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20/12/2021

«Perché la NATO dovrebbe accogliere l’Ucraina, se non per trasformarla in trampolino» contro la Russia?

Se la NATO rifiuta la proposta sulle garanzie di sicurezza volte a trasformare uno scenario potenzialmente bellico in un processo politico, Mosca passerà al «regime delle contro-minacce», e allora «sarà tardi per venirci a chiedere come mai abbiamo adottato tali decisioni», ha dichiarato il vice Ministro degli esteri russo Aleksandr Gruško.

Nei rapporti Russia-NATO è giunto «il momento della verità» ha detto: «noi abbiamo fatto questo passo e ci basiamo sul fatto che a esso non ci si possa sottrarre o si possa cianciare su di esso».

La questione è nota. Il 17 dicembre Ministero degli esteri russo ha pubblicato il testo di una proposta in nove punti di accordo con USA e NATO su “garanzie di sicurezza”. Verosimilmente, il documento era già stato consegnato all’assistente del Segretario di Stato USA per Europa e Asia, Karen Donfried, quando questa, dopo la tappa a Kiev del 14 dicembre, il giorno seguente si era incontrata a Mosca con l’altro vice Ministro degli esteri Sergej Rjabkov e questi le aveva esposto i termini sulle garanzie di sicurezza reciproca.

Durante il video-colloquio del 7 dicembre con Joe Biden, infatti, Putin aveva chiesto «garanzie di sicurezza affidabili e a lungo termine», che escludano ulteriori spostamenti verso est della NATO e il dispiegamento di sistemi d’arma che minaccino la Russia nelle immediate vicinanze del proprio territorio.

Dunque, ecco che al primo punto del documento, la richiesta che la NATO si impegni sia a escludere ulteriori espansioni, che, soprattutto, l’adesione o l’ammissione dell’Ucraina nell’Alleanza; quindi, la proposta che Russia, USA e NATO si impegnino a non dispiegare missili a corto o medio raggio nelle regioni da cui potrebbero distruggersi a vicenda.

Tra le altre proposte a carattere di reciprocità, quella di impegnarsi a risolvere pacificamente le controversie e astenersi dalla forza armata; astenersi dall’utilizzare il territorio di paesi terzi per attacchi reciproci e condurre esercitazioni militari che ipotizzino l’impiego di armi nucleari.

Mosca e Washington dovrebbero impegnarsi a non dislocare armi nucleari all’estero e a rimuovere quelle già stanziate. Mosca chiede che la NATO si astenga da qualsiasi attività militare in Ucraina, Europa orientale, Caucaso e Asia centrale e non dispieghi ulteriori soldati o armi al di fuori dei paesi in cui si trovavano nel maggio 1997, cioè prima che, nel 1999, venissero inglobati nell’Alleanza atlantica Polonia, Ungheria e Rep. Ceca, seguite nel 2004 da Paesi baltici, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania.

Immediata la risposta della NATO, affidata al Segretario Jens Stoltenberg, che ha sparato a zero soprattutto contro il primo e principale punto: l’Alleanza atlantica, ha detto il norvegese, terrà conto del parere di Kiev, vale a dire della junta golpista e delle formazioni neonaziste che dominano la scena ucraina.

Da copione anche la reazione di Paesi di nord Europa e Baltici: nella video-conferenza del 17 dicembre, i Ministri della difesa di Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Svezia, Danimarca, Norvegia e Islanda hanno concordato che la Russia costituisca «la più seria minaccia militare per l’Europa», ragion per cui ritengono «unanimemente che gli Stati occidentali non possano essere d’accordo in alcun modo con le richieste della Russia».

Più che logica l’osservazione di Aleksej Puškov, presidente della commissione senatoriale russa per informazione e media: tali paesi, ha detto, chiedono un posto al tavolo dei negoziati solo per sabotarli; le trattative «dovrebbero quindi essere condotte tra Russia e Stati Uniti, come era avvenuto a suo tempo per i negoziati sul Trattato INF».

Secondo Puškov, i voli dei bombardieri strategici americani vicino ai confini della Russia o il dispiegamento di sistemi missilistici d’attacco USA in Ucraina non dipendono da nessun paese della NATO, ma solo dagli Stati Uniti.

