Entro Natale, Draghi porterà a termine le 51 riforme previste dal PNRR che consentiranno all’Italia di ricevere la seconda rata di 20 miliardi di euro.
L’atlantista ed europeista ha compiuto la missione.
A questo punto Draghi può anche ascendere al Colle, trionfando alla prima votazione. Ormai la politica economica e sociale italiana è incardinata su montanti prestabiliti, nessun governo può modificare la corsa delle ante, che sono spalancate per i capitali, è chiuse a chiave per la redistribuzione della ricchezza, l’unica prospettiva che avrebbe avuto la possibilità di modificare i livelli di disuguaglianza nazionali, tra i più alti in Europa.
Tanto più se a controllare che nessun governo forzi quella porta ci va proprio lui, cioè quello che l’ha disegnata, costruita, messa in opera.
Il disegno restauratore della borghesia italiana ha trovato nella pandemia una locomotiva che ha accelerato nei fatti il viaggio della controriforme costituzionali, cosicché non è più compito dello Stato “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” (Art.3).
Compito della Repubblica è diventato, invece, rimuovere gli ostacoli alla ripresa, cioè i diritti della moltitudine degli individui che devono accettare tutto pur di racimolare un reddito che consenta loro una sopravvivenza dignitosa.
Il nuovo Capo dello Stato sarà il presidente di una repubblica liberista, lo attendono nuovi e più entusiasmanti traguardi sulla via dell’accumulazione, della deregulation, della rottura del patto sociale che teneva in equilibrio i rapporti di forza tra capitale e lavoro.
La coalizione di governo che oggi ha fatto da figurazione speciale, potrà pure tentare di interpretare ruoli da protagonista, ma il copione è stato già scritto, il regista già stato scelto. Sarà tragedia o farsa?
Senza più freni inibitori, l’arroganza dei poteri, la rivincita su i più deboli, il bla bla bla demagogico, la criminalizzazione della protesta sociale potranno essere assunti a pieno titolo dal prossimo governo. All’Europa non importa del tasso di democrazia del nostro paese, interessa la solvibilità dei prestiti e la profittabilità degli investimenti a fondo perduto.
Su questo piano, Draghi è un CEO credibile, capace e affidabile. E farà quello che serve, “wherever it takes”.
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