Leonardo continua i suoi affari di morte, mentre Renzi e Minniti guidano il drappello degli amici del regno
Governi, ONG e giuristi internazionali invocano l’embargo sui trasferimenti di sistemi d’arma alle forze armate saudite per i crimini di guerra compiuti in Yemen. E allora cosa fa il gruppo italiano leader nella produzione di caccia, elicotteri, missili e cannoni? Invia la propria ultima invenzione a Riyad per rafforzare i legami culturali, tecnologici, scientifici e accademici con l’onnipotente famiglia dei sovrani d’Arabia.
A fine novembre una folta delegazione della Fondazione Med-Or, istituzione creata la scorsa primavera dall’holding Leonardo S.p.A. (controllata dal governo italiano, ndr) per “promuovere gli scambi e i rapporti internazionali tra l’Italia e i Paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (Med) e del Medio ed Estremo Oriente (Or)”, si è recata in visita ufficiale in Arabia Saudita per incontrare ministri e rappresentanti di enti statali.
A guidare la pattuglia della fondazione “volto buono” della maggiore industria bellica italiana, il suo presidente, l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti. Momento clou il vertice con il ministro dell’Educazione del Regno, Hamad bin Mohammed Al Al-Sheikh, laurea e master in Economia alla Stanford University, California.
“Nel corso dell’incontro tra il ministro Al Al-Sheikh e la delegazione italiana, le due parti sono andate oltre la partnership tra le università saudite e il centro (Med-Or) in vista di un rafforzamento dei campi scientifici e di ricerca e delle rispettive opportunità di formazione e trasferimento internazionale di esperienze e sperimentazioni, oltre al rafforzamento delle borse di studio che il centro offre agli studenti di talento dell’Arabia Saudita per poter svolgere i master in Italia”, riporta la nota del Ministero dell’Educazione di Riyad.
Integrazione fra industria e ricerca
“Nel corso del meeting è stata anche discussa la possibilità di stabilire un istituto di studi arabi presso la Fondazione Med-Or, il primo di questo tipo in Italia dove esiste l’interesse a lanciare differenti iniziative di formazione e ricerca culturale e scientifica.
L’istituto potrebbe rappresentare un’entità nuova e unica e un ponte per idee, programmi e progetti che prosperino in cooperazione con le istituzioni accademiche, oltre a diventare una stazione per favorire la completa integrazione tra le industrie e i centri di ricerca”.
Obiettivi ambiziosi e complessi, maturati non certo in ambito politico-diplomatico e istituzionale tra Italia e Arabia Saudita, ma nell’alveo delle consolidate relazioni di affari tra il petroregime e il management di Leonardo e delle società di sistemi e tecnologie militari controllate.
Con tanto di tessitura dell’ex ministro della guerra ai migranti e alle migrazioni e la benedizione – a distanza – di noti accademici italiani.
Promozione sociale o vendita di morte?
Poco più di un mese fa a recarsi a Ryiad era stato l’amministratore delegato di Leonardo, nonché presidente onorario di AIAD, la Federazione delle aziende italiane del settore aerospaziale e militare, Alessandro Profumo.
L’uomo che guida l’holding armiera, pure membro del comitato strategico della Fondazione Med-Or, ha partecipato come relatore al forum internazionale Invest in Humanity promosso dal Future Investment Initiative Institute, fondazione no profit di “promozione sociale” voluta dal principe Mohammad bin Salman al Saud, membro della famiglia reale e ministro della Difesa d’Arabia, e nel cui board fa bella mostra di sé l’ex primo ministro Matteo Renzi.
E proprio con Renzi l’on. Marco Minniti ha ricoperto l’incarico di sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega alla Sicurezza della Repubblica.
Occasione imperdibile, quella del forum per investire nell’umanità, per i vertici di Leonardo & C.. Dopo le miliardarie commesse dello scorso decennio (la fornitura all’Aeronautica militare saudita di 72 cacciabombardieri Eurofighter Typhoon prodotti dall’industria italiana e dai gruppi aerospaziali europei Eads e Bae Systems), in tempi più recenti Leonardo ha venduto all’Arabia Saudita sistemi avanzati elettro-ottici e per il controllo del traffico aereo fissi e trasportabili; sistemi di comunicazione e centri di controllo; velivoli a pilotaggio remoto; elicotteri da trasporto.
E in dirittura d’arrivo, secondo alcuni analisti internazionali, ci sarebbero adesso i trasferimenti ai sauditi di elicotteri pesanti, sistemi missilistici (attraverso la partecipata MDBA), nuovi droni, convertiplani e caccia-addestratori.
Collaborazioni in campo militare
Con occhi più attenti, quello a cui punta la nuova creatura “culturale-scientifica” di Leonardo è di replicare in Italia un modello consolidato e di successo made in Israele: l’elaborazione e la condivisione di visioni strategiche e industriali-produttive da parte di attori politici, apparati militari e d’intelligence, industrie belliche, centri di ricerca scientifica e università, ovviamente in totale autonomia rispetto alle tradizionali sedi di decisione istituzionale.