Se si raggiunge l’accordo con Washington, non sarà necessario un accordo con la NATO, non avrebbe senso; altra cosa «se gli USA vogliono nascondersi dietro l’opinione dei loro alleati per abbandonare negoziati seri con la Russia», ha osservato il senatore russo. In questo senso, si era già espresso lo stesso Sergej Rjabkov, proponendo «negoziati su base esclusivamente bilaterale con gli Stati Uniti. Se coinvolgiamo altri paesi, annegheremo tutto nel dibattito e nella verbosità».

In effetti, anche l’osservatore meno accorto si chiede come mai Mosca, oltre che alla controparte yankee, quale “regista”, abbia presentato la proposta anche ai membri della NATO, quali “figuranti” e la risposta più immediata è che, oltre a una questione “di stile”, si sia tenuto conto delle probabili risposte diverse da parte dei differenti paesi europei, membri di una «alleanza ostentata contro Mosca e Pechino, nonostante le controversie in corso tra le potenze occidentali», come titolava il 13 dicembre Die junge Welt, a proposito del recente G7 a Liverpool.

Ne sembrerebbero una conferma indiretta le difformi reazioni alle parole del generale yankee Tod Walters, comandante supremo delle forze NATO in Europa.

Nel corso di una video conferenza con i vassalli europei, scrive Der Spiegel, Walters avrebbe proposto di ampliare la presenza NATO sul fianco orientale, in particolare Bulgaria e Romania (per inciso: sulle coste rumene del mar Nero, dal 18 al 22 dicembre, sono in corso “esercitazioni” congiunte di caccia italiani, yankee e rumeni), così come avviene per Polonia e Paesi baltici, nell’ambito della Enhanced Forward Presence, pur continuando ad aderire all’atto costitutivo Russia-NATO, che prevede una rotazione delle truppe stanziate.

I “soliti noti” est-europei, scrive Der Spiegel, hanno accolto l’idea con calore, mentre altri, Germania in testa, hanno reagito con freddezza.

E dunque, al momento, dato per sicuro il versante nord, l’attenzione della “Alleanza difensiva” pare concentrarsi su quello sudorientale. La questione dell’Ucraina è all’ordine del giorno, e non a caso figura al primo posto del documento russo, mentre si tende toccare solo en passant la questione del Caucaso.

A proposito della nezaležnosti nazi-golpista e del pericolo che rappresenterebbe per Mosca l’attestarsi della NATO al diretto confine russo in Ucraina, ancora Aleksej Puškov osserva che l’eventuale ingresso di Kiev nell’Alleanza atlantica costituirebbe di per sé un casus belli: in effetti, «perché la NATO dovrebbe accogliere l’Ucraina, se non per trasformarla in trampolino per minacciare la Russia»?

Ora, dopo il video-summit del 7 dicembre con Putin, Joe Biden ha telefonato a Vladimir Zelenskij, ribadendo il sostegno USA, specificando che Mosca non potrebbe impedirne l’adesione alla NATO. Insieme, però, ad altre docce fredde, Biden ha anche sottolineato la necessità per Kiev di rispettare gli accordi di Minsk.

Stando all’americano The Christian Science Monitor, sullo sfondo di questa incertezza, molto probabilmente la Russia ha deciso che gli USA potrebbero essere disposti ad alcune concessioni, anche senza fornire per ora alcuna garanzia su un’ulteriore espansione della NATO.

«Al momento, la situazione è la seguente: Biden non ha fatto alcuna promessa riguardo all’adesione dell’Ucraina alla NATO e Putin non ha chiarito le intenzioni della Russia nei confronti dell’Ucraina», ha affermato il politologo russo Vladimir Evseev, aggiungendo che Mosca «ha tre linee rosse riguardo all’Ucraina: nessuna adesione alla NATO, nessuna base militare americana sul suolo ucraino, nessuna arma offensiva schierata vicino ai confini della Russia».

Secondo gli osservatori, il Cremlino cerca di creare un sistema di stati neutrali tra NATO e Russia, qualcosa di simile a Finlandia e Austria durante l’era della Guerra Fredda: «Ora nessuno usa il termine “finlandizzazione”, tuttavia, a quanto pare, questo è ciò che intendono», scrive l’organo della chiesa scientista USA, e sottolinea come la probabilità che USA e loro alleati accettino l’idea è estremamente ridotta.

