alla luce manovre sospette all’interno delle forze armate d’oltralpe. Il settimanale Valeurs Actuelles è il mezzo con cui si sta forse cercando di sondare il terreno per un qualche intervento di questi ambienti dell’ultra-destra. Prima ancora delle due lettere di cui si è parlato, il 17 aprile il politico ultra-conservatore Philippe de Villiers aveva firmato un articolo infuocato per invocare una “insurrezione” e accusare violentemente il “comunismo” per i mali della Francia. La lettera degli ex generali era seguita quattro giorni più tardi, in concomitanza con il 60esimo anniversario del fallito golpe militare per impedire l’indipendenza dell’Algeria.

Se gli anonimi soldati che si sono espressi domenica hanno condannato le reazioni dei politici alla lettera precedente dei generali a riposo, l’atteggiamento del governo e degli altri leader politici è stato in realtà fin troppo cauto. Mentre Macron non si è ancora espresso su queste vicende, svariati ministri ne hanno invece parlato apertamente, ma nella maggior parte dei casi per minimizzare la minaccia o per spiegare che le posizioni espresse su Valeurs Actuelles non sono rappresentative di tutte le forze armate francesi.

La prudenza della politica non deriva peraltro dalla certezza che le forze armate nel loro complesso sono fedeli ai principi democratici repubblicani, ma rivela a ben vedere una realtà più allarmante. Se ci sono evidentemente preoccupazioni per la possibile mobilitazione di ambienti neo-fascisti negli ambienti militari, è la stessa classe politica francese e non solo a mostrare da tempo una chiarissima deriva reazionaria come risposta all’inasprirsi delle tensioni sociali.

Già più di due anni fa, ad esempio, Macron aveva fatto una dichiarazione pubblica tutt’altro che casuale per elogiare il generale Philippe Pétain, leader del governo collaborazionista di Vichy durante l’occupazione nazista nella Seconda Guerra Mondiale. Quella sconcertante uscita del presidente era avvenuta in concomitanza con il diffondersi del movimento di protesta dei “gilet gialli”, contro i quali lo stato francese avrebbe scatenato una durissima repressione.

La costruzione di un apparato legale da stato di polizia è una costante degli ultimi anni e ha caratterizzato le politiche sia del “socialista” Hollande sia del liberale Macron. Proprio in queste settimane è in fase di finalizzazione una nuova legge che intende “proteggere” le forze di polizia, vietando tra l’altro a giornalisti e cittadini di filmare gli agenti durante scontri e manifestazioni.

È singolare anche che i militari che hanno deciso di comunicare con i francesi attraverso una pubblicazione neo-fascista accusino l’Eliseo di avere concesso troppo ai musulmani. Uno dei punti più bassi dell’amministrazione Macron è infatti la legge contro il cosiddetto “separatismo” islamico, scaturita ufficialmente dagli atti di terrorismo di matrice fondamentalista in terra francese. La legge intende limitare drasticamente la libertà di religione per i musulmani che vivono pacificamente in Francia, sottomettendo all’autorità dello stato le attività che fanno riferimento all’Islam.

In fin dei conti, gli impulsi golpisti che animano le frange neo-fasciste delle forze armate sono l’altra faccia della medaglia di una classe dirigente che, in Francia come in quasi tutto l’Occidente, continua a spostarsi verso destra e a flirtare con l’autoritarismo in assenza di altre soluzioni democratiche e progressiste alla crisi sociale prodotta dallo stato comatoso del capitalismo. L’espressione più evidente di questi processi è stata la reazione entusiasta della leader dell’ex Fronte Nazionale (ora “Rassemblement National”), Marine Le Pen, probabilmente la favorita nelle elezioni presidenziali del prossimo anno in Francia.

Simili dinamiche, come già accennato, non sono esclusiva della Francia. L’esempio più macroscopico in tempi recenti è quella della Spagna, dove tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre dello scorso anno si era creata una situazione per certi versi simile a quella francese odierna. Quasi trecento militari avevano pubblicato una sorta di manifesto per criticare aspramente il governo di centro-sinistra e mettere in guardia dal pericolo di una disgregazione del paese. Un centinaio di ufficiali a riposo avevano poi scritto al re Filippo VI per invitarlo a deporre l’esecutivo del premier Pedro Sanchez. Negli stessi giorni erano stati pubblicati infine i messaggi di una chat privata di ex ufficiali che esaltavano Franco e approvavano, per “estirpare il cancro” che corrompe la Spagna, lo sterminio di massa di decine di milioni di persone.

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