Nel dicembre 2020 abbiamo scritto un articolo sulla città che verrà e su quella che vorremmo dopo questo virus, ponendo la domanda: “Ma finito questo momento drammatico cosa rimarrà delle nostre città? Cosa capiremo da questa grande lezione storica? Che tipo di memoria collettiva potrà nascere da queste rovine umane e culturali?”
Dopo un anno ancora di pandemia, terza ondata e quarta ondata, terze dosi dei vaccini, deliri no vax, varianti a ripetizione, super green pass e manifestazioni varie potremmo dire che il COVID sembra non lasciarci più e che quelle città che dovevano arrivare sembrano ancora molto lontane.
Inoltre la scienza, il sapere, la politica e l’etica non ci danno una mano come dovrebbero. Perché?
Virus e scienza
In questa miriade di informazioni, dati, polemiche e virologi da spettacolo difficile capirci qualcosa, difficile definire un limite tra quello che possiamo scrivere e quello che dobbiamo fare, difficile distinguere ciarlatani, politici inguardabili e agenti prezzolati dalle case farmaceutiche. Nemmeno la scienza sembra aiutarci.
John P.A. Ioannidis, scienziato della Stanford University, in un suo articolo di settembre 2021, ci mostra, con chiarezza, il rapporto tra scienza e pandemia: “La scarsa condivisione delle conoscenze scientifiche durante la pandemia ha alimentato scandali e teorie del complotto, che sono state poi trattate come fatti in nome della scienza da gran parte della stampa popolare e sui social media. La ritrattazione da The Lancet di un articolo estremamente visibile sull’idrossiclorochina è stato un esempio sbalorditivo: una mancanza di condivisione e franchezza ha permesso a un’importante rivista medica di pubblicare un articolo in cui 671 ospedali si presume abbiano fornito dati che non esistevano, e nessuno prima della pubblicazione si è accorto che era una completa contraffazione. Il New England Journal of Medicine, un’altra importante rivista medica, è riuscita a pubblicare un documento simile; molti scienziati continuano a citarlo frequentemente molto tempo dopo la sua ritrattazione. Apparentemente la pandemia ha portato da un giorno all’altro a una nuova spaventosa forma di universalismo scientifico. Tutti sono diventati scienziati esperti di COVID-19 o si sono sentiti in grado di commentare sull’argomento. Ad agosto 2021, c’erano 330.000 articoli scientifici pubblicati sul COVID-19, con circa un milione di autori diversi. Durante la pandemia, queste stesse entità in conflitto sono state elevate allo status di eroi. Ad esempio, le aziende Big Pharma hanno chiaramente prodotto farmaci utili, vaccini e altri interventi che hanno salvato vite umane, sebbene fosse anche noto che il profitto era ed è la loro principale motivazione.(…) Non c’era assolutamente nessuna cospirazione o pianificazione dietro questa evoluzione turbolenta. Semplicemente, in tempi di crisi, i potenti prosperano e i deboli diventano più svantaggiati. In mezzo alla confusione pandemica, chi era potente e in conflitto d’interessi è diventato più potente ed ha aumentato il proprio conflitto d’interessi, mentre milioni di persone svantaggiate sono morte e miliardi hanno sofferto. Temo che la scienza e le sue norme abbiano condiviso il destino degli svantaggiati. È un peccato, perché la scienza può ancora aiutare tutti. La scienza rimane la cosa migliore che possa capitare agli esseri umani, a condizione che possa essere sia tollerante che tollerata.”
Nel cercare di comprendere il rapporto tra scienza, economia e società può essere utile riprendere il concetto di campo delineato da Pierre Bourdieu nel suo ”Il Mestiere di Scienziato” dove per campo si intende un insieme che orienta le pratiche scientifiche, attraverso una serie di intrecci strutturali e una distribuzione diseguale del capitale. Oltre il virus, le divisioni e le polemiche intorno alla pandemia, bisogna chiedersi “a cosa si giochi in questo campo, quali siano le poste in gioco, quali i beni e le qualità ricercate. Il campo, è un campo di lotte, campo d’azione socialmente costruito in cui gli agenti, dotati di risorse differenti, si scontrano per conservare o trasformare i rapporti di forze vigenti”.