E, però, dice il capo del Consiglio per gli affari esteri russo, Andrej Kortunov «Biden ha compiuto un gesto molto importante e il Cremlino apprezzerà qualsiasi cambiamento positivo». In questo momento, ha aggiunto, Biden «ha bisogno di trovare un equilibrio tra il sostegno all’Ucraina e il desiderio di ricucire le relazioni con la Russia», per concentrarsi sulla “minaccia cinese”.

Dunque, si diceva, non solo l’Ucraina. Pressoché in contemporanea con la proposta sulle garanzie di sicurezza, Mosca ha chiesto di sconfessare la decisione del vertice NATO di Bucarest del 2008, sull’adesione di Ucraina e Georgia.

Il 16 dicembre, il politologo georgiano Šota Apkhaidze scriveva su News-Front che Tbilisi ha rigettato la richiesta russa e difficilmente gli USA rinunceranno alle proprie ambizioni. Il Ministero degli esteri georgiano, nota Apkhaidze, ha detto la sua soltanto dopo le esternazioni occidentali: la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha detto che Georgia e Ucraina debbano entrare nella NATO, per difendersi dalla “minaccia russa” e Jens Stoltenberg ha ribadito che la posizione della NATO è immutata.

Ma la questione delle “minacce russe all’Ucraina”, afferma Apkhaidze, è soltanto il pretesto contingente per procedere all’allargamento della NATO alle frontiere meridionali della Russia e l’ammissione della Georgia serve perfettamente a farne un partner più stabile della imprevedibile Turchia.

Pare che Berlino e Parigi siano contrarie a tale “programma massimo”, per cui Washington potrebbe procedere a un “programma minimo”: l’accrescimento del partenariato bilaterale con Tbilisi, allargando la propria presenza diretta in Georgia.

Un altro politologo georgiano, Arno Khidirbegišvili, scrive su IARex che al VI summit del cosiddetto “Partenariato orientale” della UE – ne fanno parte Armenia, Azerbaidžan, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina; ma questa volta la Bielorussia non è stata invitata – a Bruxelles è seguito l’incontro di Stoltenberg coi rappresentanti dei cinque paesi.

Si è trattato dell’applicazione pratica, afferma Khidirbegišvili, della risposta data poi dal Segretario della NATO alla proposta russa sulle garanzie di sicurezza: vale a dire che «secondo Stoltenberg, ormai nessuno, né USA, né Russia, né UE, può ambire a zone di interesse strategico. Ma Stoltenberg non ha capito che, così facendo, spinge Mosca ad applicare la stessa prassi della NATO, cioè a unire direttamente i paesi che si trovano nella zona di interessi strategici russi: Ucraina e Georgia».

Inoltre, i “cinque partner” (dunque: Bielorussia esclusa) hanno ricevuto da Bruxelles ulteriori due miliardi di euro e sono stati inseriti nel programma “Horizon Europe”.

Oggi la UE, afferma Khidirbegišvili, preoccupata per il rafforzamento di Russia e Turchia nel Caucaso meridionale (conflitto Armenia-Azerbaidžan quasi risolto senza la UE; corridoio del gas dipendente da Baku, che non fa parte né di UE né della NATO; l’Armenia, alleata di Mosca per Unione euroasiatica e Trattato di sicurezza collettiva, sta stabilendo un partenariato con la Istanbul e Baku; ecc.) può contare solo sulla Georgia. Il quadro delle ambizioni europeiste sembra dunque chiaro, anche se non del tutto lineare.

Corollario della situazione odierna: il 18 dicembre, anche Mosca ha ufficializzato l’uscita dal Trattato sui “Cieli aperti”, sottoscritto nel 1992, dopo che nel 2020 se ne erano ritirati gli USA, e i vassalli europei si sono rifiutati di fornire garanzie che le informazioni raccolte durante i voli sul territorio russo non sarebbero state trasmesse a Washington.

«Questa sfera terrestre ha spazio ancora per grandi opere. Dovranno compiersi cose mirabili» diceva il Faust goethiano. Ce lo auguriamo.

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