“Leonardo Med-Or è nata per unire competenze e capacità dell’industria con il mondo accademico per lo sviluppo del partenariato geo-economico e socio-culturale”, si legge nello statuto della fondazione di Minniti e Profumo.
Tra le attività in cantiere, oltre alle collaborazioni con alcuni paesi chiave in campo militare-industriale-accademico (vedi già Arabia Saudita e Marocco), Med-Or punta alla promozione di “programmi e formazione nei settori della safety e della security, dell’aerospazio e della difesa”, grazie soprattutto a “partenariati con le istituzioni accademiche e di ricerca nazionali”.
Un comitato scientifico con grandi nomi
E non è certo un caso che pochi giorni dopo il vertice a Riyad con il ministro dell’Istruzione Hamad bin Mohammed Al Al-Sheikh, il 2 dicembre si è tenuta a Roma la riunione di insediamento del Comitato Scientifico della Fondazione Med-Or, presenti anche i componenti del Consiglio di amministrazione (Marco Minniti; l’ex direttore della Polizia criminale Enrico Savio; i dirigenti di Leonardo S.p.A. Alessandra Genco, Simonetta Iarlori e Filippo Maria Grasso; l’amministratore delegato della società di engineering saudita Arkad, Paolo Bigi; i docenti universitari Francesca Maria Corrao, Egidio Ivetic e Germano Dottori; lo scrittore siciliano Pietrangelo Buttafuoco; l’avvocato Alessandro Ruben, parlamentare del “Popolo della Libertà” dal 2008 al 2013).
I componenti del Comitato Scientifico della Fondazione di Leonardo sono rettori, docenti e ricercatori delle maggiori università italiane. Un vero peccato che un gruppo di fini intellettuali dalle alte qualità, si cimenti con affari che fomentano le guerre.
In ordine alfabetico compaiono i nomi di: Franco Anelli (rettore della Cattolica del Sacro Cuore di Milano); Gabriella Arrigo (direttrice affari internazionali dell’Agenzia Spaziale Italiana); Giorgio Barba Navaretti (ordinario di Economia politica all’Università di Milano); Giovanni Betta (già rettore dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale); Francesco Bonini (rettore della LUMSA di Roma); Stefano Bronzini (rettore a Bari); Raffaele Calabrò (rettore del Campus Bio-Medico di Roma); Lucio Caracciolo (direttore di Limes); Carlogiovanni Cereti (ordinario di Filologia); Francesco Cupertino (rettore del Politecnico di Bari); Melina Decaro (ordinaria di Diritto pubblico alla LUISS di Roma).
E poi ancora: Flavio Deflorian (rettore a Trento); Ersilia Francesca (associata di Storia dei Paesi islamici presso l’Orientale di Napoli); Vincenzo Loia (rettore a Salerno); Matteo Lorito (rettore della Federico II di Napoli); Alberto Lucarelli (ordinario di Diritto costituzionale alla Federico II); Paolo Mancarella (rettore a Pisa); Raffaele Marchetti (prorettore della LUISS); Alessia Melcangi (ricercatrice di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma); Karim Meznan (professore di Studi mediorientali alla John Hopkins University); Antonello Miranda (ordinario di Diritto privato); Leopoldo Nuti (ordinario di Storia delle Relazioni Internazionali a Roma Tre); Maurizio Oliviero (rettore a Perugia); Paolo Passaglia (ordinario di Diritto pubblico a Pisa); Alessandra Petrucci (rettrice a Firenze); Luca Pietromarchi (rettore a Roma Tre); Antonella Polimeni (rettrice della Sapienza); Andrea Principe (rettore della LUISS); Riccardo Redaelli (ordinario di Geopolitica alla Cattolica).
L’interminabile lista si chiude con: Ferruccio Resta (rettore del Politecnico di Milano); Flaminia Saccà (ordinaria di Sociologia dei fenomeni politici dell’Università della Tuscia); Ciro Sbailò (preside di Scienze politiche presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma); Giancarlo Scalese (ordinario di Diritto internazionale a Cassino); Roberto Tottoli (rettore dell’Orientale di Napoli); Francesco Ubertini (ordinario di Scienza delle Costruzioni ed ex rettore a Bologna); Arturo Varvelli (direttore dell’Ufficio di Roma dell’European Council on Foreign Relations); Arianna Vedaschi (ordinaria di Diritto pubblico alla Bocconi di Milano); Lorenzo Vidino (direttore del Programma sull’estremismo della George Washington University); Ida Zilio Grandi (associata di Lingua e letteratura araba all’università Ca’ Foscari di Venezia); Santo Marcello Zimbone (rettore della Mediterranea di Reggio Calabria).
Così il cuore dell’accademia italiana potrà essere ancora più armato.
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