Virus e Infosfera
“Ma se vogliamo comprendere gli effetti sociali e soprattutto psichici dell’evento virale dobbiamo riconoscere che lo spazio in cui esso circola è l’infosfera: i media ne sono invasi in maniera ossessiva, e alla fine la stessa chiacchiera quotidiana ne è invasa: quando telefono agli amici la maggior parte del tempo è occupata a chiedersi come stai, cosa fai per proteggerti, a commentare le informazioni che ci arrivano dal telegiornale, o da internet. Può darsi che tra le persone anziane quale io sono, l’ossessione sanitaria sia più marcata, ma mi pare che in qualche misura questo dilagare del virus nel discorso e nell’immaginario sia un fenomeno abbastanza generale.
In questo senso parlo di Infovirus. Ma alla fine quello che mi interessa di più, il livello più enigmatico, più sospeso, è lo psico-virus, cioè gli effetti di lungo periodo che il contagio è destinato a sedimentare nella psicosfera, nell’inconscio collettivo e perfino nella prossemica sociale, nel modo di disporsi dei corpi nello spazio. Questo è il tema del quale mi occupo più intensamente: siamo destinati, soprattutto le generazioni giovani, sono destinate a una lunga fase traumatica cui può seguire una sorta di epidemia depressiva, una disattivazione dell’empatia fisica, del desiderio?” (Codice Rosso – Virus, politica e futuro: intervista a Bifo).
Più semplicemente Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione dell’Università di Oxford ci dice che l’infosfera è “l’ambiente, costruito dalle informazioni in cui viviamo la nostra esperienza di vita quotidiana”.
Il virus dunque diventa segno che indica, prescrive, divide, confonde, svuota energie e frena alcuni conflitti per moltiplicarne altri, si nasconde dentro ognuno di noi ed emerge in qualsiasi spazio o tempo della nostra vita quotidiana.
Tutte le informazioni, le polemiche e i titoli degli articoli intorno alla pandemia in corso hanno svuotato e spostato le energie verso le contrapposizioni vax vs no vax, pass vs no green pass e le stesse posizioni di Agamben, Cacciari e Barbero sono state oggetto di una super attenzione mediatica senza precedenti, senza poi di fatto mettere in discussione, nemmeno per un attimo, il capitalismo, il sistema dell’informazione, del consumo e dello spettacolo, la salute pubblica, l’istruzione, il lavoro e la circolazione del denaro.
In quella sfera indefinita di informazioni e di conoscenza si sta combattendo una delle battaglie più profonde e difficili che ci siano mai capitate: proprio in quella infosfera, il futuro della specie umana e della terra sta prendendo un’accelerazione senza precedenti, dove lo spazio, il tempo e l’essere insieme si stanno trasformando in maniera radicale e decisiva.
Virus come Evento
La pandemia ormai è diventata l’evento degli eventi del sistema mondiale attuale. Negli ultimi cento anni, nel mondo occidentale, soltanto le due guerre mondiali sembrano avere avuto un impatto così devastante in termini economici, sociali, culturali e antropologici. In effetti la pandemia in corso può essere considerata un evento la cui forza e impatto ha cambiato radicalmente la nostra vita quotidiana.
La lettura di “Che cos’è l’Illuminismo?” di Michel Foucault ci può essere utile per capire che cosa è davvero un evento. Per il filosofo francese, che riprende e analizza un breve saggio di Kant del 1784, l’Illuminismo non doveva essere concepito semplicemente come un processo generale che riguardava tutta l’umanità e tanto meno un obbligo prescritto agli individui per migliorare il mondo e se stessi. Esso invece appare come un problema politico.
Applicando le sue analisi sull’Illuminismo e sul sapere, anche la pandemia in corso può essere considerata “un evento o un insieme di eventi e di processi storici complessi situati in un certo momento dello sviluppo delle società. Questo insieme comporta degli elementi di trasformazioni sociali, dei tipi di istituzioni politiche, delle forme di sapere, dei progetti di razionalizzazione delle conoscenze e delle pratiche che è molto difficile riassumere in una parola.”
