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19/12/2021

Terza dose a Cuba, i volontari italiani: “Il nostro booster si chiama Sovranità”. Via ai test: “Vaccini proteici possono convincere i No Vax”

A ventotto giorni dalla somministrazione, all’ospedale Amedeo di Savoia di Torino è stato prelevato il sangue ai trenta volontari italiani che hanno fatto la terza dose a Cuba, dove in poco più di due mesi la campagna vaccinale è riuscita quasi ad azzerare i morti nonostante la feroce ondata di Covid di agosto.

Merito anche dei vaccini sviluppati dal locale Istituto vaccinale Finlay, i Soberana. Nel nome, che tradotto letteralmente vuol dire “sovrano”, c’è l’orgoglio del socialismo cubano, ma anche quello di un paese povero e sotto embargo che oggi vede ripagati gli investimenti nella sua Biotecnologia pubblica. “Siamo stati trattati come eroi nazionali“, racconta uno dei volontari tornati da Cuba, mentre si fa prelevare il sangue che servirà a studiare la risposta immunologica rispetto alle più recenti varianti, ma anche l’efficacia come booster per persone che nelle prime due dosi hanno assunto vaccini a mRNA. A differenza dei vaccini a materiale genetico come Pfizer e Moderna, il Soberana 2 e il booster Soberana Plus sono proteici.

“Si tratta di vaccini convenzionali, simili ai vaccini che abbiamo fatto e che facciamo correntemente, e che potrebbero convincere una parte di coloro che oggi sono restii a vaccinarsi con quelli a materiale genetico, come Pfizer o Moderna”, ragiona Giovanni Di Perri, direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Amedeo di Savoia che collabora con l’Istituto Finley per questo studio osservazionale. “Sono vaccini interessanti anche perché pensati per la pediatria, con il vantaggio di avere già a disposizione i dati di milioni di bambini che a Cuba sono stati vaccinati già dai due anni in su”, spiega il ricercatore del nostro CNR Fabrizio Chiodo, che ha collaborato con il Finlay allo sviluppo dei Soberana e ha affiancato l’equipe di Di Perri nella giornata dei prelievi ai volontari. “Sono un medico vaccinatore e continuerò con convinzione a somministrare i vaccini statunitensi”, spiega uno di loro, Massimiliano Voza. “Ma avere altre opzioni è importante, perché dobbiamo poterci vaccinare tutti, e in tutto il mondo”.

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