Bisogna andare oltre le divisioni imposte, vax vs novax, società della sorveglianza e del complotto; bisogna analizzare la specificità e l’intreccio della storia: l’asse del sapere, del potere e dell’etica che attraversa quello che siamo, i nostri limiti e le nostre possibilità al momento attuale: “la critica di quello che siamo è, al tempo stesso, analisi storica dei limiti che ci vengono posti e prova del loro superamento possibile.” Ma la nostra risposta sociale, politica e culturale al virus, fino a questo momento, non ha messo in discussione i limiti e le contraddizioni strutturali e umane del capitalismo al fine di cercare di progettare il superamento di questo sistema.
Virus e Futuro
Ancora Bifo in un articolo recente su Not ci ricorda: “Ma quel che mi interessa non è la persistenza del virus, bensì una specie di Covid lungo della mente sociale. Si definisce Long Covid la prolungata persistenza di sintomi di vario genere dopo il contagio e la guarigione. Un’amica che ne ha sofferto mi ha detto che il sintomo principale era per lei una spossatezza costante, una perdita di energia e anche una certa confusione mentale. In effetti spossatezza e confusione mentale sembrano dominare la scena contemporanea. Il caos (economico, geopolitico e psichico) che il virus ha prodotto sembra perdurare, anzi accentuarsi, al di là degli effetti positivi della vaccinazione di massa. Le proteste di piazza, la resistenza ai vaccini, la ribellione al Green Pass, a prescindere dalla fondatezza delle loro ragioni, alimentano una sensazione di panico. Il virus ha agito come catalizzatore di fantasmi contrapposti: fantasmi paranoici di complotto e fantasmi ipocondriaci di paura che invadono e paralizzano la soggettività.” Nello stesso articolo il finale non è davvero rassicurante: “L’estinzione non è la sola prospettiva che ci resta, ma è la meno terrificante.”
Certamente la pandemia non ha fatto altro che moltiplicare le differenze economiche, sociali, culturali ed esistenziali della popolazione mondiale: non c’è posto in questo pianeta per i più deboli, per le fasce più povere, per chi conosce solo fame, guerre e miseria, per coloro che non vedranno mai un vaccino o una cura domiciliare sicura. Il disagio e la fatica di vivere ha raggiunto anche le fasce più giovani dell’Occidente, con una percentuale devastante di abbandono scolastico e con un uso di psicofarmaci sempre maggiore, la scuola e lo sport giovanile hanno perso ulteriormente capacità formativa, aggregativa e relazionale, come del resto quel lavoro sempre meno garante dei diritti civili e umani di una vita vissuta serenamente. Non mancano anche, in questa situazione indefinita, abbandoni, soprattutto in America, di lavori usuranti e pervasivi che permettono a malapena alle persone di sopravvivere.
Ma il virus ci deve spingere oltre a queste considerazioni: bisogna chiedersi, una volta per tutte o cominciare almeno a farlo in tutti i luoghi possibili, che cos’è la salute, la sofferenza, la povertà, il lavoro, che cosa è necessario produrre, quali sono i luoghi e i tempi essenziali della vita e cosa significa veramente essere, vivere, pensare e sognare oltre il paradigma del lavoro, oltre il modello capitalista attuale, oltre l’Occidente e tutte le sue misure, oltre le durissime società dell’Est, oltre l’Africa abbandonata a se stessa, oltre la società patriarcale e oltre la società digitale, oltre l’estinzione della specie umana e della Terra, verso quel sogno imprescindibile che è la vita a venire.
Bibliografia
John P.A. Ioannidis – Come la pandemia sta cambiando le norme della scienza
Pierre Bourdieu – Il mestiere di scienziato
Bifo – Virus, politica e futuro: intervista a Bifo
Michel Foucault – Che cos’è l’Illuminismo?
Bifo – Rassegnatevi
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento